Dean Koontz - Lampi

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Lampi: краткое содержание, описание и аннотация

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In una tempestosa notte di gennaio Laura Shane viene miracolosamente alla luce grazie all’intervento di uno sconosciuto che annuncia il proprio arrivo con un lampo. Il destino però ha in serbo per lei ben più terrificanti pericoli che supererà con l’aiuto del misterioso personaggio. Ma chi è l’enigmatico protettore? Nel giorno del suo tredicesimo compleanno per Laura è pronta un’agghiacciante rivelazione…

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Il lunedì fecero attenzione a non farsi vedere mentre il giardiniere falciava il prato e potava alcuni arbusti. In quattro giorni era l’unica persona che avevano visto; nessun venditore si era presentato alla loro porta, neppure un testimone di Geova.

«Qui siamo al sicuro», disse Stefan, «ovviamente la nostra presenza in questa casa non è mai diventata di dominio pubblico. Se lo fosse stato, la Gestapo sarebbe già arrivata.»

Nonostante questo, Laura continuò a lasciare in funzione il sistema d’allarme praticamente ventiquattr’ore su ventiquattro. La notte sognava che il destino riaffermava i propri piani e Chris veniva cancellato dall’esistenza; sognava di svegliarsi e di ritrovarsi su una sedia a rotelle.

9

Secondo il programma sarebbero dovuti arrivare alle otto del mattino, potendo così disporre di tutto il tempo necessario per raggiungere la località in cui i ricercatori avevano individuato la donna e il bambino se non Krieger. Ma quando il tenente Klietmann sbattè gli occhi e si ritrovò proiettato a quarantacinque anni dalla sua era, seppe subito che erano in ritardo di almeno due ore. All’orizzonte il sole era già troppo alto. La temperatura era di almeno venti gradi, troppo caldo perché fossero le prime ore di un mattino invernale nel deserto.

Come una fenditura bianca in un’ampolla di vetro blu, un lampo squarciò il cielo. Altri squarci si aprirono sprigionando scintille ovunque.

Mentre il rombo dei tuoni andava affievolendosi, Klietmann si voltò per vedere se von Manstein, Hubatsch e Bracher erano arrivati sani e salvi. Erano con lui, con le loro valigette e gli occhiali da sole nei taschini dei costosi abiti.

C’era un problema. A una decina di metri dal sergente e dai due caporali, due anziane signore, nei loro abiti dai tenui colori, erano ferme accanto a una macchina bianca, vicino alla porta secondaria di una chiesa e con sguardo esterrefatto fissavano Klietmann e il suo gruppo. Fra le mani tenevano qualcosa, forse dei tegami.

Klietmann si guardò attorno e vide che erano arrivati nel parcheggio che si trovava dietro la chiesa. C’erano altre due macchine oltre a quella che sembrava appartenere alle due donne, ma non c’erano altri testimoni. Il parcheggio era circondato da un muro, perciò per uscire dovevano superare le donne costeggiando la chiesa.

Klietmann decise di assumere un atteggiamento spavaldo e si incamminò verso le donne, come se non ci fosse assolutamente nulla di insolito nel fatto che si era materializzato nell’aria. Gli altri lo seguirono. Come ipnotizzate, le poverette rimasero a osservarli mentre si avvicinavano.

«Buongiorno, signore.» Come Krieger, Klietmann aveva imparato a parlare inglese con accento americano, nella speranza di diventare un agente segreto, ma non era mai riuscito a perdere completamente l’accento tedesco, nonostante lo studio e la pratica. L’orologio era stato regolato sull’ora locale, ma sapeva che non poteva più fidarsi, perciò chiese: «Potreste gentilmente dirmi l’ora?»

Le due donne lo fissarono.

«L’ora?» ripetè una di esse.

La donna con il vestito giallo canarino, senza lasciare il tegame, guardò l’orologio da polso: «Oh, sono le undici meno venti».

Avevano un ritardo di due ore e quaranta minuti. Non potevano perdere tempo per cercare una macchina, soprattutto ora che ce n’era una a disposizione davanti a loro e per giunta con le chiavi. Klietmann non avrebbe esitato a uccidere le due donne per impadronirsi dell’auto. Non avrebbe però potuto abbandonare i corpi in quel parcheggio, poiché appena fossero stati ritrovati sarebbe scattato l’allarme e subito dopo la polizia avrebbe ricercato l’auto: una seccante complicazione. Avrebbe dovuto infilare i corpi nel bagagliaio e portarli con sé.

La donna con il vestito blu chiese: «Perché siete venuti da noi? Siete angeli?»

Klietmann si chiese se non fosse arteriosclerotica. Angeli in doppiopetto? Poi ricordò che erano nelle vicinanze di una chiesa, e che la loro apparizione era stata in un certo senso miracolosa, perciò non era poi così assurdo che la poveretta pensasse che fossero angeli, indipendentemente dall’abbigliamento. Forse non sarebbe stato necessario ucciderle, dopotutto. Klietmann rispose: «Sì, signora. Siamo angeli. Dio ha bisogno della sua auto».

La donna con il vestito giallo chiese: «La mia Toyota

«Sì, signora.» La portiera era spalancata e Klietmann appoggiò sul sedile la sua valigetta. «Il Signore ci ha incaricati di una missione urgente. Con i suoi occhi lei ci ha visto uscire dal cancello dorato del Paradiso. Abbiamo bisogno di un mezzo di trasporto.»

Von Manstein e Bracher nel frattempo si erano portati sull’altro lato della Toyota , avevano aperto le portiere ed erano saliti in macchina.

La donna in blu disse: «Shirley, sei stata scelta per offrire la tua macchina».

«Il Signore gliela restituirà», annunciò Klietmann, «quando il nostro compito sarà terminato.» Si ricordò della carenza di benzina che affliggeva il suo mondo devastato dalla guerra e non essendo sicuro di quale fosse la situazione nel 1989, aggiunse: «Oh, ovviamente non deve preoccuparsi per la benzina, la macchina le sarà restituita con il serbatoio pieno e lo sarà per sempre. Come la moltiplicazione dei pani e dei pesci».

«Ma nella macchina c’è un’insalata di patate che abbiamo preparato per la chiesa», esclamò la donna in giallo.

Felix Hubatsch aveva già aperto la portiera anteriore e aveva trovato l’insalata di patate. Tirò fuori il recipiente dalla macchina e lo depose ai piedi della donna.

Klietmann si mise al volante richiuse la portiera, aspettò che Hubatsch salisse, mise in moto e si allontanò dal parcheggio della chiesa. Quando guardò dallo specchietto retrovisore, un attimo prima di immettersi nel traffico, vide che le due vecchiette erano ancora nella stessa posizione, con in mano i tegami, lo sguardo fisso su di loro.

10

Giorno dopo giorno perfezionarono i calcoli e Stefan esercitava il braccio e la spalla sinistra più che poteva, cercando di evitare che si irrigidisse durante la guarigione e nella speranza di mantenere il più possibile il tono muscolare. Sabato pomeriggio, 21 gennaio, mentre la loro prima settimana a Palm Springs volgeva al termine, completarono i calcoli e ottennero le esatte coordinate spazio-temporali che sarebbero servite a Stefan per effettuare i due viaggi una volta ritornato nel 1944.

«Adesso ho solo bisogno di un po’ di tempo per riprendermi», annunciò Stefan, allontanandosi dal computer, mentre esercitava il braccio sinistro tracciando dei cerchi nell’aria.

Laura disse: «Sono passati undici giorni da quando ti hanno sparato. Ti fa ancora male?»

«Un po’. Ma è un dolore sordo, profondo, e non lo sento sempre. Ma la forza non mi è tornata. Forse è meglio che aspetti ancora qualche giorno. Se mi sento in forma tornerò all’istituto venerdì prossimo, il 27. Anche prima, se i progressi sono più rapidi, ma certamente non più tardi di venerdì prossimo.»

Quella notte, Laura si svegliò da un incubo in cui si vedeva confinata, ancora una volta, su una sedia a rotelle e nel quale il destino, sotto forma di un uomo senza volto con un vestito nero, era impegnato a cancellare Chris dalla realtà, come se il bambino fosse solo un disegno a matita su un pannello. Era madida di sudore e per un po’ rimase seduta sul letto, l’orecchio teso a cogliere dei rumori nella casa, ma non udì nulla, tranne il respiro lento e regolare di suo figlio accanto a lei.

Più tardi, incapace di prendere sonno, rivolse il suo pensiero a Stefan Krieger. Era un uomo interessante, estremamente autonomo e a volte difficile da capire.

Da quando, una settimana prima, le aveva spiegato che era diventato il suo Custode perché si era innamorato di lei e voleva migliorare la vita che le era stata destinata, Stefan non aveva più parlato d’amore. Non aveva ribadito i suoi sentimenti per lei, non aveva giocato la parte dello spasimante che si strugge d’amore. Le aveva confidato i suoi sentimenti e ora le dava il tempo necessario per pensare e per conoscerlo prima di decidere. Laura era quasi certa che quell’uomo avrebbe atteso anni, se fosse stato necessario, e senza lamentarsi. Aveva acquisito quella pazienza che nasce dalle grandi avversità e questa era una cosa che Laura comprendeva.

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