— Signora — intervenne nuovamente Berman — sta forse dicendo che non potrà esserci alcun processo?
— Agente speciale Masters — il Ministro della Giustizia parve non udirlo — secondo lei Riggs sta giocando pulito?
Masters corrugò la fronte. — Riggs è stato un fuoriclasse del lavoro d’infiltrazione. Per uomini di quel genere, la verità finisce chiusa in un armadio e la menzogna diventa un abito quotidiano. E le vecchie abitudini sono dure da perdere.
— In altre parole, non possiamo completamente fidarci di lui.
Masters respirò a fondo. — Non più di quanto lui può fidarsi di noi.
Per la sala ci fu un fugace intrecciarsi di sguardi. In circostanze normali, nessuno di loro avrebbe mai pensato ciò che tutti stavano adesso pensando. Avevano giurato di difendere la legge, di credere nel sistema giudiziario, di lottare per la verità. Ma le circostanze non erano normali. Dovevano affrontare qualcosa di molto più pericoloso di un semplice criminale. Questa volta la verità era molto più devastante della menzogna.
— Bene — riprese il Direttore — c’è comunque una forte possibilità che lo psicopatico descritto da Riggs non si faccia prendere vivo. Non è vero? — domandò infine facendo scorrere lo sguardo sugli altri.
Tutti annuirono, e Masters aggiunse: — E se questo individuo è davvero così pericoloso come dice lui, prima si spara, poi si fanno le domande. Così forse, il problema sarà risolto.
— E il problema Riggs-Tyler? — intervenne il Ministro.
Fu Berman a rispondere. — Quando comincia a volare piombo, non si può mai dire chi finisce nel tiro incrociato. Nessuno di noi vuole che qualcuno che non c’entra ci vada di mezzo…
— Naturalmente no, agente Berman — concordò il Ministro.
— Ma talvolta, qualche innocente ci lascia le penne, come per esempio la moglie di Riggs — concluse Berman.
— Ma se è a LuAnn Tyler che si sta riferendo, agente Berman — disse freddamente il Direttore — quella donna è tutto fuorché innocente.
— Concordo con lei, signore — disse Masters. — E se Riggs ha scelto quel lato della barricata, ebbene, che si assuma tutte le responsabilità delle conseguenze. Fino in fondo.
Il Direttore dell’Fbi annuì in modo lapidario. — Fino in fondo.
Per strada, Riggs controllò il suo orologio. La cassa conteneva un sistema di registrazione miniaturizzato, e nel cinturino metallico era inserito un microfono invisibile. Si trattava di uno dei congegni che Riggs si era procurato il giorno prima, proprio in previsione del suo incontro nel palazzone dell’Fbi. Lo aveva acquistato in un noto negozio specializzato, a soli quattro isolati dal quartier generale del Bureau. In operazioni del genere non c’era da fidarsi di nessuno.
Riggs sapeva perfettamente che il governo non avrebbe mai permesso che la verità venisse fuori. Catturare Jackson vivo era addirittura peggio che non catturarlo affatto. E chiunque conoscesse la verità si trovava in pericolo, minacciato non soltanto da Jackson.
Il che teneva aperto il problema primario. Forse l’Fbi non avrebbe assassinato un innocente in piena premeditazione. Ma al tempo stesso l’Fbi non considerava LuAnn Tyler un’innocente. E visto che lui era dalla sua parte, nemmeno lui lo era. A un certo punto, il confronto diretto con Jackson sarebbe arrivato alla resa dei conti, e se i ragazzi del Bureau avessero fatto parte del festino, non si sarebbero posti troppi problemi a proposito dei proiettili vaganti. Sarebbe stato un autentico bagno di sangue. Jackson ne avrebbe trascinati con sé all’inferno quanti più possibile. Per gente come lui, come i tanti con i quali Riggs si era scontrato negli anni, una vita umana non era altro che un fattore da gestire ed eventualmente ridurre a zero a seconda delle circostanze. I termini della partita erano chiari: il Bureau avrebbe fatto piazza pulita di tutti piuttosto che perdere anche uno solo dei suoi uomini per garantire un processo a Jackson. In conclusione, il compito di LuAnn Tyler e suo sarebbe stato quello di stanarlo, dopodiché sarebbero intervenuti i Federali a condurre le danze. Se questo significava riempire di piombo Jackson, Riggs sarebbe stato solo felice di dar loro una mano. Però doveva tenere LuAnn il più lontano possibile affinché non venisse coinvolta nello scontro a fuoco. Gli era già capitato una volta, e non aveva la minima intenzione che la storia si ripetesse.
Riggs continuò a camminare con calma lungo il marciapiede. Nemmeno si prese la briga di guardarsi alle spalle: era certo che gli stessero dietro. Masters non lo avrebbe mai mollato sulla pista senza cani da guardia. D’altronde, a parti invertite, anche lui avrebbe fatto lo stesso.
Ora doveva solo seminarli, prima di raggiungere LuAnn. Sorrise a questo pensiero. Proprio come ai vecchi tempi.
Mentre Riggs stava trattando con l’Fbi, LuAnn aveva raggiunto una cabina telefonica. Aveva composto un certo numero, ma il telefono aveva continuato a suonare a vuoto. Quando stava per riappendere, rispose una voce che quasi stentò a riconoscere, a causa dei disturbi sulla linea.
— C… Charlie?… Dove ti trovi?
— In macchina. Ti sento malissimo. Aspetta… Ecco, ho superato una linea elettrica. Mi senti, ora?
— Meglio — rispose LuAnn.
— C’è qui qualcuno che vuole salutarti…
— Mamma?
— Ciao, tesoro.
— Come stai, mamma?
— Bene, cara. Va tutto bene.
— Lo zio Charlie mi ha detto che hai rivisto il signor Riggs.
— Sì, tesoro. Mi sta dando una mano con certe cose.
— Sono contenta che tu non sia da sola. Mi manchi tanto.
— Anche tu mi manchi tanto.
— Quando torniamo a casa?
LuAnn esitò, il suo sguardo vagò fuori della cabina. Casa? Dov’era casa, adesso? — Presto, tesoro. Vedrai.
— Ti voglio bene, mamma.
— Anch’io, amore.
— Ti ripasso lo zio Charlie.
— Lisa, aspetta!
— Dimmi, mamma.
— Manterrò la mia promessa. Ti racconterò tutto. La verità. Va bene?
La voce di Lisa era fioca, forse intimorita. — Va bene, mamma.
Quando Charlie riprese il telefono, LuAnn gli disse tutto, fino ai più recenti sviluppi. E l’attimo in cui ebbe finito, capì che avrebbe fatto molto meglio a tacere.
— Mi fermo a una stazione di servizio. — La voce di Charlie era metallica. — Ci sentiamo tra cinque minuti.
Quando LuAnn lo richiamò, Charlie pareva imbestialito.
— Dimmi un po’, sei pazza?
LuAnn si sentì avvampare. — Dov’è Lisa?
— Nel gabinetto.
— L’hai lasciata sola?!…
— Sto facendo la guardia alla porta. Questo posto è zeppo di brave famigliole. E tu non hai ancora risposto alla mia domanda.
— Non sono pazza, Charlie!
— Davvero? Hai permesso a un ex agente dell’Fbi di presentarsi all’Hoover Building a mercanteggiare sulla tua pelle! Quell’uomo potrebbe fregarti!
— Io mi fido di lui!
— Ma se lo conosci appena! — Il volto di Charlie stava avvampando per la collera. — LuAnn, hai fatto uno sbaglio gigantesco.
— Non è affatto vero! Riggs gioca pulito. Ne sono convinta. Ho saputo molte cose su di lui negli ultimi giorni.
— Quali? Che è un asso del lavoro d’infiltrazione, che è bravo a mentire?
LuAnn indugiò un attimo, mentre un accenno di dubbio adombrava la sua fiducia in Matthew Riggs.
— LuAnn?…
— Se mi ha fregato, non ci vorrà molto per scoprirlo, giusto? — disse stringendo nervosamente il ricevitore.
— Molla tutto, LuAnn! — Ora Charlie stava quasi implorandola. — Hai detto che sei in macchina, no? Vattene da lì.
— Charlie, Riggs mi ha salvato la pelle più di una volta. E per farlo è arrivato vicino a rimetterci la sua.
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