Dean Koontz - Lampi
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- Название:Lampi
- Автор:
- Издательство:Sperling & Kupfer
- Жанр:
- Год:1990
- Город:Milano
- ISBN:88-200-1025-9
- Рейтинг книги:4 / 5. Голосов: 1
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Chris invece l’accompagnò. Non si sarebbe separata da lui neppure per il tempo necessario a trattare l’acquisto delle armi. Il bambino era andato con lei la prima volta che aveva contattato Jack il Ciccione, un anno prima, quando aveva acquistato l’Uzi modificato, perciò l’uomo non sarebbe rimasto sorpreso nel vederlo. Dispiaciuto, sì, visto che non amava affatto i bambini, ma non sorpreso.
Mentre guidava, Laura guardò spesso nello specchietto retrovisore e in quelli laterali e si tenne a una certa distanza dagli altri automobilisti. Non poteva certo permettersi di essere coinvolta in un incidente a causa di uno stupido che guidava con imprudenza. La polizia sarebbe sicuramente intervenuta sul luogo dell’incidente, per i soliti controlli della patente e, prima che potesse essere arrestata, gli uomini armati di fucili mitragliatori si sarebbero materializzati e avrebbero ucciso lei e Chris.
Aveva lasciato l’Uzi a Stefan, anche se lui aveva protestato. Voleva che avesse un mezzo di difesa. Laura aveva con sé 11 revolver e cinquanta proiettili di scorta distribuiti nelle tasche della giacca a vento.
Presso Disneyland, quando le fantasmagoriche luci al neon di Jack il Ciccione spuntarono nella nebbia, come l’astronave di Incontri ravvicinati del terzo tipo , che scendeva avvolta dai suoi stessi vapori, Laura si sentì sollevata. Entrò nell’affollato parcheggio e spense il motore. I tergicristalli si arrestarono e la pioggia prese a scendere sul vetro come un velo increspato. Le luci arancione, rosse, blu, gialle, verdi e bianche delle insegne al neon scintillarono su quella pellicola d’acqua e Laura ebbe la strana sensazione di trovarsi all’interno di uno di quei vecchi, sgargianti juke box degli anni Cinquanta.
Chris disse: «Jack il Ciccione ha messo altre insegne da quando siamo venuti l’ultima volta».
«Credo che tu abbia ragione», ammise Laura.
Uscirono dalla macchina e rimasero a osservare la facciata della pizzeria di Jack il Ciccione. Le insegne al neon non erano riservate semplicemente al nome del locale. Erano usate anche per descrivere i contorni dell’edificio, del tetto, di ogni finestra e porta. Inoltre, su un’estremità del tetto era stato collocato un paio di occhiali da sole giganti e dall’altra parte un enorme missile posizionato per il decollo, da cui fuoriuscivano sfavillanti vapori al neon. La pizza, di tre metri di diametro, era una vecchia insegna, mentre la faccia sorridente del clown era nuova.
Ogni goccia di pioggia si illuminava di mille colori, come se avesse fatto parte di un arcobaleno che si era frantumato in mille pezzi con il calare della sera. Ogni pozzanghera scintillava con i frammenti dell’arcobaleno.
L’effetto era disorientante, ma preparava il visitatore a ciò che avrebbe trovato all’interno della pizzeria: i camerieri e le cameriere erano vestiti da clown, fantasmi, pirati, astronauti, streghe, zingari e vampiri e un trio vestito con costumi da orso si muoveva di tavolo in tavolo cantando e divertendo i bambini. Nelle altre stanze, i ragazzi più grandi erano alle prese con i videogame e il rumore faceva da sottofondo al canto degli orsi e alle grida dei bambini.
«Che manicomio!» disse Chris.
All’entrata furono accolti da Dominick, il socio minore di Jack il Ciccione. Dominick era alto, cadaverico, con occhi tristi e sembrava fuori posto in mezzo a tutto quel caos.
Alzando la voce per farsi sentire, Laura chiese di Jack il Ciccione e disse: «Ho chiamato prima. Sono una vecchia amica di sua madre». Era la parola d’ordine per indicare che si volevano armi e non pizza.
Dominick aveva imparato a scandire le parole in modo chiaro in mezzo a quella cacofonia senza urlare. «Mi sembra di avervi già visto.»
«Ottima memoria», ammise Laura. «Un anno fa.»
«Seguitemi, per favore», l’invitò Dominick in tono funereo.
Non dovettero attraversare la grande sala e questo fu positivo perché significava che Laura aveva meno possibilità di essere vista e riconosciuta da uno dei clienti. Nell’atrio, un ingresso secondario si apriva su un corridoio che passava accanto alla cucina e al magazzino e portava nell’ufficio privato di Jack il Ciccione. Dominick bussò alla porta, li fece entrare e annunciò a Jack: «Vecchi amici di tua madre». Poi lasciò Laura e Chris con il grosso uomo.
Jack il Ciccione aveva preso seriamente quel soprannome e si sforzava di esserne degno. Alto un metro e cinquantacinque, pesava circa un quintale e mezzo. Indossava una tuta immensa, che gli stava aderente quasi quanto un guanto.
Sedeva in una poltrona girevole, dietro una scrivania adatta alla sua mole e non si alzò. «Sentitele quelle bestioline.» E dicendo ciò si rivolse a Laura, ignorando Chris. «Ho sistemato il mio ufficio sul retro dell’edificio, e nonostante l’abbia fatto insonorizzare con materiali speciali, riesco ancora a udirli là fuori, che strillano e squittiscono. È come se fossi nell’anticamera dell’inferno.»
«Sono solo bambini che si stanno divertendo», disse Laura.
«E la signorina O’Leary era solo una vecchietta con una mucca maldestra, ma riuscì a bruciare completamente Chicago», replicò Jack il Ciccione in tono amareggiato. Stava mangiando una tavoletta di Mars. Da lontano, le voci dei bambini, isolate dai pannelli, si alzarono in un sordo boato e, come se stesse parlando a una moltitudine invisibile, il grasso uomo esclamò: «Ah, vi poteste strozzare, piccoli guastafeste».
«È un manicomio là fuori», disse Chris.
«Chi ti ha interpellato?»
«Nessuno, signore.»
Jack aveva un colorito rubizzo, con occhi grigi praticamente infossati nel volto rigonfio. Fissò lo sguardo su Laura e chiese: «Ha visto la mia nuova insegna?»
«Il clown è nuovo, non è vero?»
«Sì. Non è una bellezza? L’ho disegnato io, l’ho fatto fare e poi l’ho issato sul tetto nel cuore della notte, perciò la mattina dopo era troppo tardi perché qualcuno potesse emettere un ordine per fermarmi. Quei maledetti del consiglio comunale sono quasi schiattati, tutti insieme, in una volta sola.»
Jack il Ciccione era stato coinvolto in una battaglia legale durata dieci anni con il consiglio legale di zona di Anaheim e il consiglio municipale. Le autorità non approvavano le sue gigantesche insegne luminose, soprattutto ora che la zona attorno a Disneyland era stata inserita in un programma di rinnovamento urbano. Jack aveva speso decine se non centinaia di migliaia di dollari per difendere la propria causa nei tribunali, aveva pagato multe, era stato citato in giudizio e, a sua volta, aveva citato in giudizio, era stato persino in prigione per oltraggio alla corte. Fautore della dottrina del libero arbitrio, ora si proclamava anarchico e non avrebbe tollerato che i suoi diritti, reali e immaginari, di libero pensatore venissero usurpati.
Trattava armi illegali per la stessa ragione per la quale aveva innalzato le insegne al neon che violavano i regolamenti della città: come dichiarazione di forza contro l’autorità, a difesa dei diritti individuali. Avrebbe potuto parlare per ore dell’immoralità dei governi, di qualsiasi tipo di governo, a qualsiasi livello e, in occasione dell’ultima visita, Laura aveva ascoltato una lunghissima spiegazione del perché il governo non avesse neppure il diritto di far passare le leggi che proibivano l’omicidio.
Laura aveva poca simpatia per i grandi governi, sia di sinistra sia di destra, ma nutriva altrettanta poca simpatia per Jack il Ciccione. Non riconosceva la legittimità di alcun tipo di autorità, né quella delle istituzioni, né tanto meno quella della famiglia.
Laura gli diede la nuova lista degli acquisti, Jack controllò, contò il denaro, dopodiché condusse lei e Chris attraverso la porta nascosta dietro l’armadio dell’ufficio, giù per una stretta scala, che portava nello scantinato dove teneva l’arsenale illegale. Anche se il ristorante era una gabbia di matti, il magazzino di armi era tenuto con una cura feticistica: scatole su scatole di pistole e armi automatiche erano ammassate su scaffali di metallo e sistemate a seconda del calibro e del prezzo; nel seminterrato della pizzeria nascondeva all’incirca un migliaio di armi.
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