Era troppo. Era veramente troppo. Chris si levò di nuovo e disse: «Alzati!»
«Dai Chris, dacci un taglio», disse Matt, cercando di minimizzare. «Sta solo scherzando.»
«Tu stanne fuori», incalzò Chris. «E tu, alza il culo.»
«Perché dovrei?» rispose Bishop con una cordialità irritante. «Sto ancora bevendo…»
Chris afferrò Bishop per la maglietta e lo fece alzare bruscamente. Ancor prima di essere in piedi, Bishop colpì Chris alla gola. Il pilota strabuzzò gli occhi, mentre il cappello volava via. Cadde al suolo, senza fiato.
Bishop tornò a sedersi. «… una fottuta birra», concluse.
Bevve un sorso mentre Chris, a terra, si alzava appoggiandosi su un ginocchio e una mano, mentre con l’altra si teneva la gola cercando di respirare, con la lingua fuori.
Matt accennò un’altra risata ma, vedendolo in quelle condizioni, tacque e si rivolse a Bishop.
«Cristo, Kennedy, l’hai colpito alla gola.»
«Davvero?» rispose Bishop, e bevve un altro sorso.
Al bancone, i due montanari avevano girato gli sgabelli per godersi la scena, che sembrava divertirli molto. Si scambiavano occhiate significative ed emettevano brevi suoni di approvazione. L’altro avventore si era defilato senza farsi notare e il gorilla di Hirschorn nascondeva ancora il sorriso dietro il bicchiere.
Il barista era un gigante con la testa pelata e una massa di muscoli coperti di tatuaggi. Anche lui osservava lo spettacolo, asciugando i bicchieri.
«Non fatemi venire di là, signorine», disse, sovrastando la musica con una profonda voce rauca e baritonale.
Chris era quasi riuscito a rialzarsi, appoggiandosi allo schienale della sedia. Bishop sorseggiava la birra con aria soddisfatta.
«Sai, Chris, ho una teoria», disse a voce alta. «La vuoi sapere? La mia teoria è che la mano dura con le donne ce l’hanno quelli con il cazzo moscio.» Guardò Chris con aria di complicità, mentre finalmente riusciva ad alzarsi. «Questa è la mia idea. Tu che ne pensi?»
Chris si massaggiò la gola, nel tentativo di normalizzare il respiro. «Maledetto figlio di puttana. Potevi ammazzarmi.»
«Certo, avrei potuto farlo due volte», rispose Bishop. «Una volta quando mi hai messo le mani addosso e la seconda quando eri a terra a fare quei versi patetici.»
A quelle parole, il barista rise di gusto, accompagnato dall’approvazione dei due montanari.
La faccia di Chris, già rossa per il colpo ricevuto, stava diventando viola di rabbia, ma l’uomo era ancora troppo debole per reagire. Puntò l’indice contro Bishop.
«Hai la lingua troppo lunga, bastardo», disse. «Faresti meglio a ricordare che ho degli amici in città. Se li chiamo, sono guai.»
Bishop scoprì i denti, senza voltarsi verso il gorilla nell’angolo. Sapeva che li stava guardando, che i suoi occhi brillavano. E sapeva che aveva sentito la stupida minaccia di Chris.
«Davvero?»
«Puoi scommetterci il culo», continuò Chris.
Bishop estrasse un quarto di dollaro dalla tasca dei jeans e lo lanciò a Chris. La monetina colpì l’uomo sul petto e cadde a terra.
«Chiamali, allora.»
«Okay, Kennedy», disse Matt. «Penso che possa bastare. Beviamoci sopra da buoni amici.»
Ma Bishop non aveva certo intenzione di smetterla. Non ancora, almeno. «Ma sì, che siamo amici», disse. «Io sono amico di tutti. Persino di un leccaculo, codardo, manesco pezzo di merda come lui.»
«Ehi, non male», rise il barista.
Chris si dimenticò della gola e delle sue condizioni: era troppo infuriato. «Fatti sotto», urlò rauco. «Vieni avanti adesso che non puoi prendermi di sorpresa, bastardo fottuto.»
«Bene», replicò Bishop calmo. «Vedo che sei pronto.»
«Fatti sotto e alzati. Combatti da uomo.»
Bishop sorseggiò ancora una volta la birra, mentre il corpo di Chris era scosso da tremiti di tensione e rabbia.
Appoggiò il bicchiere con studiata lentezza. «Combatto da uomo se ho un uomo davanti», disse.
Chris afferrò una sedia e la portò in alto, pronto a romperla in testa all’avversario. Ma si ritrovò ancora una volta a terra, mugolante e con la faccia insanguinata. Bishop si era alzato girando su se stesso e aveva parato il colpo con un braccio. Poi con il gomito aveva colpito pesantemente la bocca di Chris mentre lo spingeva all’indietro, per farlo cadere. Quando lo vide a terra, gli assestò un calcio nello stomaco.
«Quello deve avergli fatto male», aveva osservato uno dei montanari, scuotendo la testa.
«Cristo, amico», disse il terzo ragazzo. «Smettila ora.»
Bishop prese la birra e bevve senza sedersi.
Il barista si sporse sul bancone e disse: «Ehi, mister, penso che tu possa ritenerti soddisfatto».
Bishop annuì. «Lo sono.» Rimase in piedi di fianco a Chris, con la birra in mano. «Se devi dirmi qualcos’altro, sai dove trovarmi», aggiunse guardandolo.
Chris non rispose. Era piegato in due e si lamentava, tenendosi lo stomaco e sputando sangue. Bishop pensò che quel pezzo di merda avrebbe picchiato la moglie per rivalersi dell’essere stato umiliato. Se la sarebbe presa con lei, ma lui non poteva farci niente. Purtroppo questa era la situazione. Bishop doveva screditare Chris davanti al gorilla, doveva far sapere a Hirschorn che lui era meglio dell’altro. E così aveva fatto. Se poi Chris andava a casa a prendersela con Kathleen, erano problemi suoi, tanto peggio, o almeno così Bishop pensava.
Però… rimase ancora un momento a pensare a Kathleen e alle botte che probabilmente avrebbe preso. E sentì ancora quel calore aspro dentro. L’idea che quel bestione la picchiasse lo turbava più di quanto avrebbe voluto ammettere.
Girò il bicchiere e rovesciò la birra rimasta in faccia a Chris. «Buona serata», disse.
Mentre usciva dal Clover Leaf, lanciò un’ultima occhiata furtiva all’energumeno di Hirschorn. Era sempre nella medesima posizione, con il sorriso nascosto dietro il bourbon e gli occhi che sfavillavano.
«Non ci posso credere», borbottò l’ispettore Ketchum di malumore.
Weiss trasse un profondo respiro. «Aspetta e vedrai», replicò.
E così aspettarono, il piccolo nero tutto nervi che s’agitava accanto al massiccio Weiss. Si trovavano nel negozio di monete rare di Seymour Hinckel, a North Beach. Era un esercizio piccolo, piacevolmente in penombra, pieno di vetrinette da esposizione. Ogni tanto vi entrava qualche collezionista che si chinava a osservare le monete rare esposte sul velluto nero. Ma in quel momento era deserto, fatta eccezione per Ketchum e Weiss. E il proprietario, Seymour Hinckel, tondo di corpo quanto di testa. Calvo, occhialuto, mite nei modi e leggermente ansimante. Era eccitato di essere coinvolto in un’azione di polizia. Tutti e tre stavano guardando la strada attraverso la vetrina.
«Be’?» disse Ketchum. «Sono qui, no? Sto aspettando.»
Weiss annuì.
«E tu vuoi farmi credere che il tipo che ha ucciso Wally Spender sta per entrare da quella porta.»
«Esattamente.»
«Anche se si tratta di un parto della fantasia di Spender?»
Weiss si strinse nelle spalle. «È un’interfaccia.»
«Un’interfaccia?» incalzò Ketchum, scuotendo la testa. «Tutte stronzate.»
«Eccolo, sta arrivando», esclamò Seymour Hinckel in un soffio. Si agitò inutilmente dietro al banco, sistemando il calendario da una parte e il blocco delle ricevute dall’altra, per poi spostarli di nuovo. Weiss alzò il mento, in attesa, e Ketchum sbuffò; del resto sbuffava sempre per ogni cosa. Tutti e tre stavano osservando l’uomo che aveva assassinato Wally Spender.
Il killer era alto, vita stretta, spalle larghe, pelle color caffellatte. Era il classico bell’uomo arrogante, consapevole del suo aspetto. Lo si capiva dal modo in cui bighellonava per la via, lanciando occhiate indiscrete a ogni donna che procedeva in direzione contraria. Risaliva la strada sul marciapiede opposto al loro e, raggiunto l’angolo di una fila di case in stile vittoriano, scese dal marciapiede per attraversare senza badare alle auto, come se il traffico si dovesse arrestare per lasciar passare uno bello come lui.
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