Janet Evanovich - Cacciatrice di taglie

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Cacciatrice di taglie: краткое содержание, описание и аннотация

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Stephanie Plum fa la cacciatrice di taglie per un’agenzia del New Jersey. Il suo compito è ritrovare il misterioso Ranger, sospettato di aver ucciso il figlio di un boss del traffico d’armi. Ma Ranger è anche l’uomo che ha insegnato a Stephanie tutto quello che sa del suo mestiere e che esercita su di lei un fascino pericoloso. E la cattura di Ranger non è l’unico pensiero che non la fa dormire di notte. La spassosa nonna Mazur si è trasferita da lei, un amico le ha affidato un cane bulimico, l’intimità con il fidanzato Joe Morelli è diventata impossibile, Stephanie deve più volte dissuadere dal suicidio un’amica e un maniaco tenta di ucciderla.

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Oh, santo cielo. «Immagino che tu non sappia quale auto stesse guidando?»

«Una Porsche argentata. L’auto di Cynthia Lotte.»

E questo probabilmente spiegava la morte di Cynthia.

«Perché fai quella faccia?» domandò Joe.

«Perché mi sento in colpa. In qualche modo ho aiutato Cynthia a riprendersi quell’auto dal garage in cui Homer l’aveva lasciata.»

Raccontai a Morelli di come Cynthia fosse arrivata mentre Lula e io eravamo a casa di Hannibal, di come rivolesse l’auto, e di come questo comportasse tirare fuori il tizio morto da lì dentro. Quando ebbi finito Joe rimase seduto in silenzio, stupefatto.

«Sai una cosa? Quando sei un poliziotto arrivi a un punto in cui credi di aver sentito e visto tutto» disse alla fine. «Pensi che niente possa più sorprenderti. E poi arrivi tu e le cose cambiano completamente.»

Presi un’altra fetta di pizza e pensai che a questo punto, molto probabilmente, la conversazione sarebbe degenerata.

«Non occorre che ti faccia notare che tu hai manomesso la scena del delitto» disse.

Già. Avevo ragione. Stava decisamente degenerando.

«E probabilmente non devo neppure farti notare che hai occultato una prova in un’indagine per omicidio.»

Annuii.

«Ma, per l’amor del cielo, che cosa diavolo credevi di fare?» gridò.

Tutti si voltarono a guardarci.

«Non potevo far niente per fermarla» dissi. «Perciò l’unica via d’uscita sembrava aiutarla.»

«Potevi semplicemente andartene. Infilare la porta e andare via. Non era necessario che tu la aiutassi. Io credevo che tu avessi semplicemente sollevato il morto da terra. Non immaginavo che lo avessi tirato fuori da un’auto!»

La gente ci fissava ancora.

«Troveranno le tue impronte su tutta la macchina» proseguì.

«Lula e io indossavamo dei guanti.» Le due imbranate si erano fatte furbe.

«Una volta non volevo sposarti perché temevo che tu rimanessi a casa a preoccuparti per me. Adesso non ti voglio sposare perché non so se potrei sopportare la fatica di averti per moglie.»

«Tutto questo non sarebbe mai successo se tu o Ranger aveste avuto fiducia in me. Prima mi viene chiesto di collaborare alle indagini, e poi vengo messa da parte. È tutta colpa vostra.»

Morelli strinse gli occhi.

«Be’, non proprio tutta colpa vostra.»

«Devo tornare al lavoro» disse Joe, chiedendo il conto. «Promettimi che andrai a casa e rimarrai lì. Promettimi che ci andrai, chiuderai la porta a chiave e non uscirai fino a che le cose non si saranno sistemate. Alexander deve tornare in Grecia in aereo domani. Pensiamo che questo significhi che Homer partirà questa notte e crediamo di sapere in che modo lo farà.»

«In nave.»

«Già. C’è una nave da carico che salpa da Newark diretta in Grecia. Homer è un debole: se riusciamo ad accusarlo di omicidio ci sono buone possibilità che cerchi di trattare e ci consegni Alexander e Stolle.»

«Caspita, in un certo senso Alexander cominciava a piacermi.»

Joe fece una smorfia.

«D’accordo» dissi «vado a casa e rimango lì.»

Quel pomeriggio non avevo comunque niente da fare e non avevo nessuna voglia di dare ad Habib e a Mitchell un’altra occasione di rapirmi e di tagliarmi via le dita una a una. Chiudermi a chiave nel mio appartamento era in effetti un’idea allettante. Potevo riordinare un po’ e guardare qualche stupido programma in televisione, e schiacciare un pisolino.

«La tua borsa è a casa mia» disse Morelli. «Non ho pensato di portarla con me al lavoro. Ti serve la chiave del tuo appartamento?»

Annuii. «Sì.»

La estrasse dal portachiavi e me la consegnò.

Il parcheggio non era molto affollato. A quell’ora del giorno gli anziani erano andati a fare spese o ad approfittare del servizio sanitario pubblico; la cosa era perfetta per me perché avevo un sacco di spazio per parcheggiare. Non c’erano auto estranee, e non mi sembrava che ci fosse nessuno nascosto tra i cespugli. Lasciai la macchina vicino alla porta e tirai fuori dalla tasca della giacca la Glock. Rapidamente entrai nel palazzo e salii le scale. Il corridoio del secondo piano era vuoto e silenzioso. La porta era chiusa a chiave. Entrambi ottimi segni. Avevo ancora la pistola in pugno quando aprii e feci un passo nell’ingresso.

L’appartamento sembrava esattamente come lo avevo lasciato. Mi chiusi la porta alle spalle, ma non con la serratura di sicurezza, nel caso in cui fossi dovuta scappare velocemente. Poi andai di stanza in stanza per assicurarmi che tutto fosse tranquillo.

Dal soggiorno passai in bagno. E quando fui lì un uomo uscì dalla camera da letto e mi puntò contro una pistola. Era di statura media e di media costituzione, più magro e più giovane di Hannibal Ramos, ma la somiglianza era evidente. Era un bell’uomo, ma di una bellezza sciupata dalle tracce di una vita dissoluta. Un mese intero in qualche centro di recupero non avrebbe minimamente risolto i suoi problemi.

«Homer Ramos?»

«In persona.»

Entrambi avevamo le pistole puntate, distanti poco più di tre metri l’uno dall’altra.

«Getta la pistola» ordinai.

Lui mi sorrise senza alcun divertimento. «Vieni a costringermi.»

Ottimo. «Getta la pistola o ti sparo.»

«D’accordo, sparami. Avanti.»

Guardai la Glock. Era una semiautomatica e di solito io avevo un revolver. Non avevo alcuna idea di come si usasse una semiautomatica. Sapevo che avrei dovuto tirare indietro qualcosa. Premetti un bottone e il caricatore cadde sul tappeto.

Homer Ramos scoppiò a ridere.

Gli gettai contro la Glock, colpendolo in fronte e lui mi sparò prima che riuscissi a scappare. Il proiettile mi sfiorò un braccio e andò a ficcarsi nel muro alle mie spalle. Gridai e barcollai all’indietro, premendomi la mano sulla ferita.

«Questo era un avvertimento» disse lui. «Se cerchi di scappare ti sparerò nella schiena.»

«Perché sei qui? Che cosa vuoi?»

«Voglio i soldi, naturalmente.»

«Io non ho i soldi.»

«Non ci sono altre possibilità, dolcezza. I soldi erano nell’auto e la vecchia Cynthia, prima di morire, mi ha detto che in casa, quando è arrivata, c’eri tu. Perciò tu sei l’unica candidata. Ho perquisito da cima a fondo la casa di Cynthia, e l’ho torturata abbastanza da essere sicuro che mi abbia detto tutto ciò che sapeva. All’inizio voleva vendermi questa ridicola storia sul fatto che lei aveva gettato via la borsa, ma neppure Cynthia poteva essere tanto stupida. Ho perquisito anche tutto il tuo appartamento e quello della tua amica cicciona e non ho trovato i soldi.»

Una fitta al cervello. Non erano stati Mitchell e Habib a mettere a soqquadro il mio appartamento. Era stato Homer Ramos, che cercava il denaro.

«Adesso voglio che tu mi dica dove li hai messi» disse Homer. «Voglio che tu mi dica dove li hai nascosti.»

Il braccio mi faceva male e sulla manica della giacca si stava formando una macchia di sangue. La vista mi si stava annebbiando. «Ho bisogno di sedermi.»

Lui fece un cenno in direzione del divano. «Là.»

Essere feriti da un colpo di pistola, per quanto superficiale sia la ferita, non è qualcosa che aiuti a pensare lucidamente. Da qualche parte, nella massa di materia grigia che avevo tra le orecchie, ero consapevole che dovevo preparare un piano, ma non c’era verso di riuscirci. La mente vagava senza meta nel panico. Sentivo le lacrime scendermi dagli occhi e mi colava il naso.

«Allora, dove sono i miei soldi?» ripeté Ramos quando fui seduta.

«Li ho dati a Ranger.» Persino io fui sorpresa quando questa risposta saltò fuori. E, ovviamente, nessuno dei due ci credette.

«Bugiarda! Te lo domando un’altra volta. E se penserò che stai mentendo di nuovo ti sparerò al ginocchio.»

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