«Senti, non m’interessa dove andiamo», esclamò Laura, «ma una volta che ci saremo seduti al ristorante devi promettermi che ci rimarremo. »
«Lo so, sono un testone per certe cose. E, come ti avevo già detto… non sono mai stato abile con le belle donne.»
«Tua madre, immagino.»
«Giusto. Ha rifiutato me e anche mio padre. Non ho mai avuto calore umano da quella donna. Ci abbandonò quando avevo undici anni.»
«Dev’essere stato tremendo.»
«Ma tu sei molto più bella di lei e mi spaventi a morte.»
«Ehi, mi stai adulando.»
«Be’, scusa, ma avevo proprio intenzione di farlo. Il problema è che, per quanto tu sia bellissima, i tuoi scritti sono più belli ancora, almeno una volta e mezzo , e questo mi spaventa ancora di più. Mi chiedo, che cosa può trovare un genio come te in un uomo come me. Forse un passatempo divertente?»
«Solo una domanda, Daniel.»
«Danny.»
«Solo una domanda, Danny. Che razza di agente di cambio sei? Conti qualcosa?»
«Prima categoria», disse con orgoglio genuino e Laura fu certa che stava dicendo la verità. «I miei clienti credono ciecamente in me e ho un portfolio tutto mio che ha superato l’andamento del mercato per tre anni consecutivi. Come analista, mediatore ed esperto finanziario, non lascio mai al vento la possibilità di capovolgermi l’ombrello.»
Il pomeriggio successivo alla sistemazione degli esplosivi nei sotterranei dell’istituto, Stefan intraprese quello che riteneva essere il suo penultimo viaggio lungo la Via del Lampo. Era una puntata illegale al 10 gennaio 1988, non figurava sulla tabella ufficiale e i suoi colleghi ne erano all’oscuro.
Quando arrivò una neve leggera stava scendendo sulle San Bernardino Mountains, ma il suo abbigliamento era adeguato al tempo: stivali di gomma, guanti di pelle e un giaccone da marinaio. Trovò riparo sotto una fitta macchia di pini, con l’intenzione di attendere finché i lampi non fossero cessati.
Guardò l’orologio alla tremula luce celeste e rimase sbigottito quando si accorse di essere arrivato tanto tardi. Aveva meno di quaranta minuti per raggiungere Laura prima che fosse uccisa. Se avesse commesso un errore, se fosse arrivato troppo tardi, non ci sarebbe stata una seconda possibilità.
Anche se gli ultimi lampi squarciavano il cielo tetro e il boato secco dei tuoni echeggiava ancora dietro di lui, lasciò frettolosamente il suo riparo e s’incamminò a passo sostenuto giù per un campo scosceso, dove la neve accumulatasi durante le precedenti bufere era alta fino al ginocchio. In superficie si era formato un sottile strato di ghiaccio che a ogni passo Stefan doveva rompere. Procedere era difficile come guadare un profondo corso d’acqua. Cadde due volte e la neve gli entrò negli stivali; il vento lo colpiva e l’ostacolava con tale furia che sembrava animato dalla volontà di annientarlo. Arrivò in fondo alla collina, superò un cumulo di neve e quando si ritrovò sul ciglio della statale a due corsie che portava ad Arrowhead e a Big Bear, aveva i pantaloni e il cappotto incrostati di ghiaccio, i piedi congelati e aveva perso più di cinque minuti.
La strada, sgombrata di recente dalla neve, era pulita. Ma l’intensità della tormenta era già aumentata. I fiocchi si erano fatti molto più piccoli e fitti da quando era arrivato. Presto la strada sarebbe diventata pericolosa.
Notò un cartello a lato della strada: «LAGO ARROWHEAD 1,5 KM». Fu sconvolto quando scoprì di essere molto più lontano da Laura di quanto pensasse.
Socchiuse gli occhi e guardando verso nord vide il caldo bagliore di una lampada elettrica in quel desolato e grigio pomeriggio: un edificio a un piano e delle auto parcheggiate a circa trecento metri, sulla destra. Puntò immediatamente in quella direzione, tenendo il capo chino per proteggersi il volto dalle gelide sferzate del vento.
Doveva trovare un’auto. Laura aveva meno di mezz’ora da vivere ed era a quindici chilometri di distanza.
Cinque mesi dopo quel primo appuntamento, sabato 16 luglio 1977, sei settimane dopo essersi laureata, Laura sposò Danny Packard con rito civile di fronte a un giudice. Gli unici ospiti, che fungevano anche da testimoni, erano il padre di Danny, Sam Packard, e Thelma Ackerson.
Sam era un bell’uomo, sulla cinquantina, con i capelli grigi, che sembrava minuto in confronto al figlio. Pianse per tutta la cerimonia e Danny non fece che voltarsi a chiedere: «Tutto bene, papà?» Sam annuiva, si soffiava il naso e diceva loro di andare avanti, ma un attimo dopo era di nuovo in lacrime. A un certo punto il giudice disse: «Figliolo, le lacrime di tuo padre sono lacrime di gioia, perciò se potessimo andare avanti… ho ancora tre cerimonie dopo questa».
Anche se il padre dello sposo non fosse stato un disastro dal punto di vista emotivo e anche se lo sposo non fosse stato un gigante dal cuore di cerbiatto, il loro matrimonio sarebbe comunque rimasto memorabile grazie a Thelma. Aveva un taglio di capelli strano, stile porcospino, con al centro una ciocca color rosso porpora. Era piena estate e aveva scelto per la cerimonia un paio di scarpe rosse con vertiginosi tacchi a spillo, pantacollant neri aderentissimi e un giubbotto nero tutto sbrindellato, accuratamente, deliberatamente sbrindellato, stretto in vita da una catena di ferro che fungeva da cintura. Gli occhi erano pesantemente truccati con un ombretto rosso porpora e le labbra dipinte con un rossetto rosso sangue. All’orecchio portava un orecchino a forma di amo.
Mentre Danny scambiava due parole a tu per tu con il padre, Thelma si appartò con Laura in un angolo del palazzo di Giustizia e le spiegò il suo nuovo look. «Questa è la moda punk, una supernovità che viene dall’Inghilterra. Qui da noi non c’è ancora nessuno che la segue e in Inghilterra sono pochissimi. Ma nel giro di qualche anno si vestiranno tutti così. Per il mio lavoro poi è una bomba. Do subito l’impressione di una stramba, perciò appena metto piede sul palcoscenico alla gente viene da ridere. Ed è perfetto anche per me. Siamo onesti, non si può certo dire che con l’età io stia sbocciando. Per la miseria, se la bruttezza fosse riconosciuta come malattia e avesse un’organizzazione caritatevole alle spalle io potrei essere l’immagine perfetta per i loro manifesti. Comunque, lo stile punk ha due grandi qualità: primo, ti puoi nascondere dietro un trucco e una capigliatura appariscenti e nessuno potrà dire che sei scialba; secondo, è scontato che risulti sempre originale. Accidenti, Shane, Danny è gigantesco! Mi hai raccontato tante cose di lui al telefono, ma non mi hai mai detto neppure una volta che era così enorme. Mettigli addosso un costume da Godzilla, lascialo libero a New York, filma quello che succede e vedrai che viene fuori uno di quei film senza dover allestire delle costose scene in miniatura. E così lo ami, eh?»
«Lo adoro », confessò Laura. «La sua delicatezza è pari alla sua mole, forse a causa di tutta la violenza che ha visto e a cui ha preso parte in prima persona in Vietnam, o forse perché è sempre stato così di natura. È dolce, Thelma, premuroso e pensa che io sia una delle migliori scrittrici che abbia mai avuto occasione di leggere.»
«E pensare che quando all’inizio ha cominciato a regalarti i rospi, pensavi che fosse uno psicopatico!»
«Errore!»
Due poliziotti in uniforme, che scortavano un giovane ammanettato, attraversarono il corridoio diretti a una delle aule. Quando furono all’altezza di Thelma, il prigioniero le lanciò un’occhiata e disse: «Ehi, pupa, andiamo a spassarcela!»
«Ah, il fascino Ackerson», commentò Thelma. «Tu ti sei trovata un uomo che è una combinazione fra un dio greco, un orsacchiotto e Bennett Cerf, mentre a me toccano le avance dei rifiuti della società. Ma se ci penso bene, non ho mai ricevuto neanche quelle, perciò forse è arrivato il mio momento.»
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