Jeff Lindsay - Il nostro caro Dexter

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Il nostro caro Dexter: краткое содержание, описание и аннотация

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Collaboratore della scientifica di Miami, oltre che uomo affascinante e spiritoso, Dexter sente continuamente l’istinto irrefrenabile a uccidere che sfoga soltanto su chi, a suo parere, se lo merita: assassini, pedofili, stupratori. Finora è giunto al quarantesimo omicidio senza destare alcun sospetto, però adesso un collega sta iniziando a fiutare qualcosa. Per non farsi smascherare, Dexter decide di recitare per un po’ la parte del bravo poliziotto e del fidanzato perfetto, dedicando molto tempo alla nuova fiamma e ai due bambini di lei. Per quanto tempo riuscirà a tenere a freno il suo alter ego? Mentre cerca di depistare il collega, viene coinvolto dalla sorellastra Debbie, agente della Omicidi, nel caso di un sadico serial killer che uccide secondo rituali affini ai suoi, mutilando con precisione chirurgica le proprie vittime, lasciandone alcune vive e spaventosamente traumatizzate. L’appetito di Dexter viene stuzzicato, ma deve essere tenuto sotto controllo finché c’è in giro la sua nemesi, il tenace Doakes, che però all’improvviso scompare. È ora di mettersi sulle tracce di quel misterioso chirurgo e di far agire il Passeggero, a meno che non sia la preda ora a braccare il cacciatore…

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Chutsky diede un colpetto sul tavolo con la mano, si guardò intorno con un gran sorriso felice e disse: «Grazie a tutti per la vostra collaborazione. È molto importante che questa storia resti sotto silenzio affinché i miei uomini possano agire».

Il capitano Matthews si schiarì la gola. «Eh. Io… uh… immagino che lei vorrà che proseguiamo con la nostra routine investigativa e… uh… a interrogare i testimoni eccetera.»

Chutsky scosse lentamente il capo. «No. Ho bisogno che i suoi escano di scena seduta stante. Voglio che l’intera faccenda si sgonfi e cessi di esistere, che scompaia… Per quanto riguarda il suo distretto, capitano, voglio che non sia successo nulla.»

«Ha intenzione di subentrare lei nelle indagini?» chiese Deborah.

Chutsky la guardò e il suo sorriso si allargò ancora di più. «Esatto», rispose. E forse avrebbe continuato a sorriderle all’infinito se non fosse stato per l’agente Coronel, il poliziotto che sedeva sul porticato accanto alla signora in preda al vomito e alle lacrime, il quale si intromise: «Okay, aspetti un attimo», e nella sua voce si colse una certa dose di ostilità che ne rese più evidente il lieve accento ispanico. Chutsky si voltò a guardarlo senza smettere di sorridere. Coronel sembrava intimorito, tuttavia non abbassò lo sguardo. «Sta per caso cercando di impedirci di fare il nostro lavoro?»

«Il vostro lavoro consiste nel proteggere e servire», ribatté Chutsky. «In questo caso, dunque, proteggete l’informazione e servite me.»

«Stronzate», obiettò Coronel.

«Stronzate o no», gli spiegò Chutsky, «è tuo dovere obbedire.»

«Chi cazzo sei tu per parlarmi così?»

Il capitano Matthews tamburellò sul tavolo con le dita. «Adesso basta, Coronel. Il signor Chutsky viene da Washington e ho avuto ordine di prestargli ogni genere di assistenza.»

L’agente scosse il capo. «Non è neanche un dannato federale», commentò.

Chutsky si limitò a sorridere.

Il capitano Matthews inspirò profondamente come per dire qualcosa, ma Doakes girò appena la testa verso Coronel e ordinò: «Chiudi il becco».

Il poliziotto lo fissò e gli passò immediatamente la voglia di discutere.

«Non perdere tempo con le stronzate», continuò Doakes. «Lascia che se ne occupino loro.»

«Non è giusto», ribatté Coronel.

«Lascia perdere», insisté.

Il poliziotto era sul punto di aggiungere qualcosa, Doakes però alzò le sopracciglia, e di riflesso, vista la faccia che ci stava sotto, Coronel decise davvero di lasciar perdere.

Il capitano Matthews si schiarì di nuovo la voce e tentò di riprendere il controllo della situazione. «Altre domande? Allora d’accordo… signor Chutsky. Se c’è altro che possiamo fare per lei…»

«In effetti, capitano, le sarei grato se potessi prendere a prestito uno dei suoi detective come ufficiale di collegamento. Qualcuno che mi dia qualche dritta per orientarmi e metta i puntini sulle i, per esempio…»

Tutte le facce intorno al tavolo si girarono all’unisono in direzione di Doakes, eccetto quella di Chutsky che si voltò al suo fianco, dalla parte di Deborah, e fece: «Che gliene pare, detective?»

9

Devo ammettere che il colpo di scena finale alla riunione col capitano Matthews mi colse di sprovvista, ma almeno ora avevo capito perché tutti si comportavano come topolini chiusi nella gabbia del leone. Nessuno ama che i federali si intromettano nella risoluzione di un caso; quando lo fanno, l’unica rivincita possibile è complicare loro le cose. Ma Chutsky sembrava uno che andava giù talmente duro da negarci persino questa piccola gioia.

Il mistero più grande rimaneva per me quello dell’incredibile rossore di Deborah, comunque non era un mio problema. Quello vero, invece, d’un tratto cominciò a chiarirsi. Penserete che Dexter non sia troppo sveglio dal momento che non era riuscito a mettere subito a fuoco la faccenda ma, quando si accese la lampadina, mi sarei dato una botta in testa. Forse erano state le birre a casa di Rita a rincoglionirmi.

Ovviamente la visita da Washington era stata evocata dalla nemesi personale di Dexter, il sergente Doakes. Si vociferava che il suo servizio nell’esercito non fosse stato troppo regolare e cominciavo a crederci. Dinanzi alla cosa sul tavolo le sue reazioni non erano state spavento, indignazione, rabbia o disgusto, ma qualcosa di molto più interessante: riconoscimento. Già sulla scena del delitto aveva spiegato al capitano Matthews di che cosa si trattava e con chi parlarne. E per questo era arrivato Chutsky. Dunque avevo ragione a pensare che Chutsky e Doakes si fossero riconosciuti durante la riunione; perché tutto quello che sapeva Doakes in merito alla vicenda, lo sapeva anche Chutsky, se non molto di più, ed era venuto per mettere le cose a tacere. E se Doakes ne era al corrente, doveva esserci un modo per usare questa storia contro di lui, in modo da togliere le catene al povero Detenuto Dexter.

Era una brillante sequenza di pure deduzioni; accolsi con gioia il ritorno del mio straordinario cervello e immaginai di darmi un buffetto sulla testa. E bravo il nostro Dexter. Arf arf.

Fa sempre piacere vedere che talvolta le sinapsi funzionano in modo da giustificare l’opinione che hai di te. Stavolta però c’era in gioco qualcosa di più dell’autostima di Dexter. Se Doakes aveva qualcosa da nascondere, io ero sul punto di tornare in affari.

Il Defilato Dexter è bravo in molte cose; e alcune possono essere fatte legalmente, alla luce del giorno. Una di queste consiste nell’usare un computer per ricavare informazioni. È un’abilità che ho sviluppato per togliermi ogni dubbio sui nuovi amichetti come MacGregor e Reiker. Per evitare la sgradevole sensazione di far fuori la persona sbagliata, amo mettere i miei compagni di gioco di fronte alle prove dei loro passati misfatti, prima di spedirli nel mondo dei sogni. Il computer e Internet sono i mezzi ideali per trovare quella roba.

Dunque se Doakes aveva qualcosa da nascondere, ero certo che l’avrei scovato, mi bastava anche un misero filo a cui attaccarmi e sarebbe venuto fuori il suo tenebroso passato. Conoscendolo, ero abbastanza certo che si sarebbe trattato di qualcosa di disturbato e dexteriano. Forse ero stato ingenuo a credere di poter usare queste ipotetiche informazioni per allontanarlo da me, ma pensai che potesse essere un’ottima occasione. Non l’avrei affrontato direttamente chiedendogli di lasciar stare tutto eccetera: con uno come Doakes non sarebbe stato molto saggio. Inoltre, si sarebbe trattato di un ricatto, e mi avevano spiegato che era una brutta cosa. Comunque l’informazione è potere e io avrei sicuramente trovato un modo per utilizzare ciò che avrei scoperto, un modo per dare al sergente qualcosa di cui occuparsi, smettendo di pedinare Dexter e interferire nella sua Crociata Morale. Un uomo che scopre che i suoi pantaloni vanno a fuoco non ha molto tempo per interessarsi dei fiammiferi altrui.

Uscii dall’ufficio del capitano con il sorriso sulle labbra, tornai al mio minuscolo cubicolo al laboratorio analisi e mi misi al lavoro.

Poche ore più tardi avevo in mano tutto quello che si poteva trovare. Il dossier sul sergente Doakes era stranamente poco dettagliato. Ma quel poco bastò a lasciarmi senza fiato: Doakes aveva un nome! Si chiamava Albert… Qualcuno si era mai rivolto a lui in quel modo? Incredibile. E io che pensavo si chiamasse Sergente. E c’era anche un luogo di nascita: Waycross, in Georgia. Non smettevo di stupirmi. Ma c’era di più e di meglio: prima di arrivare al distretto, il sergente Doakes era stato… il sergente Doakes! Nell’esercito, niente meno che nelle Special Forces!

L’ultima cosa che mi sarei immaginato era Doakes con uno di quei berretti verdi in testa che marciava fianco a fianco con John Wayne. Mi veniva da canticchiare una marcetta militare.

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