La scatola proveniva da un negozio piuttosto costoso, ma Laura non era preparata al suo contenuto: un grande, splendido vaso di Lalique. Era trasparente con i manici, in parte dipinti di verde chiaro e in parte in cristallo smerigliato; ogni manico era formato da due rospi nell’atto di saltare.
Guardò Danny con gli occhi spalancati: «Danny, non ho mai visto niente di simile. È il pezzo più fantastico che abbia mai visto».
«Allora ti piace?»
«Buon Dio, ma quanto ti è costato?»
«Trecento.»
«Danny, ma non possiamo permettercelo!»
«Oh, sì che possiamo.»
«No, non possiamo, veramente non possiamo. Solo perché ho scritto un pessimo libro e vuoi che non mi deprima troppo…»
«Non hai scritto un pessimo libro. Hai scritto un libro che vale un rospo, anzi un libro da quattro rospi in una scala da uno a quattro. Noi possiamo permetterci questo vaso proprio perché hai scritto Shadrach. È bellissimo, Laura, infinitamente migliore dell’ultimo, ed è splendido proprio perché in quel libro hai messo tutta se stessa. Sei tu e risplende come te.»
In preda all’eccitazione gli gettò le braccia al collo e poco ci mancò che facesse cadere il vaso da trecento dollari.
Ora la strada era coperta da un sottile strato di neve fresca. Sulla jeep erano già montate le catene, perciò Stefan fu in grado di mantenere una velocità abbastanza sostenuta nonostante le condizioni della strada.
Ma non era sufficiente.
La taverna dove aveva rubato la jeep era a circa quindici chilometri dalla casa dei Packard, che era appena fuori della Statale 330, qualche chilometro a sud di Big Bear. Le strade di montagna erano strette, tortuose, piene di salite e la neve non gli consentiva una buona visibilità, perciò la sua velocità media era sui sessanta chilometri l’ora. Accelerare sarebbe stato rischioso. Non sarebbe stato di alcun aiuto a Laura, Danny e Chris se avesse perso il controllo della jeep e fosse piombato su un terrapieno trovandovi la morte. A quella velocità, però, sarebbe arrivato sul posto almeno dieci minuti dopo la loro partenza.
La sua prima intenzione era stata di farli aspettare a casa finché il pericolo non fosse passato, ma ormai non era più possibile.
Il cielo invernale sembrava essersi abbassato sotto il peso della bufera tanto da non superare le cime dei sempreverdi che costeggiavano in file serrate i lati della strada. Il vento agitò gli alberi e fece ondeggiare la jeep. La neve cominciò ad accumularsi sui tergicristalli del parabrezza e presto si ghiacciò. Dopo aver acceso lo sbrinatore, Stefan dovette protendersi sul volante per riuscire a vedere qualcosa. La bufera incombeva.
Controllò l’ora. Aveva meno di quindici minuti. Laura, Danny e Chris stavano per salire sulla Chevy Blazer. Forse stavano già uscendo dal vialetto di casa.
Avrebbe dovuto intercettarli sulla strada. Aveva solo una manciata di secondi di anticipo sulla Morte.
Premette leggermente il piede sull’acceleratore cercando di guadagnare terreno e stando bene attento a non perdere il controllo della jeep.
Il 15 agosto 1979, cinque settimane dopo il giorno in cui Danny le aveva regalato il vaso di Lalique, Laura era in cucina a scaldarsi una minestra in scatola per pranzo, quando ricevette una telefonata da Spencer Keene, l’agente letterario di New York.
«Alla Viking è piaciuto molto Shadrach e hanno offerto centomila.»
« Dollari? » chiese Laura.
«Ma certo, dollari», rispose Spencer. «Che cosa pensavi? Rubli? Che cosa potresti comprarti con quelli? Un cappello, forse.»
«Oh, Cristo!» Laura dovette appoggiarsi al bancone della cucina per non perdere l’equilibrio.
Spencer continuò: «Laura, dolcezza, solo tu sai ciò che è meglio per te, ma, a meno che non considerino i centomila come offerta minima di base, io vorrei che tu pensassi alla possibilità di rifiutare».
«Rifiutare centomila dollari?» domandò incredula.
«Senti, io voglio mandare questo manoscritto a sette, forse otto editori, fissare una data per l’asta e vedere che cosa succede. Io credo di sapere che cosa succederà, Laura, credo che tutti ameranno questo libro quanto lo amo io. Ma, d’altro canto… forse no. Lo so, è una decisione difficile, devi prendere tempo e pensarci prima di darmi una risposta.»
Appena Spencer riappese, Laura telefonò a Danny e gli spiegò dell’offerta.
«Se non accetteranno di considerarla come offerta minima, rifiuta», suggerì il marito.
«Ma, Danny, possiamo permettercelo? Voglio dire, la mia auto ha undici anni e sta cadendo a pezzi, la tua ha quasi quattro anni…»
«Che cosa ti avevo detto di questo libro? Non ti avevo detto che eri tu, un riflesso di ciò che tu sei?»
«Sei un tesoro, ma…»
«Rifiuta. Dammi retta, Laura. Tu stai pensando che rifiutare centomila dollari sia come sputare in faccia alla fortuna; è come invitare quel lampo di cui mi hai parlato tante volte. Ma tu questa ricompensa te la sei guadagnata e il fato non te la porterà via.»
Chiamò Spencer Keene e lo informò della sua decisione.
Eccitata, nervosa, pensando già di aver perduto quei centomila dollari, tornò nel suo studio, si sedette davanti alla macchina per scrivere e per qualche minuto fissò il breve racconto non ancora terminato, finché non avvertì l’odore di zuppa di pollo e si ricordò di averla lasciata sul fuoco. Corse in cucina e non trovò che mezzo dito di zuppa e la pasta, bruciata, attaccata sul fondo del pentolino.
Alle due e dieci, le cinque e dieci di New York, Spencer richiamò per comunicarle che la Viking aveva accettato di fissare i centomila dollari come offerta minima. «Ora, questa è veramente la cifra minima che realizzerai con Shadrach, centomila dollari. La data dell’asta dovrebbe essere il 26 settembre. E sarà un portento, Laura, lo sento.»
Trascorse il resto del pomeriggio cercando di sentirsi soddisfatta, ma non riuscì a scrollarsi di dosso l’ansia. Shadrach era già un grande successo, indipendentemente da ciò che sarebbe accaduto all’asta. Non c’era ragione di agitarsi, eppure non riuscì a calmarsi.
Quel giorno Danny rientrò con una bottiglia di champagne, un mazzo di rose e una scatola di cioccolatini. Si sedettero sul sofà e tra un cioccolatino e un sorso di champagne, parlarono del loro futuro, un futuro che sembrava luminoso; tuttavia l’ansia non l’abbandonò.
Alla fine Laura disse: «Non voglio né cioccolatini né champagne né rose. E neanche centomila dollari. Voglio te. Portami a letto».
Fecero l’amore a lungo. Il sole di fine estate calò lentamente e le ombre della sera sopraggiunsero prima che con riluttanza i loro corpi si separassero. Disteso al suo fianco, al buio, Danny le baciò teneramente i seni, la gola, gli occhi e le labbra. Laura si rese conto che la sua ansia si era dissolta. Non era stato il sesso a scacciare la sua paura, ma l’intimità. Abbandonarsi totalmente e quella sensazione di speranze, sogni e destini condivisi era stata la vera medicina. Quella grande e meravigliosa sensazione di famiglia che Laura provava quando era vicino a lui, era un talismano che teneva lontano il gelido destino.
Mercoledì 26 settembre, Danny rimase a casa dal lavoro per essere vicino a Laura quando sarebbero arrivate le notizie da New York.
Alle sette e mezzo del mattino, le dieci e mezzo di New York, Spencer Keene chiamò per annunciare che la Random House aveva fatto la prima offerta. «Centoventicinquemila. E siamo sulla buona strada.»
Due ore più tardi chiamò di nuovo. «Sono tutti fuori a pranzo, perciò ci sarà un momento di calma. Ora come ora siamo arrivati a trecentocinquantamila e sei case devono ancora fare la loro offerta.»
Читать дальше