James Rollins - L'ordine del sole nero

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L'ordine del sole nero: краткое содержание, описание и аннотация

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IERI. Germania, 1945: in un bunker sotterraneo viene portato a termine un esperimento rivoluzionario…
OGGI. Nepal: in un remoto monastero un’ondata di follia si diffonde improvvisamente tra i monaci, che scrivono col sangue indecifrabili sequenze di rune celtiche e svastiche. Copenhagen: a un’asta di libri antichi ricompare la Bibbia appartenuta a Charles Darwin, un volume che cela la chiave di un mistero sconcertante. Sudafrica: l’ultimo segreto dei nazisti sta per riemergere dal profondo della giungla… Grayson Pierce e la Sigma Force sono di nuovo in azione.

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Gray sapeva che cosa intendeva, riusciva a leggere tra le righe. Ne avevano passate parecchie assieme, avevano visto i lati migliori e i lati peggiori l’uno dell’altra, eppure, nonostante la difficoltà di una relazione a distanza, nessuno dei due aveva voluto gettare la spugna. Anzi entrambi sapevano che era il momento di discutere del passo successivo.

Accorciare quella distanza.

Probabilmente era uno dei motivi per cui erano stati separati così a lungo dopo l’ultimo incontro: una specie di tacito accordo sul fatto che avevano bisogno di pensare. Era il momento di mettere le carte in tavola, decidere se andare avanti oppure no.

Ma lui ce l’aveva, una risposta? Amava Sara. Era pronto a trascorrere la vita con lei. Avevano parlato anche di avere figli. Eppure qualcosa lo turbava. Quasi gli procurava sollievo che l’appuntamento fosse rinviato. Non era una cosa banale, una semplice paura. Ma cos’era, allora?

Forse era meglio che parlassero davvero.

«Verrò a Roma, te lo prometto.»

«Ti prendo in parola. Terrò in caldo i vermicelli alla panna di zio Vittorio.» Gray sentì la tensione allentarsi nella sua voce. «Mi manchi. Noi…»

La frase fu interrotta dal suono stridente di un clacson.

Gray guardò giù in strada. Una persona stava attraversando di fretta due corsie, incurante del traffico: era una donna con una giacca di cachemire, un abito lungo fino alle caviglie e i capelli raccolti in uno chignon. Quasi non l’aveva riconosciuta, finché non la vide inveire contro l’automobilista che aveva suonato il clacson.

Fiona.

Che diavolo ci faceva lì?

«Gray?» disse Sara all’altro capo del telefono.

«Scusami, devo andare.» Riagganciò, mettendo in tasca il cellulare.

Giù in strada, Fiona corse verso la casa d’aste ed entrò. Gray si precipitò al computer. La microcamera riprese l’immagine della ragazza attraverso il vetro dell’ingresso. Stava discutendo col portiere. Infine, l’uomo in uniforme guardò un foglio che lei gli aveva cacciato in mano e, accigliato, le fece cenno di procedere.

Fiona gli passò davanti come un treno e scomparve. La microcamera si oscurò.

Gray guardò alternativamente lo schermo e la strada.

Logan non sarebbe stato contento. Nessuna azione avventata. D’altra parte, che cosa avrebbe fatto Painter Crowe, al suo posto?

Gray tornò in camera e si tolse i vestiti informali. L’abito elegante era disteso sul letto, pronto per ogni evenienza.

Painter sicuramente non sarebbe stato seduto tranquillo senza fare nulla.

Himalaya,

ore 22.22

«Dobbiamo restare calmi», disse Painter. «Resta seduta.»

Davanti a loro, le luci spettrali continuavano ad apparire e scomparire, fredde e silenziose, accendendo la cascata ghiacciata di una lucentezza sconvolgente. Nell’oscurità che seguiva, la grotta sembrava più fredda e più nera.

Lisa si avvicinò a lui. Gli prese la mano e la strinse forte. «Non c’è da meravigliarsi che non si siano dati pena di seguirci», sussurrò, ansimando per la paura. «Perché darci la caccia nella tormenta, quando non devono fare altro che accendere quelle dannate luci e irradiarci? A quelle non possiamo sfuggire.»

Painter si rese conto che aveva ragione. Una volta impazziti sarebbero stati indifesi. In un simile stato di follia il territorio insidioso e il gelo li avrebbero uccisi con la stessa infallibilità dei proiettili di un cecchino.

Ma lui si rifiutava di abbandonare la speranza.

Ci volevano diverse ore perché subentrasse la follia. Non le avrebbe sprecate. Se fossero riusciti a trovare aiuto in tempo, forse ci sarebbe stato un modo per neutralizzare gli effetti.

«Ce la faremo», replicò goffamente.

Non fece che irritarla di più. «Come?» chiese lei, guardandolo, mentre le luci esplodevano di nuovo, rivestendo la caverna della lucentezza di un diamante. Negli occhi di Lisa c’era meno terrore di quanto lui avesse immaginato. Aveva paura, giustamente, ma il suo sguardo conservava un certo splendore, anch’esso diamantino. «Non fare il paternalista con me.» Lisa sfilò la mano dalla sua. «È l’unica cosa che ti chiedo.»

Painter annuì. «Se per ucciderci contano sulle radiazioni, o qualsiasi cosa siano, forse non stanno sorvegliando molto bene le montagne. Ora che la tormenta è finita, possiamo…»

Una raffica di colpi spezzò il silenzio. Painter e Lisa si guardarono negli occhi. Sembrava vicina. A confermarlo, una gragnola di proiettili incrinò la cascata di ghiaccio. Painter e Lisa strisciarono all’indietro, verso il fondo della piccola grotta, gettando la coperta. Non avevano scampo.

Nel frattempo, Painter aveva notato anche qualcos’altro.

La luce non era svanita come prima. La cascata di ghiaccio era rimasta illuminata di quello splendore mortale. La luce era fissa e li inchiodava sul posto.

Una voce tuonò da un megafono: «Painter Crowe! Sappiamo che tu e quella donna vi nascondete lì!» Oltre al tono perentorio, aveva un timbro femminile e un accento straniero. «Venite fuori con le mani in alto!»

Painter strinse una spalla a Lisa, infondendole tutta la rassicurazione possibile. «Resta qui.»

Indicò i vestiti a terra, facendo cenno a Lisa di indossarli. S’infilò gli stivali, poi raggiunse la fessura nel ghiaccio e sporse la testa.

Come era consueto a quelle altitudini, la tormenta si era dispersa con la stessa rapidità con cui era arrivata. Il cielo nero era punteggiato di stelle. La Via Lattea sovrastava la vallata gelida, scolpita nella neve e nel ghiaccio e chiazzata da veli di nebbia ghiacciata.

Più vicino, un riflettore penetrava l’oscurità, con un fascio di luce puntato sulla cascata di ghiaccio. A cinquanta metri di distanza, su un costone più basso, una figura indistinta nell’ombra sedeva cavalcioni su una motoslitta, controllando il riflettore. Era soltanto una normale lampada, forse allo xeno, a giudicare dall’intensità e dalla colorazione bluastra.

Non era una misteriosa luce spettrale.

Painter provò un grande sollievo. Era quella la luce che avevano visto per tutto quel tempo, mentre i veicoli si avvicinavano? Ne contò cinque. Contò anche una ventina di sagome sparpagliate lì attorno, abbigliate con parka bianchi. Erano tutte armate di fucile.

Non avendo altra scelta, ed essendo anche estremamente curioso, Painter alzò le mani e uscì dalla grotta. L’uomo più vicino, un bestione, mosse qualche passo verso di lui, col fucile puntato. Un piccolo raggio di luce trovò il petto di Painter: era un mirino laser.

Disarmato, Painter non poteva fare altro che tener duro. Valutò le sue chance di sottrarre il fucile a quell’uomo.

Molto scarse.

Lo guardò negli occhi.

Uno era di un blu glaciale, l’altro bianco come la neve.

Era l’assassino del monastero.

Ricordò la forza assurda di quell’uomo. In effetti, le sue possibilità erano molto scarse. E poi, considerato il numero di uomini presenti, che cosa avrebbe fatto anche se ci fosse riuscito?

Da dietro le spalle dell’uomo emerse un’altra persona. Una donna. Forse era la stessa che aveva usato il megafono un attimo prima. Allungò una mano e, con un solo dito, abbassò il fucile dell’assassino. Painter si chiese se esistesse un uomo con una forza sufficiente per fare altrettanto.

Mentre la donna avanzava verso di lui sotto la luce del riflettore, Painter la studiò. Doveva avere fra i trentacinque e i quarant’anni. Capelli neri a caschetto, occhi verdi. Indossava un pesante parka bianco col cappuccio imbottito di pelliccia. I vestiti lasciavano intuire ben poco delle sue forme, ma sembrava slanciata e si muoveva in modo aggraziato e dinamico.

«Dottoressa Anna Sporrenberg», disse, tendendo la mano.

Painter fissò il guanto della donna. Se l’avesse trascinata verso di sé, stringendole un braccio attorno al collo, cercando di usarla come ostaggio…

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