La signora Bowmaine ebbe un fremito d’impazienza e consultò l’orologio.
Laura disse in fretta e furia: «Ruth e Thelma sono le mie migliori amiche e le loro compagne sono Tammy Hinsen e Rebecca Bogner. Ma io credo che Tammy e Rebecca non vadano tanto d’accordo con Ruth e Thelma, quindi…»
«Noi vogliamo che voi impariate a convivere anche con persone diverse da voi. Stare insieme a delle bambine con cui andate già d’accordo non è costruttivo per il vostro carattere. Resta comunque il problema che fino a domani non posso provvedere a nuove sistemazioni; oggi sono troppo occupata. Quindi voglio sapere se posso fidarmi a lasciarti sola questa notte nella tua camera.»
«Fidarsi di me?» chiese Laura un po’ confusa.
«Dimmi la verità, signorina. Posso fidarmi a lasciarti da sola stanotte?»
Laura non riusciva a immaginare che tipo di problema potesse esserci a lasciare solo un bambino per una notte. Forse si aspettava che Laura si barricasse nella stanza tanto da dover costringere la polizia a far saltare la porta.
Laura si sentì confusa e offesa. «Certo, non ci sono problemi. Non sono una bambina. Andrà tutto bene.»
«Be’… d’accordo. Dormirai da sola stanotte, ma domani sistemeremo la faccenda.»
Dopo aver lasciato l’ufficio della signora Bowmaine e avere imboccato i grigi corridoi, salendo le scale verso il terzo piano, Laura improvvisamente pensò: l’Anguilla ! Sheener avrebbe sicuramente saputo che avrebbe trascorso la notte da sola. Lui sapeva tutto ciò che accadeva al McIlroy e aveva le chiavi, quindi poteva ritornare durante la notte. La sua camera era vicina alle scale dell’ala nord, perciò poteva penetrare nella sua stanza e sopraffarla in pochi secondi. L’avrebbe bastonata o drogata, infilata in un sacco di tela, l’avrebbe portata via e rinchiusa in una cantina e nessuno avrebbe più saputo nulla di lei.
Arrivata sul pianerottolo del secondo piano cambiò direzione, scese i gradini a due a due e ritornò di corsa verso l’ufficio della signora Bowmaine, ma quando girò l’angolo poco ci mancò che si scontrasse proprio con l’Anguilla. Aveva uno spazzolone e un carrello su cui erano sistemati lo strizzatoio e un secchio d’acqua profumata di pino.
Le rivolse un largo sorriso. Forse era solo la sua immaginazione, ma Laura fu certa che lui sapesse già che avrebbe trascorso la notte da sola.
Gli sarebbe passata davanti e sarebbe andata dalla signora Bowmaine a chiederle di cambiare stanza per quella notte. Non avrebbe mosso accuse contro Sheener, altrimenti avrebbe fatto la fine di Denny Jenkins: screditata agli occhi del personale, tormentata lentamente e inesorabilmente dai suoi nemici; ma avrebbe trovato una scusa plausibile per quel suo repentino ripensamento.
Considerò anche la possibilità di scagliarsi contro di lui, spingergli la testa dentro il secchio, dargli un calcio nel sedere e dirgli che lei era più cattiva di lui e che avrebbe fatto meglio a starle alla larga. Ma era diverso dai Teagel. Mike, Flora e Hazel erano gretti, petulanti, ignoranti, ma relativamente sani di mente. L’Anguilla invece era malato e non c’era modo di sapere come avrebbe reagito se l’avesse steso.
Alla sua esitazione, egli rispose con un ghigno deforme.
Un rossore colorì le pallide guance e Laura, immaginando che potesse essere una vampata di desiderio, ne fu disgustata.
Si allontanò, ma non osò correre finché non risalì le scale e fu uscita dalla sua visuale. Poi si precipitò nella stanza delle Ackerson e raccontò tutto.
«Dormirai qui stanotte», propose Ruth.
«Certo», convenne Thelma, «starai nella tua stanza finché non sarà finito il controllo della sera, poi verrai qui.»
Dal suo angolo dove, seduta sul letto, stava facendo i suoi compiti di matematica, Rebecca obiettò: «Abbiamo solo quattro letti».
«Dormirò sul pavimento», replicò Laura.
«Ma questo è contro le regole», ribattè Rebecca.
Thelma le mostrò il pugno e la guardò con aria minacciosa.
«Okay, va bene», si arrese Rebecca. «Non ho mai detto di non volere che lei rimanesse qui. Sottolineavo solo il fatto che era contro le regole.»
Laura si aspettava che Tammy protestasse, invece la ragazza rimase supina sul letto, sopra le coperte a guardare fisso il soffitto, apparentemente persa nei suoi pensieri ed estranea ai loro progetti.
Nella sala da pranzo, davanti a un piatto di carne di maiale immangiabile con contorno di purè colloso e pisellini verdi duri come legno e sotto l’occhio vigile dell’Anguilla, Thelma attaccò: «Sai perché la signora Bowmaine voleva sapere se poteva fidarsi di lasciarti da sola?… Ha paura che tenti il suicidio».
Laura era incredula.
«Dei bambini l’hanno fatto», le spiegò Ruth con tono di triste. «Ecco perché ci mettono almeno in due, anche in stanze molto piccole. Stare soli per molto tempo… pare che faccia scattare l’impulso.»
Thelma riprese: «Non permetteranno mai che io e Ruth dividiamo una delle stanze piccole poiché, visto che siamo due gemelle identiche, pensano che siamo proprio come una persona sola. Sono convinti che appena chiusa la porta ci potremmo impiccare».
«Ma questo è ridicolo», sospirò Laura.
«Certo che è ridicolo», confermò Thelma. «L’impiccagione è un tipo di suicidio non sufficientemente spettacolare. Le sorprendenti sorelle Ackerson, Ruth e moi , hanno un debole per i drammi. Piuttosto faremmo hara-kiri con coltelli rubati in cucina, oppure se potessimo procurarci una motosega…»
Nel salone le conversazioni si tenevano con toni sottovoce, perché il personale passava fra i tavoli per tenere sotto controllo la situazione. La signorina Keist, una delle insegnanti interne, passò dietro il tavolo dove Laura sedeva con le Ackerson e Thelma bisbigliò: «Gestapo».
Quando la signorina Keist fu passata, Ruth continuò: «Le intenzioni della signorina Bowmaine sono buone, ma il suo problema è che non ci sa fare. Se solo avesse dedicato un po’ del suo tempo per capire che tipo di persona sei, Laura, non si sarebbe certo preoccupata di un tentato suicidio. Tu sei una che sopravvive.»
Mentre raccoglieva sul bordo del piatto quel cibo decisamente immangiabile, Thelma riprese: «Tammy Hinsen una volta è stata trovata nel bagno con un pacchetto di lamette, mentre cercava il punto giusto per tagliarsi le vene».
Laura fu improvvisamente impressionata da quel misto di umorismo e tragedia, di assurdità e di estremo realismo, che caratterizzava la loro vita al McIlroy. Un attimo prima si prendevano in giro scherzosamente e subito dopo stavano discutendo le tendenze suicide delle ragazze che conoscevano. Realizzò che si trattava di un’introspezione che andava al di là della sua età e appena fu ritornata nella sua stanza annotò quella considerazione sul diario che aveva appena iniziato.
Ruth era riuscita a risputare sul piatto il cibo. «Un mese dopo l’incidente delle lamette», incalzò, «organizzarono una perquisizione a sorpresa nella nostra stanza, alla ricerca di oggetti pericolosi. Scoprirono che Tammy aveva una lattina di benzina e dei fiammiferi. La sua intenzione era quella di andare nelle docce, cospargersi di benzina e darsi fuoco».
«Oh, mio Dio.» Laura pensò all’esile e pallida biondina, con le borse sotto gli occhi, e le sembrò che il suo piano di immolarsi fosse solo un desiderio di accelerare il lento fuoco che da tanto tempo la stava consumando dall’interno.
«La mandarono via per circa due mesi in terapia intensiva», riprese Ruth.
«Quando tornò», continuò Thelma, «i grandi affermarono che era migliorata, ma a noi sembrò uguale.»
Dieci minuti dopo che la signorina Keist aveva terminato il suo giro notturno nelle camere, Laura lasciò il suo letto. Il corridoio deserto del terzo piano era illuminato solo da tre lumicini. In pigiama, con un cuscino e una coperta, si affrettò a piedi nudi verso la stanza delle Ackerson.
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