Quasi fosse stato colto da un ripensamento, sollevò il coperchio della scatola, da un cassetto della scrivania estrasse dei tagliandi verdi di carta e li depose in cima alle bombolette di Vexxon.
«Che cosa sono?» chiese Laura.
«Lei è una buona cliente», disse Jack il Ciccione. «Le ho dato dei tagliandi omaggio per la pizza.»
La casa di Thelma e Jason a Palm Springs era veramente isolata. Architettonicamente parlando, la villa era un curioso e interessante incrocio tra lo stile spagnolo e quello del sudovest; un muro di cinta color pesca alto circa due metri la circondava quasi interamente, a parte l’entrata e l’uscita del vialetto circolare di accesso. Una fitta vegetazione di ulivi, palme e fichi la nascondeva su tre lati agli occhi dei vicini. Solo la facciata era visibile.
Arrivarono verso le otto, dopo aver lasciato il locale di Jack ad Anaheim ed essersi inoltrati nel deserto. Nonostante l’ora, la casa e il terreno circostante erano ben visibili perché illuminati da lampade controllate da cellule fotoelettriche. L’estetica era salva e la sicurezza anche. Le palme e le felci disegnavano strane ombre sui muri di stucco.
Thelma aveva dato loro il telecomando per aprire il box in cui sistemarono la Buick e attraverso la porta di collegamento con la lavanderia entrarono in casa, dopo aver disattivato il sistema di allarme secondo le istruzioni di Thelma.
Era più piccola della villa dei Gaines a Beverly Hills, ma sempre grande, con dieci stanze e quattro bagni. Steve Chase, l’architetto che aveva curato l’arredamento di Palm Springs, aveva lasciato la sua impronta in ogni stanza: spazi enormi dominati dalle luci; colori morbidi giallo-arancio dai toni caldi, giallorosso smorzato; macchie di turchese qua e là; pareti tappezzate in stoffa, soffitti di legno di cedro; tavoli di rame e di granito, contrasto interessante con i pratici mobili rivestiti di tessuti diversi; un ambiente sofisticato e tuttavia confortevole.
In cucina Laura trovò la dispensa praticamente vuota, a eccezione di un ripiano pieno di scatolette. Troppo stanchi per uscire a comprare del cibo, cucinarono quello che avevano trovato. Anche se Laura fosse entrata in quella casa senza chiavi e non avesse saputo a chi apparteneva, avrebbe subito capito che i proprietari erano Thelma e Jason dando una semplice occhiata alla dispensa. Non riusciva a immaginarsi nessun’altra coppia di milionari così infantile da tenere nella dispensa una scorta di ravioli e spaghetti in scatola di Chef Boyardee. Chris era al settimo cielo. Per dessert finirono due scatole di praline di gelato ricoperte di cioccolato che avevano trovato nel freezer, per il resto vuoto.
Laura e Chris divisero il grande letto matrimoniale, mentre Stefan si sistemò in una delle camere degli ospiti. Anche se aveva riattivato il sistema di allarme perimetrale che controllava ogni porta e finestra, per quanto avesse un Uzi carico sul pavimento accanto al letto e la pistola sul comodino, nonostante nessuno al mondo all’infuori di Thelma potesse sapere dove si trovavano, il sonno di Laura fu irregolare. Ogni volta che si svegliava, scattava a sedere sul letto, l’orecchio teso a cogliere i rumori nella notte: passi furtivi, sussurri.
Verso mattina, quando non riuscì più a riprendere sonno, rimase a fissare il soffitto per molto tempo, pensando a ciò che Stefan le aveva detto un paio di giorni prima, quando le aveva spiegato alcuni punti fondamentali del viaggio nel tempo e dei cambiamenti che i viaggiatori potevano apportare al loro futuro: il destino lotta per riaffermare il modello predestinato. Quando Stefan l’aveva salvata dal tossicomane che era entrato nel negozio del padre, nel 1963, il destino, qualche anno più tardi aveva riportato sulla sua strada un altro maniaco, Willy Sheener. Era scritto che fosse un’orfana, perciò, quando nei Dockweiler ritrovò una famiglia, il destino intervenne a stroncare Nina Dockweiler con un fatale infarto, restituendola ancora una volta alla condizione di orfana.
Il destino lotta per riaffermare il modello predestinato.
Che cosa sarebbe successo ancora?
Nel destino che le era stato predestinato, Chris non era mai nato. Il destino avrebbe dunque predisposto ben presto la sua morte, ristabilendo quegli eventi così com’erano stati predestinati prima che Krieger ne mutasse il corso? Era stata destinata a trascorrere la vita in una carrozzella, prima che Stefan impedisse al dottor Markwell di assistere alla sua nascita. Forse, il destino ora l’avrebbe messa di fronte al fuoco degli uomini della Gestapo che le avrebbe leso la spina dorsale, rendendola paraplegica secondo il piano originale.
Per quanto tempo le forze del destino avrebbero lottato per riaffermare il modello originario, dopo che era stato apportato un cambiamento? Chris viveva da più di otto anni. Era sufficiente perché il destino ritenesse la sua esistenza accettabile? Lei aveva vissuto per trentaquattro anni senza una sedia a rotelle. Il destino si stava ancora affannando per riaffermare ciò che era stato scritto?
Il destino lotta per riaffermare il modello predestinato.
Le prime luci dell’alba illuminarono debolmente i bordi delle tende. Laura si rigirò nel letto, mentre una collera crescente si stava impadronendo di lei. Ma non sapeva bene contro chi o che cosa fosse rivolta. Che cosa era il destino? Qual era il potere che determinava le trame del destino e cercava di farle rispettare? Dio? Doveva essere in collera con Dio, o forse doveva supplicarlo di lasciar vivere suo figlio e risparmiare a lei una vita da paralitica? Oppure il potere che stava dietro il destino era semplicemente un meccanismo naturale, una forza simile alla gravita o al magnetismo?
Poiché non c’era una causa logica su cui scaricare le proprie emozioni, Laura sentì che la collera andava lentamente trasformandosi in paura. Sembravano essere al sicuro nella casa dei Gaines a Palm Springs. La notte era trascorsa tranquillamente e ciò significava che la loro presenza in quel luogo non era stata scoperta, perché altrimenti i killer provenienti dal passato senza dubbio si sarebbero già presentati. Nonostante ciò, Laura era spaventata.
Qualcosa di tremendo stava per accadere. Qualcosa di terribile.
Il pericolo si stava avvicinando, ma non avrebbe saputo dire da quale direzione.
I lampi. Presto ci sarebbero stati.
Purtroppo il vecchio proverbio non rispondeva alla realtà: i lampi avevano colpito due volte nello stesso luogo, tre volte, cento volte ed era lei ad attirarli.
Il dottor Juttner introdusse l’ultimo dato nel quadro di programmazione che controllava il tunnel. Rivolgendosi a Erich Klietmann, gli disse: «Lei e i suoi uomini giungerete nelle vicinanze di Palm Springs, in California, nel mese di gennaio dell’anno 1989».
«Palm Springs?» ripetè Klietmann sorpreso.
«Sì. All’inizio avevamo pensato a una località nei dintorni di Los Angeles e nella contea di Orange, dove il vostro abbigliamento sarebbe stato più adatto piuttosto che in una città turistica, ma passerete comunque inosservati. Del resto, là sarà inverno e anche in pieno deserto degli abiti scuri non sembreranno fuori luogo.» Juttner porse a Klietmann un foglio su cui erano scritte le direzioni. «Qui è il punto dove troverete la donna e il bambino.»
Klietmann ripiegò il foglio, lo infilò in una tasca interna del cappotto e chiese: «E Krieger?»
«I ricercatori non hanno trovato traccia di lui», rispose Juttner, «ma deve essere con la donna e suo figlio. Se non lo trovate, catturate la donna e il bambino. Se dovrete torturarli per avere informazioni su Krieger, fatelo. Se non vi rivelano dove si trova Krieger, uccideteli. Questo potrebbe farlo uscire allo scoperto in qualche punto lungo la linea del tempo.»
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