«E tu che parte hai in tutto questo?»
«Quella di mediatore. Io facevo da tramite tra le diverse fazioni. Tutti, compresi i federali, volevano evitare una guerra tra bande.» Il suo cercapersone trillò e lui osservò il display. «Devo tornare a Deal. Hai altre armi nascoste nel tuo arsenale? Vuoi fare un tentativo dell’ultima ora di catturarmi?»
Diavolo. Quanto era odioso. «Ti odio» dissi.
«No, non mi odi» disse Ranger, baciandomi leggermente sulle labbra.
«Perché hai accettato di incontrarmi?»
I nostri sguardi si incrociarono per un istante. E poi lui mi ammanettò. Tutt’e due le mani dietro la schiena.
«Merda!» strillai.
«Mi dispiace, ma tu sei una vera rompiscatole. Non riesco a fare il mio lavoro se mi devo preoccupare di te. Ti consegnerò a Tank. Lui ti porterà in un rifugio e ti terrà d’occhio finché le cose non si saranno risolte.»
«Non puoi farmi questo! Carol tornerà di nuovo sul ponte.»
Ranger fece una smorfia. «Carol?»
Gli raccontai di Carol e di Joyce, e di come Carol non volesse rendere pubbliche le proprie intimità, e come questa volta fosse un po’ anche colpa mia.
Ranger batté la testa contro lo schedario. «Perché proprio a me?» disse.
«Non avrei permesso che Joyce ti trattenesse» dissi. «Ti avrei consegnato a lei e poi avrei cercato un modo per liberarti.»
«So che lo rimpiangerò ma, che Dio mi perdoni, ti lascio libera. E Carol non salterà giù dal ponte. Ti do tempo fino alle nove di domani mattina per sistemare le cose con Joyce. Dopo di che ti verrò a cercare. E voglio che tu mi prometta che non ti avvicinerai ad Arturo Stolle o a chiunque porti il nome Ramos.»
«Lo prometto.»
Attraversai la città fino alla casa di Lula. Abitava in un appartamento al secondo piano, affacciato sulla strada, e le luci erano ancora accese. Non avevo con me il cellulare, perciò suonai il campanello. Una finestra sopra di me si aprì e Lula si sporse. «Chi è?»
«Sono Stephanie.»
Mi gettò la chiave e io entrai.
Lula mi venne incontro in cima alle scale. «Passi qui la notte?»
«No. Ho bisogno di aiuto. Hai presente il mio piano per consegnare Ranger a Joyce? Be’, non ha funzionato esattamente come prevedevo.»
Lula scoppiò a ridere. «Ragazza, il problema è Ranger. Nessuno è meglio di lui, neppure tu.» Diede un’occhiata alla mia T-shirt e ai jeans. «Non che voglia farmi gli affari tuoi, ma indossavi un reggiseno prima di iniziare la serata, o è una cosa recente?»
«Ero così già all’inizio. Dougie e il Luna non indossano il mio genere di biancheria.»
«Peccato» disse Lula.
L’appartamento era un bilocale: camera da letto con bagno adiacente, e un’altra stanza che serviva da soggiorno e da sala da pranzo, con un piccolo angolo cottura. Lula aveva sistemato un tavolino rotondo e due sedie da cucina vicino ai fornelli. Mi sedetti su una di quelle e accettai una birra.
«Hai voglia di un sandwich?» domandò. «Ho della mortadella.»
«Un sandwich sarebbe fantastico. Dougie aveva solo dei salatini alla polpa di granchio.» Bevvi un lungo sorso di birra. «Allora adesso il problema è questo: che cosa vogliamo fare con Joyce? Mi sento responsabile per Carol.»
«Non puoi sentirti responsabile per qualcuno che non ha giudizio» disse Lula. «Tu non le avevi detto di legare Joyce a quell’albero.»
Vero.
«Tuttavia» disse Lula «sarebbe bello fare un altro sgambetto a Joyce.»
«Hai qualche idea?»
«Joyce conosce bene Ranger?»
«Lo ha visto un paio di volte.»
«E se le rifilassimo qualcuno che assomiglia a Ranger e poi ci riprendessimo il sosia? Io conosco un tizio, Morgan, che potrebbe andar bene. La stessa pelle scura, la stessa costituzione. Forse non altrettanto bello, ma ci va abbastanza vicino. Specialmente se è davvero buio e lui non apre bocca: è completamente tonto.»
«Forse mi ci vogliono un altro paio di birre prima di pensare che una cosa del genere possa funzionare.»
Lula guardò le bottiglie vuote che si erano accumulate sul ripiano della cucina. «Io ho cominciato a bere prima di te. Perciò sono molto ottimista riguardo a questo piano.» Aprì una rubrica consunta e scorse i nomi con un dito.
«È uno che ho conosciuto sul lavoro, il mio precedente lavoro.»
«Un cliente?»
«Un protettore. È un vero bastardo, ma mi deve un favore. E probabilmente è la persona giusta per farsi passare come Ranger. Forse ha persino gli abiti adatti nell’armadio.»
Cinque minuti dopo Morgan richiamò rispondendo allo squillo di Lula sul cercapersone. Ed ecco servito il finto Ranger.
«Questo è il piano» disse Lula. «Tra mezz’ora noi andiamo a prendere il tipo all’angolo tra la Stark e la Belmont. Solo che lui non può stare fuori tutta la notte, perciò dobbiamo sbrigarci.»
Telefonai a Joyce e le dissi che avevo Ranger, e che ci saremmo incontrate nel parcheggio dietro l’ufficio. Era il posto più buio che mi venne in mente.
Finii il mio sandwich e la birra e poi Lula e io ci infilammo nella Cherokee. Arrivammo all’angolo tra la Stark e la Belmont e io dovetti guardare una seconda volta per essere sicura che l’uomo che ci aspettava non fosse davvero Ranger.
Quando Morgan si avvicinò la differenza fu palese. Il colore della pelle era lo stesso ma i tratti del viso erano più volgari. C’erano più rughe attorno alla bocca e agli occhi e meno intelligenza nel suo sguardo. «Sarà meglio che Joyce non lo guardi troppo da vicino» osservai.
«Forse dovevi bere un’altra birra» disse Lula. «Comunque, è davvero molto buio dietro l’ufficio e se le cose vanno per il verso giusto Joyce sarà fuori gioco prima di essere andata troppo lontano.»
Ammanettammo Morgan con le mani davanti, che è una cosa idiota da fare, ma Joyce non è una cacciatrice di latitanti abbastanza brava da saperlo. Poi gli lasciammo la chiave delle manette. L’accordo era che lui si sarebbe messo la chiave in bocca quando fossimo stati nel parcheggio. Si sarebbe rifiutato di parlare con Joyce, facendo scena muta. Noi avremmo cercato di forarle una gomma e, quando lei fossa scesa a dare un’occhiata, Morgan si sarebbe tolto le manette e sarebbe fuggito nella notte.
Arrivammo nel vicolo in anticipo, in modo da poter far scendere Lula. Avevamo deciso che lei sarebbe rimasta nascosta dietro al bidone della spazzatura di cui si servivano Vinnie e il suo vicino, e mentre Joyce prendeva in consegna Ranger, Lula avrebbe infilato uno spillone nella gomma della sua auto. Déjà vu. Parcheggiai la Cherokee in modo che Joyce fosse costretta a fermarsi accanto al bidone della spazzatura. Lula saltò fuori dall’auto e si nascose; subito dopo un paio di fari svoltarono l’angolo.
Joyce fermò la sua piccola fuoristrada accanto alla mia auto e scese. Io feci altrettanto. Morgan era sprofondato sul sedile posteriore, la testa china sul petto.
Joyce sbirciò dentro l’auto. «Non riesco a vederlo. Accendi le luci.»
«Neanche per idea» dissi. «E tu sarai così gentile da spegnere le tue. C’è un sacco di gente che gli sta dando la caccia.»
«Perché è tutto raggomitolato?»
«È drogato.»
Joyce annuì. «Mi stavo giusto domandando come saresti riuscita a prenderlo.»
Nel tirare giù Morgan dal sedile posteriore feci una grande sceneggiata e parecchio rumore. Lui crollò addosso a me, approfittandone per palparmi di sfuggita; Joyce e io lo conducemmo quasi trascinandolo all’auto di lei e lo infilammo dentro.
«Un’ultima cosa» dissi a Joyce, porgendole una dichiarazione che avevo preparato a casa di Lula. «Dovresti firmare questa.»
«Che cos’è?»
«È un documento col quale tu dichiari di essere andata volontariamente al cimitero degli animali domestici con Carol e di averla pregata di legarti all’albero.»
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