Dean Koontz - Lampi

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Lampi: краткое содержание, описание и аннотация

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In una tempestosa notte di gennaio Laura Shane viene miracolosamente alla luce grazie all’intervento di uno sconosciuto che annuncia il proprio arrivo con un lampo. Il destino però ha in serbo per lei ben più terrificanti pericoli che supererà con l’aiuto del misterioso personaggio. Ma chi è l’enigmatico protettore? Nel giorno del suo tredicesimo compleanno per Laura è pronta un’agghiacciante rivelazione…

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L’indirizzo corrispondeva a un gruppo di edifici a due piani in stile spagnolo, di cui otto con giardino. Per alcuni minuti corse da un edificio all’altro, sul marciapiede sferzato dal vento, alla ricerca del suo appartamento. Quando finalmente lo trovò, al pianterreno nell’edificio più lontano dalla strada, aveva i capelli bagnati fradici. Il freddo le era penetrato nelle ossa. Lo sconforto mitigò la sua paura e accrebbe la sua rabbia e quando suonò il campanello lo fece senza esitazione.

Evidentemente il ragazzo non guardò dallo spioncino, perché quando aprì la porta e la vide parve stupito. Doveva avere forse cinque anni più di lei ed era veramente alto, sicuramente più di un metro e novanta, sui novanta chili, tutto muscoli. Indossava un paio di jeans e una maglietta azzurra sporca di grasso e piena di macchie; le braccia, molto muscolose, erano formidabili. Portava una barba corta e anche il viso era tutto sporco di grasso e le mani erano nere.

Tenendosi a distanza di sicurezza, Laura chiese semplicemente: «Perché?»

«Perché…» esordì lui spostando il peso da un piede all’altro. Era talmente imponente che riempiva il vano della porta. «Perché…»

«Sto aspettando.»

Si passò una mano sporca di grasso fra i cortissimi capelli inconsapevole del disastro che ne risultò. Distolse gli occhi da Laura e nel rivolgerle la parola guardò verso il cortile battuto dalla pioggia. «Come… come ha fatto a trovarmi?»

«Questo non ha importanza. Ciò che importa è che io non la conosco, non l’ho mai vista prima d’ora e nonostante questo mi ritrovo con un esercito di rospi che lei mi ha mandato. Arriva nel cuore della notte per lasciarli davanti alla porta, penetra furtivamente nella mia macchina per depositarli sul cruscotto e questa storia dura da settimane. Non crede che sia ora che io sappia di che cosa si tratta?»

Sempre senza guardarla, il ragazzo arrossì e balbettò: «Be’, certo, ma io non… non ero pronto… non pensavo che fosse ancora il momento giusto».

«Il momento giusto era una settimana fa!»

«Mmm.»

«Avanti, mi dica. Perché

Guardandosi le mani unte, replicò in tono sommesso: «Be’, vede…»

«Sì?»

«Io l’amo.»

Lo fissò incredula. Il ragazzo alzò finalmente lo sguardo e Laura gridò: «Lei mi ama? Ma se non mi conosce nemmeno! Come può amare una persona che non ha mai incontrato?»

Lui guardò altrove, si passò nuovamente la mano sporca fra i capelli e si strinse nelle spalle. «Non so, ma è così e io… be’, ehm, ho questa sensazione. Vede, la sensazione che devo passare il resto della mia vita con lei.»

Dai capelli bagnati goccioline di pioggia le scivolavano lungo la schiena; il suo giorno in biblioteca era saltato; del resto come avrebbe potuto concentrarsi sulla ricerca dopo quella scena a dir poco inverosimile? Per giunta aveva scoperto, e non senza disappunto, che il suo ammiratore segreto altri non era che quel sudicio, sudaticcio, tonto balbuziente. Laura disse: «Senta, signor Packard, io voglio che lei la smetta di mandarmi dei rospi».

«Be’, ma io voglio mandarglieli.»

«Ma io non li voglio ricevere. E domani le rispedirò quelli che mi ha mandato. Anzi, li rispedirò oggi stesso.»

Lui fissò Laura con aria sorpresa e disse: «Pensavo che le piacessero i rospi».

Sempre più in collera Laura replicò: «A me piacciono i rospi. Io adoro i rospi. Io credo che i rospi siano le creature più meravigliose di questa terra. In questo preciso istante desidererei perfino essere un rospo, ma non voglio i suoi rospi. Chiaro?»

«Ehm.»

«Non m’infastidisca, Packard. Forse alcune donne subiscono il suo strano fascino di romantico autoritario e di macho sdolcinato, ma io non sono una di quelle. So difendermi da sola, non creda che non sappia farlo. Sono molto più forte di quanto non sembri e ho dovuto affrontare cose ben peggiori.»

Dopodiché Laura gli voltò le spalle e si allontanò sotto la pioggia. Salì in macchina e prese la via del ritorno. Per tutto il viaggio continuò a tremare come una foglia, e non solo perché era bagnata e intirizzita, ma perché era letteralmente furibonda. Che faccia tosta!

Una volta a casa si svestì, si avvolse in una vestaglia, poi si preparò un caffè per scaldarsi.

Aveva appena bevuto il primo sorso di caffè, quando il telefono squillò. Rispose dalla cucina. Era Packard.

Parlò tutto d’un fiato, una frase dopo l’altra senza mai interrompersi. «Per favore, non riappenda. Ha ragione, sono uno stupido, un idiota, ma mi conceda solo un minuto per spiegarmi. Stavo sistemando la lavapiatti quando lei è arrivata, ecco perché ero così in disordine, così sporco di unto e tutto sudato. Ho dovuto tirarla fuori da sotto il ripiano io stesso; il padrone di casa l’avrebbe aggiustata, ma passando attraverso l’amministrazione ci vuole almeno una settimana e io del resto me la cavo con i lavori manuali, posso aggiustare qualsiasi cosa. La giornata era brutta, non avevo nient’altro da fare, così mi sono detto: Perché non aggiustarla io stesso? Non immaginavo certo di vederla arrivare. Io mi chiamo Daniel Packard, ma questo lei lo sa già. Ho ventotto anni, ho prestato servizio nell’esercito fino al ’73, tre anni fa mi sono laureato in economia all’università di Irvine, in California, e ora lavoro come agente di cambio, ma di sera seguo un paio di corsi all’università ed è così che per caso ho letto il suo racconto sul rospo sulla rivista letteraria dell’università. Eccezionale! Mi è piaciuto tantissimo, un racconto fantastico, veramente. Allora sono andato in biblioteca e ho sfogliato tutti i numeri arretrati per trovare altri suoi racconti. E li ho letti tutti. Parecchi erano belli, dannatamente belli. Non tutti, ma parecchi. A un certo punto non so bene quando mi sono innamorato di lei, della persona che avevo conosciuto attraverso quei racconti così belli e così reali. Poi una sera, mentre ero seduto in biblioteca a leggere una delle sue storie, la bibliotecaria passò dietro di me e a un certo punto si chinò e mi chiese se mi piaceva. Io annuii e lei mi disse: ‘Be’, l’autrice è proprio là di fronte, magari può andare a dirle che il racconto è bello’. E così l’ho vista. Era lì, a poca distanza da me, con una pila di libri, concentratissima, la fronte aggrottata, stava prendendo appunti ed era semplicemente splendida. Vede, io sapevo che doveva essere bella interiormente , perché i suoi racconti lo sono, perché i sentimenti che vi sono espressi sono belli, ma non ho mai pensato che lei potesse essere bella anche esteriormente. E non sapevo come fare per avvicinarla perché le donne belle mi hanno sempre terrorizzato, forse perché mia madre era bella ma fredda e inaccessibile, così mi sono convinto che tutte le donne belle mi rifiuteranno come ha fatto mia madre (questa è un’analisi da quattro soldi) ma è certo che sarebbe stato molto più facile per me se lei fosse stata brutta o insignificante. Il suo racconto mi fece venire l’idea di usare i rospi. Avrei fatto la parte dell’ammiratore segreto che manda i regali, per tentare di intimidirla. Mi ero ripromesso di scoprire le carte dopo il terzo o il quarto rospo, le assicuro che queste erano le mie intenzioni, ma continuai a rimandare perché non volevo essere rifiutato, almeno credo; mi resi conto che stava diventando una follia, ma non riuscivo a fermarmi e a dimenticarla e nonostante questo non avevo il coraggio di affrontarla. Questo è tutto. Non volevo certo farle del male o irritarla. Può perdonarmi? Spero di sì.»

Tacque, esausto.

Laura disse: «Bene».

«Vuole uscire con me?» replicò lui.

Sorpresa, Laura accettò: «Sì».

«Una cena e un film?»

«Va bene.»

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