Premette un bottone.
Quasi direttamente sotto i piedi di Gray, qualcosa ululò di rabbia e di dolore, uscì dimenandosi dalle ombre della giungla ed entrò con passo furtivo nella radura. Era una delle iene mutanti. Doveva pesare almeno centocinquanta chili, tutti muscoli e denti. Emetteva un ringhio sommesso e aveva il pelo irto sulla schiena. Abbaiò e morse l’aria, annusando la gabbia e scoprendo i denti.
Gray si rese conto che per tutto quel tempo il mostro doveva averlo tenuto d’occhio da laggiù. Sospettava già che cosa sarebbe successo.
Accelerò, superando le ore dieci.
Godendosi il terrore della ragazzina e prolungando la crudeltà, Ischke gridò: «Skuld ha un chip nel cervello che ci consente di stimolare la sua sete di sangue».
Premette il bottone un’altra volta. La iena ululò e saltò verso la gabbia, scagliando in aria filamenti di bava, in preda a un’incontrollabile furia assassina.
Era così, dunque, che i Waalenberg controllavano i propri mostri: innesti radiocomandati.
Ancora una volta, avevano soggiogato la natura per i propri scopi.
«È tempo di saziare l’appetito della povera Skuld», ironizzò Ischke.
Gray non sarebbe mai arrivato in tempo, ma fece più presto che poté.
Ore undici.
Mancava così poco…
Ma era troppo tardi.
Ischke premette un altro bottone. Gray sentì un secco rumore metallico: guardò la botola che si apriva sotto i piedi di Fiona e la ragazza che cadeva verso la bestia famelica.
L’uomo stava per lasciarsi andare, per raggiungerla e proteggerla.
Ma Fiona aveva imparato dall’errore di Ryan. Era pronta. Mentre cadeva si aggrappò alle sbarre e rimase appesa. Skuld saltò, cercando di morderle le gambe. Fiona le sollevò e si tirò su con le braccia, così la bestia la mancò e ricadde tra gli arbusti, ululando per la frustrazione.
Arrampicandosi, Fiona si aggrappò all’esterno della gabbia come una scimmia ragno.
Ischke rideva, godendosi il macabro spettacolo. « Zeer goed, meisje. Che intraprendenza! Grootvader avrebbe potuto prendere in considerazione i tuoi geni per il suo repertorio. Ma purtroppo dovrai soddisfare Skuld.»
Ischke sollevò la pistola.
Gray si spostò sotto di lei, guardando attraverso le assi di legno.
«E ora finiamola…» borbottò la donna, in olandese.
Già, finiamola.
Gray si sollevò con le braccia e slanciò le gambe all’indietro, poi oscillò in avanti sino a portare le gambe sopra il ponte, come un ginnasta alla sbarra. Colpì Ischke al ventre, mentre la donna si sporgeva e puntava la pistola verso Fiona.
Mentre i talloni dell’uomo la colpivano, la pistola esplose un colpo.
Gray sentì il proiettile rimbalzare sul ferro.
Mancata.
Ischke cadde all’indietro, mentre Gray atterrava sull’assito e si alzava con una piroetta, pugnale alla mano. La donna era appoggiata su un ginocchio. La sua pistola era tra loro due.
Entrambi si avventarono sull’arma.
Nonostante il colpo subito, Ischke si rivelò estremamente veloce, come un serpente all’attacco. Fu lei a raggiungere la pistola per prima e ad afferrarla.
Gray le trapassò il polso con la lama del pugnale, che si piantò nell’assito. Lei urlò per la sorpresa, mentre le cadeva la pistola. Gray cercò di afferrarla, ma l’impugnatura rimbalzò sul legno mentre Ischke si dimenava, e l’arma volò giù.
La momentanea distrazione bastò alla donna per liberarsi il polso. Fece perno sull’altra mano e sferrò un calcio alla testa di Gray.
Lui tentò di schivare il colpo, ma lo stinco della donna lo colpì forte sulla spalla, come il paraurti di un’auto lanciata a tutta velocità. Gray si lasciò rotolare. Aveva preso una brutta botta. Quella donna era sorprendentemente forte.
Prima che potesse rialzarsi, lei gli si scagliò addosso, tentando di colpirlo e accecarlo con la punta della lama ancora infilata nel polso. Gray riuscì giusto in tempo a prenderle il braccio e torcerglielo; poi la trascinò verso il bordo del ponte e, senza fermarsi, rotolò giù assieme a lei.
Ma Gray aveva agganciato il ginocchio sinistro attorno a uno dei pali di sostegno. Il suo corpo si fermò di colpo, appeso per la gamba. Ischke si staccò da lui e continuò a cadere.
Appeso a testa in giù, Gray la vide precipitare, spezzando una serie di rami, per poi schiantarsi a terra.
Lui s’issò nuovamente sul ponte e rimase disteso. Incredulo, vide Ischke rimettersi in piedi, zoppicando, con una caviglia slogata e dolorante.
Un rumore accanto a lui lo fece trasalire.
Fiona aveva raggiunto il ponte, arrampicandosi su uno dei cavi cui era appesa la gabbia. Aveva approfittato della lotta per salire fino a lassù. Corse verso di lui, scuotendo la mano sinistra: dalla ferita che le aveva procurato Ischke scorreva ancora il sangue.
Gray guardò di nuovo in basso.
La donna lo fissava con uno sguardo assassino.
Ma non era sola nella radura.
Skuld si avventò su di lei da dietro, col muso basso nell’erba, come uno squalo, seguendo l’odore del sangue.
Le stava bene, pensò Gray.
Ma Ischke non fece altro che protendere il braccio sano verso la bestia. L’enorme iena si fermò di colpo, sollevò il muso grondante di bava e lo sfregò contro la mano della donna, come un pit bull feroce che salutava il suo violento padrone. Con gemiti e guaiti, si distese pancia a terra.
Ischke non aveva mai distolto lo sguardo da Gray.
Avanzò claudicante.
A qualche passo dalla donna, c’era la sua pistola in bella vista.
Gray prese Fiona per una spalla e la spinse in avanti. «Corri!»
La ragazzina non ebbe bisogno di essere incitata oltre: volava, spinta dalla paura e dall’adrenalina.
Fiona girò l’angolo tenendosi a uno dei piloni di sostegno, per non perdere l’equilibrio. Gray seguì il suo esempio. Mentre si metteva in salvo, una scintilla e un rimbalzo metallico accompagnarono un colpo d’arma da fuoco.
Ischke aveva trovato la sua pistola.
Ulteriormente spronati, corsero più veloci lungo il ponte diritto, distanziando la loro inseguitrice zoppa. Gray sperava che sarebbero stati al sicuro entro pochi istanti, mentre si avvicinavano a un bivio. La cautela vinse il panico.
Fece rallentare Fiona nei pressi dello stesso incrocio al quale si era fermato prima. I sentieri si dipartivano in ogni direzione. Da che parte? A quel punto era più che probabile che Ischke avesse dato l’allarme, a meno che la caduta non avesse distrutto la radio, ma non si poteva far affidamento su quello. Bisognava presumere che le guardie stessero già confluendo lì.
E Monk? Che cosa lasciava presagire la sparatoria che aveva attirato le guardie di Ischke? Era vivo o morto? Era stato catturato? C’erano troppe incognite. Gray aveva bisogno di un posto in cui nascondersi, per far raffreddare la sua pista.
Ma dove?
Guardò il sentiero che conduceva al palazzo.
Nessuno li avrebbe cercati lì. Forse poteva raggiungere una linea telefonica esterna e magari scoprire anche qualcosa di utile…
Ma era una vana speranza. Il palazzo era chiuso, come una fortezza.
Fiona capì cosa stava pensando. Lo tirò per un braccio ed estrasse qualcosa da una tasca. Sembravano due carte da gioco appese a una catenella. Gliele mostrò.
Non erano carte da gioco. Erano chiavi magnetiche.
«Le ho fregate a quella stronza glaciale», spiegò Fiona. «Così impara a farmi a fette.»
Gray prese le carte magnetiche e le esaminò. Ricordò che Monk aveva sgridato Fiona per non aver rubato le chiavi al direttore del museo, quando erano intrappolati nella cripta di Flimmler. Sembrava che la ragazza avesse imparato la lezione.
Esaminò ancora una volta il palazzo, scrutandolo con gli occhi semichiusi.
Grazie alla sua piccola borseggiatrice, aveva le chiavi del castello.
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