James Rollins - L'ordine del sole nero

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L'ordine del sole nero: краткое содержание, описание и аннотация

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IERI. Germania, 1945: in un bunker sotterraneo viene portato a termine un esperimento rivoluzionario…
OGGI. Nepal: in un remoto monastero un’ondata di follia si diffonde improvvisamente tra i monaci, che scrivono col sangue indecifrabili sequenze di rune celtiche e svastiche. Copenhagen: a un’asta di libri antichi ricompare la Bibbia appartenuta a Charles Darwin, un volume che cela la chiave di un mistero sconcertante. Sudafrica: l’ultimo segreto dei nazisti sta per riemergere dal profondo della giungla… Grayson Pierce e la Sigma Force sono di nuovo in azione.

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Fino a quel momento i loro travestimenti non erano stati messi alla prova.

Si era diffusa la voce che Gray e Fiona erano stati avvistati nella giungla. Tutte le uscite del palazzo erano bloccate e la pattuglia era ridotta all’osso. Quasi tutte le forze di sicurezza erano impegnate a setacciare la foresta e i confini della tenuta.

Purtroppo, però, la sicurezza non era così esigua da lasciare accessibile una linea telefonica esterna. Poco dopo aver utilizzato la chiave di Ischke per rientrare nel palazzo, Gray aveva provato alcuni telefoni, ma per accedere alla linea bisognava passare attraverso una rete codificata. Qualsiasi tentativo di telefonare li avrebbe smascherati.

Perciò avevano poche opzioni. Potevano nascondersi, ma a che scopo? Chi sapeva quando o se Monk avrebbe raggiunto il mondo civile? Quindi dovevano essere più intraprendenti. Il piano era procurarsi innanzitutto una piantina del palazzo, ma per farlo dovevano infiltrarsi nella postazione principale della sicurezza. Le loro uniche armi erano la pistola che portava Gray e un Taser che Fiona aveva in tasca.

Davanti a loro, alla fine del corridoio, una sentinella era appostata sulla balconata, di guardia all’entrata principale, con un fucile automatico. Gray si avvicinò all’uomo alto e corpulento, con palpebre pesanti che lo facevano apparire viscido e meschino. Gli fece un cenno e proseguì verso le scale, tallonato da Fiona.

Andò tutto bene.

Poi l’uomo disse qualcosa in olandese. Era oltre le capacità di comprensione di Gray, ma quelle parole suonavano sconce e terminarono in una bassa risata gutturale.

Girandosi per metà, Gray vide la guardia dare un pizzicotto sul sedere a Fiona, mentre con l’altra mano la prendeva per un braccio.

Mossa sbagliata.

Fiona si voltò verso l’uomo. «Vaffanculo, segaiolo.»

La gonna della ragazza gli sfiorò il ginocchio. Un lampo blu le attraversò la tasca e colpì la coscia dell’uomo. Il suo corpo s’inarcò, mentre emetteva un gorgoglio smorzato.

Gray lo afferrò prima che cadesse. Mentre era ancora in preda alle convulsioni tra le sue braccia, Gray lo trascinò dal pianerottolo a una delle stanze laterali. Lo lasciò cadere a terra, lo colpì in testa col calcio della pistola e cominciò a imbavagliarlo e legarlo. «Perché l’hai fatto?»

Fiona gli girò attorno e gli pizzicò il sedere, forte.

«Ehi!» esclamò lui, alzandosi e girandosi di scatto.

«Ti è piaciuto?» chiese Fiona.

Messaggio ricevuto. Comunque Gray l’avvertì: «Non posso continuare a legare questi bastardi».

Fiona si alzò con le braccia conserte. Lo sguardo, per quanto furente, era anche impaurito.

Lui non poteva biasimarla per il suo nervosismo. Si asciugò il sudore dalla fronte. Forse era meglio che si nascondessero, sperando che qualcuno li venisse a salvare.

La radio di Gray gracchiò. Qualcuno aveva notato la loro aggressione vicino alle scale? Cercò di dare un senso a quel garbuglio di suoni. «… ge’vangene… portare all’ingresso principale…»

Di quello che seguì, Gray capì ben poco, a parte la parola ge’vangene , prigioniero.

Poteva significare soltanto una cosa.

«Hanno catturato Monk…» bisbigliò, sentendosi raggelare. «Andiamo.» Dopo aver alleggerito la guardia del Taser, uscì dalla stanza.

Ritornarono verso le scale. Gray sussurrò il suo piano a Fiona mentre scendevano di corsa fino all’ingresso principale. L’atrio davanti a loro era sgombro.

Attraversarono il pavimento lucido, con l’eco dei loro passi che risuonava tutt’attorno. Le pareti erano ornate da trofei imbalsamati: la testa di un rinoceronte nero, specie in via d’estinzione, un imponente leone, con la criniera mangiata dalle falene, una fila di antilopi con corna di diverso tipo.

Quando raggiunsero l’ingresso, Fiona estrasse dalla tasca del grembiule uno spolverino di piume, che faceva parte del suo travestimento, e si portò a un lato della porta. Fucile alla mano, Gray si appostò dall’altra parte.

Non dovettero aspettare a lungo: fecero appena in tempo a mettersi in posizione.

Quante guardie avrebbero accompagnato Monk?

Almeno era vivo.

La saracinesca di metallo dell’entrata principale cominciò a sollevarsi rumorosamente. Gray si chinò per contare le gambe. Due guardie accompagnavano un prigioniero con la tuta bianca.

Gray si fece vedere, mentre la saracinesca finiva la sua corsa.

Le guardie lo scambiarono per una sentinella che sorvegliava la porta. Entrarono col prigioniero al seguito. Nessuno dei due notò che Gray aveva in mano un Taser, né che Fiona si avvicinava dall’altro lato.

L’attacco si concluse in un attimo.

Le due guardie si contorcevano sul tappeto, coi talloni che battevano a terra. Gray diede un calcio in testa a ciascuno, forse più forte di quanto avrebbe dovuto, ma la rabbia aveva preso il sopravvento.

Il prigioniero non era Monk.

«Chi è lei?» chiese Gray, mentre trascinava rapidamente la prima guardia verso un ripostiglio lì vicino.

La donna canuta usò il braccio libero per aiutare Fiona con la seconda guardia. Era più forte di quanto non sembrasse. Aveva il braccio sinistro bendato e appeso al collo con una fascia. Il suo profilo sinistro era devastato da brutti graffi, suturati e non ancora cicatrizzati.

Nonostante le recenti ferite, si rivolse a Gray con uno sguardo intenso e determinato. «Sono la dottoressa Marcia Fairfield.»

ore 12.25

La Jeep procedeva lentamente lungo il sentiero.

Al volante, il sovrintendente Gerald Kellog si asciugava la fronte sudata. Teneva tra le gambe una bottiglia di Birkenhead Premium Lager.

Nonostante la mattinata frenetica, Kellog non voleva rinunciare alle sue abitudini. D’altro canto, non c’era molto che potesse fare. Gli addetti alla sicurezza della tenuta dei Waalenberg l’avevano informato sommariamente degli eventi: una fuga. Il sovrintendente aveva già avvisato i ranger del parco e appostato uomini a tutti i cancelli. Aveva distribuito fotografie, faxate dalla tenuta Waalenberg. Bracconieri, armati e pericolosi. Quella era la copertura.

Finché non veniva comunicato un avvistamento, Kellog non aveva motivo per astenersi dalla sua consueta pausa pranzo di due ore, a casa. Il martedì era il giorno dell’arrosto di pernice con patate dolci. La Jeep attraversò la griglia di contenimento del bestiame ed entrò nel viale, fiancheggiato da basse siepi. In fondo c’era una casa a due piani, con modanature in stile coloniale, circondata da un terreno di proprietà di mezzo ettaro, una delle prerogative della posizione di sovrintendente. Uno staff di dieci persone si occupava della proprietà e del suo unico occupante. Il sovrintendente non aveva fretta di sposarsi.

Perché comprare una vacca quando si può avere il latte gratis?

In più, lui preferiva i frutti non ancora maturi.

Aveva una nuova ragazza in casa, la piccola Aina, un’undicenne nigeriana, nera come la pece, giusto come piacevano a lui, perché nascondevano meglio le botte. Non che dovesse rendere conto a qualcuno. Aveva un servitore swazi, Mxali, un bruto reclutato in prigione, che gestiva la casa con disciplina e terrore. Tutti i problemi venivano risolti rapidamente, quando era necessario. E i Waalenberg erano ben felici di aiutarlo a far scomparire eventuali seccatori. Che cosa ne fosse di loro dopo che venivano scaricati dall’elicottero alla tenuta Waalenberg, Gerald preferiva non saperlo. Ma aveva sentito qualche voce in proposito.

Sebbene fosse un caldo mezzogiorno, rabbrividì.

Meglio non fare troppe domande.

Parcheggiò l’auto all’ombra di un’acacia, scese e percorse a grandi passi il sentiero inghiaiato che conduceva alla porta laterale, da cui si accedeva alla cucina. Un paio di giardinieri stavano zappando un’aiuola. Quando Gerald passò, tennero gli occhi bassi, come era stato loro insegnato.

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