Jeff Lindsay - Il nostro caro Dexter

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Il nostro caro Dexter: краткое содержание, описание и аннотация

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Collaboratore della scientifica di Miami, oltre che uomo affascinante e spiritoso, Dexter sente continuamente l’istinto irrefrenabile a uccidere che sfoga soltanto su chi, a suo parere, se lo merita: assassini, pedofili, stupratori. Finora è giunto al quarantesimo omicidio senza destare alcun sospetto, però adesso un collega sta iniziando a fiutare qualcosa. Per non farsi smascherare, Dexter decide di recitare per un po’ la parte del bravo poliziotto e del fidanzato perfetto, dedicando molto tempo alla nuova fiamma e ai due bambini di lei. Per quanto tempo riuscirà a tenere a freno il suo alter ego? Mentre cerca di depistare il collega, viene coinvolto dalla sorellastra Debbie, agente della Omicidi, nel caso di un sadico serial killer che uccide secondo rituali affini ai suoi, mutilando con precisione chirurgica le proprie vittime, lasciandone alcune vive e spaventosamente traumatizzate. L’appetito di Dexter viene stuzzicato, ma deve essere tenuto sotto controllo finché c’è in giro la sua nemesi, il tenace Doakes, che però all’improvviso scompare. È ora di mettersi sulle tracce di quel misterioso chirurgo e di far agire il Passeggero, a meno che non sia la preda ora a braccare il cacciatore…

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«Oggi non ho ricevuto invito migliore», risposi.

Trovai le mie scarpe in garage accanto alla lavatrice, assieme a un paio di pantaloncini e a una maglietta senza maniche, lavati e pronti all’uso. Andai in bagno a cambiarmi e lasciai i miei abiti da lavoro ben piegati sul water. Dopo pochi minuti io e Rita correvamo insieme intorno all’isolato. Quando passammo davanti al sergente Doakes, lo salutai. Al fondo della strada svoltammo a destra e poi girammo intorno al parco lì vicino. Non era la prima volta che correvamo insieme, avevamo calcolato che il percorso era lungo quasi cinque chilometri e ognuno si era abituato al ritmo dell’altro. Così, circa mezz’ora più tardi, ci ritrovammo davanti alla porta della casa di Rita, sudati e ancora una volta desiderosi di scoprire ciò che ci riservava un’altra serata di vita sul Pianeta Terra.

«Se non ti spiace, faccio la doccia per prima», disse lei. «Così mentre ti lavi posso preparare la cena.»

«Come no», risposi. «Nel frattempo resto qui fuori a gocciolare.»

Rita sorrise. «Ti offro una birra», disse. Me la portò dopo poco, poi rientrò e chiuse la porta. Gli ultimi giorni erano stati caotici e avevano sconvolto le mie abitudini, tanto che apprezzai quel momento di pura contemplazione, seduto tranquillo a bere una birra mentre da qualche parte in città Chutsky si stava sbarazzando delle parti superflue. La vita mi turbinava attorno e con essa gli strangolamenti, le coltellate, gli smembramenti, ma nel Dominio di Dexter era arrivato il Momento Miller. Sollevai la lattina alla salute del sergente Doakes.

Da qualche parte in casa sentii del trambusto. Strilli e urla, neanche Rita avesse scoperto i Beatles chiusi nel suo bagno. Poi la porta d’ingresso si spalancò e Rita mi afferrò per il collo rischiando di strozzarmi. Lasciai cadere la birra e ansimai in cerca d’ossigeno. «Cosa? Cos’ho fatto?» domandai. Dentro c’erano Astor e Cody che guardavano la scena. «Mi dispiace davvero, non succederà più», aggiunsi, ma Rita continuava a stringere.

«Oh, Dexter», mormorò tra le lacrime.

Astor mi sorrise, con le mani giunte sotto il mento. Cody si limitava a guardare e annuire.

«Oh, Dexter», ripeté Rita.

«Per favore», dissi, lottando disperatamente per avere un po’ d’aria, «giuro che è stato un incidente e che non è stata colpa mia. Che cosa ho fatto?»

Finalmente Rita rallentò la sua stretta mortale. «Oh, Dexter», disse una terza volta, accarezzandomi la faccia e sorridendo radiosa tra le lacrime. «Oh, proprio tu !» esclamò, anche se per la verità in quel momento non mi sentivo così me stesso. «Mi spiace, non l’ho fatto apposta», fece, stavolta tirando su col naso. «Spero che tu non avessi organizzato niente di speciale.»

«Rita. Per piacere. Che cosa succede?»

Il suo sorriso si fece sempre più grande. «Oh, Dexter. Davvero io… era solo… Astor aveva bisogno di usare il water e quando ha spostato i tuoi vestiti, è caduto per terra e… Oh, Dexter, è bellissimo!» Ormai aveva detto così tante volte «Oh, Dexter» che cominciavo a credere di essere irlandese, ma continuavo a non capire che cosa stesse capitando.

Poi Rita alzò la mano. La sinistra. Che ora portava all’anulare un enorme anello di diamanti.

L’anello di Chutsky.

«Oh, Dexter», ripeté di nuovo e poi nascose la testa sulla mia spalla. «Sì sì sì! Oh, mi hai resa così felice!»

«Bene», fece Cody sottovoce.

Dopo quello, che altro si può dire, se non fare le congratulazioni?

Il resto della serata trascorse tra momenti di incredula confusione e la Miller Light. Sapevo molto bene che per riportare Rita a terra sarebbe bastato usare la logica e trovare le parole adatte per farle capire che a dire il vero la mia non era una proposta. Così ci saremmo fatti entrambi una risata e augurati la buona notte. Eppure, più mi sforzavo di trovare quella frase, meno mi veniva in mente. Mi sorpresi a pensare che forse un’altra birra mi avrebbe spalancato le porte della percezione. Dopo l’ennesima lattina Rita scese al negozio all’angolo e comprò una bottiglia di champagne. Lo bevemmo e fummo tutti e due così allegri che a una cosa ne seguì un’altra e non so come finii di nuovo nel suo letto, testimone di fatti incredibilmente improbabili e indecenti.

Di nuovo, mentre scivolavo in un sonno incredulo e stordito, mi sorpresi a domandarmi: Perché queste cose terribili capitano sempre a me?

Non è mai molto piacevole svegliarsi dopo una notte del genere. Ma svegliarsi nel mezzo della notte pensando: Oddio… Deborah! è ancora peggio. Potreste pensare che mi sentissi in colpa o che mi preoccupassi per aver abbandonato qualcuno che dipendeva da me. Niente di più sbagliato. Come ho già detto, io non provo emozioni. Però conosco la paura e l’idea della possibile arrabbiatura di Deborah mi fece scattare.

Mi vestii rapidamente e riuscii a saltare in macchina senza svegliare nessuno. Il sergente Doakes non era più al suo posto dall’altra parte della strada. Era bello sapere che anche lui, ogni tanto, doveva dormire. O forse aveva pensato che due fidanzati novelli avessero bisogno di un po’ di intimità. In realtà, conoscendolo, ne dubitavo fortemente. Era più probabile che l’avessero eletto papa e fosse in viaggio per il Vaticano.

Tornai velocemente a casa e controllai la segreteria. C’era un messaggio automatico che insisteva per farmi comprare un nuovo set di pneumatici prima che fosse troppo tardi, cosa che trovai decisamente di cattivo gusto, ma non c’erano messaggi di Deb. Mi preparai il caffè e aspettai il rumore del giornale poggiato contro la porta. Quel mattino mi sembrava tutto così surreale… e non solo per i postumi dello champagne. Dunque ero fidanzato. Buono a sapersi. Avrei voluto prendermela con me stesso e chiedermi spiegazioni. Ma la verità era che, purtroppo, non avevo fatto niente di male: ero ammantato di virtù e di zelo. E poi non avevo fatto nulla di vistosamente stupido, anzi. Avevo condotto una vita nobile ed esemplare: mi ero preoccupato di me, ma avevo anche cercato di aiutare mia sorella a salvare il fidanzato, avevo fatto esercizio fisico e mangiato tonnellate di verdure e per giunta non avevo fatto nessun mostro a pezzettini. Però, non so come, questo comportamento gentile e irreprensibile mi si era ritorto contro e mi aveva azzannato le chiappe. Le buone azioni non restano mai impunite, diceva sempre Harry.

E adesso che cosa mi restava da fare? Di sicuro Rita sarebbe tornata in sé. Dico sul serio: perché io ? A chi poteva venire in mente di sposare proprio me ? Dovevano esserci alternative migliori, tipo farsi suora o fare la volontaria nel Terzo Mondo. Voglio dire, stiamo parlando di Dexter. In una città grande come Miami, possibile che non riuscisse a trovare qualcuno che fosse almeno umano? E poi cos’era questa fretta di risposarsi a tutti i costi? Nonostante il primo tentativo fosse andato malissimo, sembrava che Rita volesse provarci un’altra volta. Possibile che le donne siano così affamate di matrimonio?

Naturalmente bisognava pensare ai bambini. Il buon senso diceva che avevano bisogno di un padre. In effetti qualcosa di vero doveva esserci, altrimenti chi sarei diventato io senza Harry? Astor e Cody mi erano sembrati molto contenti. Anche se avessi spiegato a Rita che c’era stato un buffo equivoco, i ragazzi avrebbero capito?

Ero alla seconda tazza di caffè, quando arrivò il giornale. Diedi un’occhiata alle prime pagine e scoprii con sollievo che praticamente ovunque capitavano cose brutte. Almeno il resto del mondo non era impazzito.

Alle sette pensai che fosse opportuno chiamare Deborah sul cellulare. Non rispose. Lasciai un messaggio e dopo un quarto d’ora lei mi richiamò.

«Buon giorno, sorellina», dissi e mi stupii di come riuscissi ad apparire allegro. «Hai dormito?»

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