Andrew Klavan - Shadowman

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Shadowman: краткое содержание, описание и аннотация

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Un investigatore romantico, arguto e profondo conoscitore dell’animo umano; un motociclista e pilota, cinico e testardo, che non esita a menare le mani, e infine un giovane apprendista detective, idealista e sognatore. Sono questi i tre eroi della Weiss Investigations, un’agenzia che, sullo sfondo mutevole di San Francisco, si trova coinvolta in una fitta trama di casi che alla fine convergono in un unico grande complotto. Sembra, infatti, che dietro a tutti i delitti, gli attentati e le trame criminali ci sia un killer che nessuno ha il coraggio di nominare.
, l’uomo ombra, и una realtа o soltanto un nome, dato per spaventare poliziotti e delinquenti? И un astuto criminale o solo un fantomatico personaggio inventato per archiviare i troppi delitti irrisolti? Ma la presenza di
и reale, presente in ogni tassello di un complesso mosaico di azioni criminali finalizzate a un piano che lui solo conosce. E che solo gli agenti della Weiss Investigations sapranno svelare…
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Pomeroy l’aveva sentita. Pomeroy era nella stanza accanto.

Ed eccolo qui, Pomeroy. Rintanato come un coniglio in fondo alla cella. L’uomo chiamato Ben Fry sapeva che gli bastavano trenta secondi. Non più di trenta secondi per avere l’informazione. Per sapere quello che voleva e distruggere dalla memoria di quell’uomo il ricordo della risata di Julie. Poi l’uomo chiamato Ben Fry se ne sarebbe andato, l’avrebbe cercata e trovata, l’avrebbe avuta ancora. Questa volta l’avrebbe portata via, in qualche posto, da qualche parte. Questa volta l’avrebbe tenuta con sé finché avesse voluto, finché si fosse saziato del suo dolore. Poi tutto sarebbe finito. Lei sarebbe ritornata a essere una parte di lui e quel ricordo dell’umiliazione sarebbe scomparso. Trenta secondi. Trenta secondi e avrebbe avuto ciò per cui era venuto.

Ma mentre le sirene suonavano in tutta la prigione, tutt’intorno a lui, l’uomo chiamato Ben Fry si rese conto che trenta secondi erano più del tempo che aveva a disposizione per portare a termine ciò per cui era venuto.

Le porte di sicurezza stavano iniziando a chiudersi, precludendogli la fuga. Le guardie si stavano armando e il perimetro veniva bloccato. Sapeva che probabilmente l’avevano scoperto, che gli sarebbero stati addosso da un momento all’altro. Se non si muoveva subito, esattamente in quel momento, avrebbe perso l’appuntamento con l’elicottero, avrebbe mancato le corde che dovevano lanciargli, avrebbe abbandonato l’occasione di fuga e sarebbe rimasto in quel posto, quel posto nel mezzo del nulla, per sempre. Per sempre e da solo, con l’immagine di un volto che rideva di lui negli occhi.

Spostò l’attenzione da Pomeroy e cominciò a correre.

Le sirene erano incredibilmente forti. Il rumore dilagava nella sua testa, scuoteva i suoi pensieri e li frantumava. Superò in un lampo il punto di controllo principale, scavalcando il corpo delle guardie uccise. Girò l’angolo.

Ed eccole, a pochi metri da lui, in fondo al corridoio. Porte d’acciaio che si chiudevano automaticamente una verso l’altra.

Quanto spazio c’era, fra loro? Un metro e mezzo? Uno solo? Sempre meno ogni secondo che passava. Le sirene gli martellavano il cervello e la mente correva. Ma sentiva anche il rumore delle esplosioni, i missili Hellfire che colpivano. Sapeva che erano loro, che erano la sua speranza. Se riusciva a infilarsi in quella fessura aveva una possibilità. Se quelle porte si chiudevano… Si immaginava come sarebbe stato restare bloccato lì, con la mente ferma, vulnerabile, a cercare disperatamente di visualizzare la torre della calma mentre, giorno dopo giorno, gli orrori che se n’erano andati da lui come topi tornavano a divorarlo.

Le porte d’acciaio erano sempre più vicine. L’uomo chiamato Ben Fry scattò come un atleta. Le sirene… il suo respiro affannoso… il suo cuore che pulsava. E poi il passaggio, schiacciato fra i due battenti, prima un braccio, poi una gamba e tutto il corpo, a terra, ma in salvo, mentre le porte si chiudevano definitivamente.

L’esplosione successiva fece tremare il corridoio. Persino con il suono assordante delle sirene, l’uomo chiamato Ben Fry fu in grado di udire il crollo delle macerie. Era di nuovo in piedi, correva, girava un altro angolo.

Ed ecco, davanti a lui, come previsto, la parete in pezzi. Un foro aperto sulla notte, sul cortile, sul mondo libero al di fuori.

L’uomo chiamato Ben Fry inciampò sulle macerie, sentì l’aria colpirgli il viso, vide il fuoco, e la pazzia, intorno a lui. Luci accecanti, sirene assordanti. Una torre in frantumi. Fiamme rosse al cielo. Uomini armati che prendevano posizione, tagliandogli la fuga. Mitragliatrici ancora in funzione su quelle torri, che spazzavano il cortile, in cerca di un fuggitivo, sulle sue tracce.

Come era potuto succedere? Come avevano fatto a sapere? Nessun essere vivente aveva il coraggio di tradirlo. Qualcuno doveva avere immaginato tutto, doveva essergli entrato nel cervello. Era impossibile. Non gli era mai successo prima di allora.

L’uomo chiamato Ben Fry era in piedi sulle macerie, a guardare il cielo notturno, in cerca della sua unica speranza.

La vide. Vide l’elicottero, l’Apache. Ne vide le luci, sospese sulla foresta, a neanche un chilometro.

«Forza! Forza!» gracchiò.

Era ancora presto per l’appuntamento, tutto era stato precisamente pianificato. Lui però non poteva stare lì, esposto in quel modo. Iniziò a correre nel cortile, verso i riflettori, rischiando di farsi colpire dalla mitragliatrice.

Le luci lo rendevano inquieto, le sirene gli foravano il cervello, le fiamme dei missili erano da ogni parte, intorno a lui. Ma l’uomo chiamato Ben Fry correva, con gli occhi rivolti in alto, verso l’Apache. Voleva che l’apparecchio si avvicinasse, che lo portassero via.

Il primo missile partì dal suolo mentre stava correndo. Lo osservò sconvolto, mentre procedeva diritto verso la sagoma nera sopra gli alberi, illuminando la foresta. Non colpì l’elicottero e si perse nel cielo. Il secondo seguì le tracce del primo e fallì.

L’uomo chiamato Ben Fry si affrettò. Vedeva l’elicottero che si girava, pronto ad allontanarsi. Lo lasciavano lì? Terrorizzato, vide un terzo missile partire e colpire i rotori del velivolo. Nella luce dell’esplosione, vide le pale che si accartocciavano, come le ali piegate di un insetto. Poi l’intero apparecchio esplose.

«Noooo!» urlò, con la voce coperta dalle sirene.

Era pietrificato, senza più risorse. L’Apache s’inclinò come un animale ferito e crollò al suolo con il muso in avanti, ma non si sentì il fragore dell’impatto. Le lingue di fuoco che salirono dagli alberi mutarono il colore del cielo da nero a rosso.

L’uomo chiamato Ben Fry rimase a bocca aperta, mentre l’elicottero moriva. Le luci dei riflettori s’incrociavano sopra di lui, le sirene gli perforavano la mente. Da tutte le direzioni arrivavano uomini armati. Eppure tutto per lui era ormai immobile, come se si trovasse sull’orlo di una valle sconfinata in cui niente viveva, si muoveva o cambiava, ma tutto continuava a esistere per sempre.

70

A circa cinquecento chilometri di distanza, al settimo piano di un edificio con il tetto rosso, nell’ufficio con la grande finestra ad arco sopra il traffico di mezzanotte in Market Street, Weiss si mosse appena nella penombra. Quando il telefono suonò, lo afferrò al volo.

«È finita», brontolò Ketchum.

«L’hanno preso? L’hanno preso?» A Weiss sembrò che la risposta non arrivasse mai, che il silenzio dall’altra parte lo uccidesse.

«C’è ancora confusione», disse infine Ketchum. «Non sono certi di che cosa sia successo. È molto difficile avere informazioni.»

«Vuoi dirmi che è fuggito? Come cazzo è potuto fuggire?»

«Sto dicendo che non lo so, Weiss. D’accordo, nessuno lo sa.»

«Merda.»

«Indossava un’uniforme delle guardie», continuò Ketchum. «Ha ucciso un sorvegliante per prendergliela. C’è una remota possibilità che si sia mischiato a loro, nella confusione. Potrebbe essere scivolato fuori.» Weiss non diceva niente e Ketchum aggiunse, con voce irritata: «Anche se così fosse, non andrebbe in nessun posto. Ci sono delle guardie morte e non vogliono lasciarselo sfuggire. Hanno cani ed elicotteri che setacciano la zona. Hai visto il posto. Ci sono solo alberi, rocce e merda. Dove cazzo potrebbe andare?»

«Che cosa mi dici di Pomeroy?» chiese Weiss.

«L’hai salvato, Weiss. È più morto che vivo dalla paura, ma Fry non ha fatto in tempo a toccarlo.»

«Non ha parlato?»

«No, Whip giura di non aver parlato. L’allarme è scattato appena in tempo.»

Il corpo di Weiss fu scosso da un sospiro di sollievo. Almeno quello era andato bene. Forse la cosa più importante. Ovunque l’uomo di nome Ben Fry fosse, non sapeva più di quanto sapesse prima. Non più di quello che sapeva Weiss.

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