Dean Koontz - Lampi

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Lampi: краткое содержание, описание и аннотация

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In una tempestosa notte di gennaio Laura Shane viene miracolosamente alla luce grazie all’intervento di uno sconosciuto che annuncia il proprio arrivo con un lampo. Il destino però ha in serbo per lei ben più terrificanti pericoli che supererà con l’aiuto del misterioso personaggio. Ma chi è l’enigmatico protettore? Nel giorno del suo tredicesimo compleanno per Laura è pronta un’agghiacciante rivelazione…

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Quasi tutte le sere, dalle sei alle due di notte, girava per cabaret come l’ Improv e il Comedy Store nella speranza di guadagnarsi uno spazio di qualche minuto in scena o di prendere almeno contatto con qualche impresario. Una lotta all’ultimo sangue con un’orda di giovani comici tutti alla ricerca dell’agognata scrittura.

Di giorno lavorava per pagarsi l’affitto, saltabeccando da un posto all’altro. Una volta aveva lavorato in una strana pizzeria dove cantava e serviva ai tavoli vestita da gallinella; un’altra volta ancora aveva sostituito in un picchetto alcuni membri del Writers Guild West che invece di partecipare alla manifestazione, come gli era stato chiesto dal sindacato, avevano preferito pagare qualcuno che reggesse i cartelli e firmasse i registri.

Anche se le separava solo un’ora e mezzo di viaggio, Laura e Thelma si vedevano due o tre volte l’anno e, di solito, solo per qualche ora a pranzo o a cena perché entrambe erano molto impegnate.

Ma quando si ritrovavano si sentivano immediatamente a proprio agio e subito si confidavano i pensieri e le esperienze più intime. «Il legame McIlroy-Caswell», disse una volta Thelma, «è più forte del legame che unisce fratelli di sangue, più forte di un patto della mafia e persino più forte del legame tra Fred Flintstone e Barney Rubble. Quei due sono veramente uniti. »

Dopo che ebbe ascoltato la storia di Laura, Thelma disse: «Be’, qual è il tuo problema, Shane? Mi sembra che si tratti semplicemente di qualche bel fusto, un po’ timido, che si è preso una bella cotta. Un sacco di donne andrebbero in estasi per una cosa così».

«Si tratta semplicemente di questo? Di una cotta innocente?»

«Che cos’altro, altrimenti?»

«Non so, ma… mi rende inquieta.»

«Inquieta? Ma questi rospi sono tutti oggettini graziosi, no? Fra di loro ce n’è forse dall’aria minacciosa? Oppure uno che brandisce un piccolo coltello da macellaio insanguinato? O una piccolissima motosega in ceramica?»

«Ma no!»

«Ti ha forse mandato un rospo decapitato

«No, ma…»

«Laura, gli ultimi anni sono stati tranquilli, anche se hai avuto una vita piuttosto movimentata. È comprensibile che ti aspetti che questo tipo sia il fratello di Charles Manson, ma puoi scommettere che è proprio ciò che sembra, un ragazzo che ti ammira da lontano, forse un po’ timido e con una vena romantica. Com’è la tua vita sessuale?»

«Non ho nessuna vita sessuale.»

«Perché no? Non sei vergine! C’era quel ragazzo l’anno scorso…»

«Ma lo sai che non ha funzionato.»

«E da allora non c’è stato più nessuno?»

«No. Ma che cosa pensi?… che vada con tutti?»

«Esagerata! Due amanti in ventidue anni non fanno certo di te una che va con tutti. Rilassati. Smettila di fare la nevrotica. Lasciati andare e vedi dove ti porta. Perché no, potrebbe anche essere il principe azzurro.»

«Ma… forse lo farò. Credo che tu abbia ragione.»

«A proposito, Shane?»

«Sì?»

«Giusto per sicurezza, d’ora in poi forse ti conviene andare in giro con una Magnum .357.»

«Molto divertente.»

«Il divertimento è il mio mestiere.»

Nei tre giorni seguenti Laura ricevette altri due rospi, e il sabato mattina, 22 gennaio, si trovò nuovamente confusa, furente e impaurita. Nessun ammiratore segreto avrebbe tirato il gioco così per le lunghe. Ogni nuovo rospo sembrava burlarsi di lei più che renderle omaggio. C’era una vena ossessiva nel ritmo implacabile di quel misterioso donatore.

Trascorse gran parte della serata di venerdì seduta al buio vicino alla grande finestra del salotto. Da uno spiraglio fra le tende vedeva la veranda coperta e la zona adiacente alla sua porta. Se quella sera fosse venuto, Laura intendeva coglierlo sul fatto e affrontarlo. Attese invano fino alle tre e mezzo del mattino, poi si appisolò. Al mattino, quando si svegliò, davanti alla porta non trovò nessun pacchetto.

Fece una doccia, consumò una frugale colazione, poi uscì prendendo le scale esterne che portavano sul retro dell’edificio, dove teneva la macchina nel posto che le era stato assegnato. Aveva intenzione di recarsi in biblioteca per un lavoro di ricerca e sembrava proprio il giorno giusto per stare al chiuso. Il cielo invernale era grigio e cupo e le nubi gravide di tempesta le misero addosso un senso d’inquietudine, una sensazione che s’intensificò quando trovò un’altra scatola sul cruscotto dell’auto. Avrebbe voluto urlare tanta era la sua frustrazione.

Invece si sedette al posto di guida e aprì il pacchetto. Le altre statuine non dovevano essere costate molto, non più di dieci o quindici dollari, alcune probabilmente anche meno, ma quest’ultima era una squisita miniatura di porcellana che valeva almeno cinquanta dollari. La sua attenzione, tuttavia, non fu attratta tanto dal rospo quanto dalla scatola in cui era contenuto. Contrariamente alle altre, recava il nome di un negozio di articoli da regalo, «Collectibles», nel centro commerciale di South Coast Plaza.

Laura si diresse immediatamente da quella parte, ma arrivò quindici minuti prima dell’apertura, perciò attese su una panchina lungo la passeggiata e fu la prima a entrare nel negozio. La titolare era Eugenia Farvor, una donnina dai capelli grigi. «Sì, noi trattiamo questo genere di articoli», rispose dopo aver ascoltato la succinta spiegazione di Laura e avere esaminato la statuetta di porcellana. «Infatti l’ho venduto io stessa a quel giovanotto, proprio ieri.»

«Sa come si chiama?»

«No, mi dispiace.»

«Che aspetto aveva?»

«Lo ricordò bene, era molto alto, almeno un metro e novantacinque, direi, con spalle larghe. Ben vestito, indossava un completo grigio a righine e una cravatta a righe blu e grigie. Ricordo di avergli fatto anche i complimenti e lui mi disse che non gli era facile trovare degli abiti che gli andassero bene.»

«Ha pagato in contanti?»

«Mmm… no. Ha usato una carta di credito, se ricordo bene.»

«Ha ancora la copia della ricevuta?»

«Certamente, perché di solito rimaniamo sempre in arretrato di un giorno o due con i versamenti.» La signora Farvor portò Laura nel piccolo ufficio sul retro del negozio, facendole strada fra le vetrinette piene di porcellane, cristalli di Lalique e Waterford, piatti di Wedgwood, statuine di Hummel e altri articoli costosi. Ma all’improvviso ebbe un ripensamento. «Se le sue intenzioni sono innocenti, se è solo un ammiratore, e devo ammettere che mi sembrava una persona perbene, rivelandole la sua identità, rovinerò tutto. Vorrà essere lui a farlo quando lo riterrà opportuno.»

Laura cercò con ogni mezzo di convincere la donna e conquistare la sua simpatia. Non ricordava di aver mai parlato in modo più eloquente e con tanto sentimento. Di solito non era così brava a esprimere a parole i suoi sentimenti. Alla fine si ritrovò in lacrime, con sua grande sorpresa, e ciò finì per commuovere Eugenia Farvor.

Dal tagliando di pagamento ottenne il nome, Daniel Packard, e il numero di telefono. Andò direttamente dal negozio a un telefono pubblico e cercò sulla guida. C’erano due Daniel Packard, ma dal numero di telefono che aveva scoprì che la persona che cercava abitava sulla Newport Avenue, a Tustin.

Ritornò al parcheggio sotto una fredda pioggerellina. Non avendo né il cappello né l’ombrello, alzò il bavero del cappotto e si affrettò verso la macchina, ma quando la raggiunse aveva ormai i capelli bagnati ed era intirizzita dal freddo. Per tutto il tragitto da Costa Mesa a North Tustin continuò a tremare.

Pensò che molto probabilmente l’avrebbe trovato a casa. Se era uno studente non sarebbe certo stato a lezione di sabato; e se aveva un normale lavoro di otto ore, con tutta probabilità non sarebbe stato neppure in ufficio. La giornata era poco invitante per i consueti passatempi del fine settimana a cui si dedicavano i californiani amanti della vita all’aperto.

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