«Anch’io. Dovevo diventare un chirurgo, ma mi hanno cacciata a pedate dopo che mi sono addormentata sul tavolo operatorio.»
«Posso immaginarti crollare a faccia in giù in un addome aperto. Nikki, dimmi, perché ti è successo tutto questo?»
«Non ne ho idea. Ma quegli uomini sapevano chi ero. Di questo sono certa.»
«Volevano forse droghe?»
«Tutto è possibile, suppongo. Ma, da quello che ricordo, penso volessero semplicemente me. Credo di averli sentiti chiamarsi per nome, ma non ricordo.»
Matt si alzò.
«Torno subito», dichiarò.
«Dove vai?»
«A telefonare alla polizia. Grimes vorrà sapere che sei sveglia e, finché non sapremo cosa c’è dietro questa storia, voglio un agente accanto alla tua porta.»
Nikki si strofinò gli occhi.
«Credo di aver chiacchierato già con il capo della polizia.»
«È vero, me lo ha detto.»
«Da ciò che ricordo, era molto cordiale.»
«Ecco spiegato l’arcano», sbottò Matt, ricordando improvvisamente la minaccia totalmente inadeguata e ben poco dissimulata fatta al pronto soccorso.
«Cosa?»
«Niente. Nikki, non abbiamo contattato la tua famiglia. Dammi il numero di telefono e chiamerò io tuo marito o i tuoi genitori o chiunque tu voglia.»
«Mio padre si sta riprendendo da un leggero colpo apoplettico, mia madre diventa isterica alla vista di un pettirosso che mangia un verme e i candidati a diventare mio marito sono ancora là fuori che combattono tra loro per la mia mano. Dato che con ogni probabilità ce la farò, perché non evitiamo di sconvolgere tutti? Oh, a parte il mio capo. Dovrei essere al lavoro.»
Matt si annotò il numero.
«Torno subito», annunciò con un deprecabile accento alla Schwarzenegger.
«Sei… molto… gentile», lo ringraziò.
Matt stava per rispondere, ma poi si rese conto che si era addormentata di nuovo e che respirava profondamente e regolarmente.
Quando Matt spiegò ciò che voleva, l’agente che aveva risposto alla stazione di polizia di Belinda gli passò Bill Grimes.
«Le ha detto cosa è successo?» chiese Grimes.
«Non le ho fatto molte domande. Volevo chiamare prima lei.»
«Non mi dica che è diventato ragionevole nei miei confronti.»
«Molto divertente. Ha detto che c’erano due uomini, uno grasso che indossava un abito da ufficio. L’altro atletico. Le dicono qualcosa?»
«Forse.»
«Ha anche detto che le hanno sparato.»
«E così quella sopra l’orecchio era proprio una ferita da pallottola.»
«Direi di sì.»
«Manderò lì qualcuno entro un’ora, e più tardi passerò per interrogarla.»
«D’accordo, ma con calma», disse Matt che avrebbe preferito dirgli di starsene alla larga da lei. «Ha avuto una grave commozione cerebrale.»
«Quanto a lungo dovrà restare in ospedale?»
«Non lo so per certo. Un paio di giorni, forse. Voglio che la veda il neurologo e, se lui ritenesse che una risonanza magnetica nucleare ci direbbe qualcosa di più della tomografia d’urgenza, dovrà fare anche quella.»
«Giusto. Uno dei miei sarà lì tra poco.»
«Ventiquattr’ore su ventiquattro, d’accordo?»
«Rutledge, lei faccia il suo lavoro e lasci fare a me il mio.»
«Nancy», chiese Matt alla sovrintendente delle infermiere, «è certa di non poter tenere la dottoressa Solari nell’unità di Terapia Intensiva più a lungo?»
«Matt, sa benissimo che camminerei sui carboni ardenti per lei», rispose Nancy Catlett, «ma abbiamo quattro casi critici nell’unità e tra poco arriverà su un caso di riparazione postoperatoria di aneurisma addominale. Non posso assolutamente giustificare la presenza di un paziente sveglio e vigile, nemmeno uno dei suoi.»
«Allora, una camera privata.»
«Questo dipende dalla sua assicurazione.»
«Lei me ne trovi una. Avremo un agente di guardia fuori dalla sua porta. Voglio che nella sua stanza entri solo chi è essenziale alle cure. Se avesse bisogno di disposizioni specifiche, le scriverò io. Se la sua assicurazione non coprisse la camera privata, lo farò io.»
«Non credo che si debba arrivare a tanto», commentò la Catlett. «Me se è così che lei cura tutti i suoi pazienti, cambio medico. Al mio ente di medicina preventiva non piace affatto pagare camere private.»
Matt fece un rapido giro dei suoi pazienti, quindi portò l’apparato per inserire il tubo nel torace e per drenare, i palloncini endovenosi, gli antibiotici e altre cose trafugate alla moto. Aveva la mente talmente piena di pensieri su Nikki e di domande concernenti l’aggressione che non riusciva a concentrarsi su molto altro. Quando tornò all’unità, le infermiere gli riferirono che Nikki aveva dormito da quando lui se ne era andato, svegliandosi e riaddormentandosi subito dopo ognuno dei due esami neurologici. Eppure, come entrò nella camera, lei gemette di contentezza e aprì gli occhi.
«Ben tornato», lo salutò, sbadigliando.
«Come facevi a sapere che ero qui?»
«A volte le cose le so, così.»
«Come va il mal di testa?»
«Hai mai visto Riverdance ?»
«Oh, oh. Posso farti dare del Tylenol, ma preferirei tenermi alla larga da qualcosa di più forte.»
«Il Tylenol andrà bene. Sono una dura.»
«Non occorre che cerchi di convincermene. La vigilanza della polizia è sistemata. Avevi ragione su Bill Grimes. Si sente protettivo nei tuoi confronti.»
«Spero che riesca a capire che c’è sotto tutta questa storia.»
«È un bravo poliziotto.» Quando vuole esserlo. «Senti, devo fare una visita a domicilio, ma resterò qui in giro fino all’arrivo dell’agente. Tu rimettiti a dormire. È la cosa più terapeutica che puoi fare al momento.»
«Tra un minuto. Ora sono ben sveglia. Puoi sederti per un po’? Mi sento un po’ come Dorothy quando, guardando fuori dalla finestra, scopre di non essere più nel Kansas.»
«Preferisco parlare con te che scrivere cartelle cliniche.»
«Grazie. Le infermiere mi hanno detto che hai studiato a Harvard.»
«Ho fatto il tirocinio pratico ospedaliero al White Memorial»
«Però! Io non sono stata accettata al loro programma chirurgico.»
«Chirurgia?»
«Ho fatto un anno di chirurgia al Metropolitan, poi sono passata a patologìa. Volevo che i miei pazienti giacessero immobili, veramente immobili mentre li operavo. Dove vivevi quando eri là?»
«Beacon Hill. La zona più povera. Boston mi piaceva molto, ma il mio cuore è sempre rimasto in queste montagne. Non vedevo l’ora di tornare.»
«Non è difficile capirlo. Questa zona è molto bella.»
«Solo quando non si è inseguiti da un paio di pazzi assassini. Posso chiederti una cosa?»
«Certo.»
«Riguarda il tuo tatuaggio.»
«Che vuoi sapere?» domandò, con un tono leggermente difensivo.
«Oh, niente. Volevo solo che tu sapessi che m’imbatto di continuo in piedi di medici con tatuaggi del mostro Gila.»
Nikki strinse gli occhi. Mi stai prendendo in giro? chiese con lo sguardo.
Matt cercò di salvare la situazione.
«Uh uh, scusami», esclamò. «Suonare insolente nel momento sbagliato è uno dei miei talenti meno piacevoli e mi caccia sempre nei guai. Mea culpa.» Tirò su la manica per mostrarle il suo tatuaggio. «Io sono per i biancospini.»
L’espressione di Nikki si addolcì.
«Un giorno o l’altro mi devi una storia», disse. «Ecco, vediamo. Mi sono fatta fare il tatuaggio alcuni anni fa. Alcuni dei miei amici musicisti si stavano facendo tatuare e avevo deciso di volerne uno anch’io. Ho scelto il dorso del piede, perché così potevo vederlo quando volevo, ma anche nasconderlo quando volevo. Avrei scelto un altro posto se avessi saputo quanto questo avrebbe avuto successo. In verità è solo un mezzo mostro Gila. La parte anteriore è una salamandra.»
Читать дальше