Il Luna si gettò sul divano. «All’inizio pensavamo che si limitasse tutto alle palline al formaggio. Ma poi abbiamo avuto problemi con la polizia e abbiamo dovuto interrompere la proiezione.»
«I poliziotti hanno fatto irruzione proprio nel bel mezzo di un filmato e siamo stati fortunati a riuscire ad andarcene vivi» disse Dougie.
«Adesso, come dire, abbiamo paura di tornare là, piccola. Ci stavamo domandando se potevamo passare la notte qui con te e tua nonna.»
«Nonna Mazur è tornata a stare dai miei.»
«Peccato. Era fantastica.»
Diedi loro cuscini e coperte.
«Grazioso braccialetto» disse il Luna.
Guardai le manette che ancora mi pendevano dal polso destro. Le avevo dimenticate. Mi domandai se Ranger fosse ancora nel parcheggio. E mi chiesi se avrei dovuto andare con lui. Feci scattare la serratura della porta e poi mi chiusi a chiave nella camera da letto, raggomitolandomi sotto le coperte con ancora quella robaccia tra i capelli. Mi addormentai all’istante.
La mattina dopo, quando mi svegliai, mi resi conto che mi ero completamente dimenticata di Joe.
Merda.
A casa sua non rispondeva nessuno e stavo quasi per fare un tentativo sul cercapersone quando il telefono squillò.
«Che cosa diavolo sta succedendo?» disse Joe. «Sono appena arrivato in centrale e ho sentito dire che sei stata aggredita da un romuliano.»
«Sto bene. Ho catturato un latitante a una festa dedicata a Star Trek e c’è stata un po’ di confusione.»
«Sfortunatamente ho anch’io delle brutte notizie. La tua amica Carol Zabo è di nuovo in cima al ponte. Sembra che lei e un gruppetto di amiche abbiano rapito Joyce Barnhardt e l’abbiano lasciata nuda e legata a un albero vicino al cimitero degli animali domestici ad Hamilton Township.»
«Mi prendi in giro? Carol arrestata per il rapimento di Joyce Barnhardt?»
«No. Joyce non ha presentato denuncia. È stato un vero spettacolo, però: si è mossa mezza polizia per andare a liberarla. Carol è stata arrestata perché faceva un po’ troppo chiasso in un luogo pubblico. Penso che lei e le altre ragazze stessero semplicemente festeggiando, ed è stata solo ammonita per cattiva condotta, ma nessuno riesce a convincerla che non andrà in galera. Ci stavamo domandando se puoi andare tu a tirarla giù da quel dannato ponte. Sta provocando un ingorgo nel traffico dell’ora di punta.»
«Ci vado immediatamente.» Era tutta colpa mia. Accidenti, quando le cose si mettevano a girare per il verso sbagliato tutto il mondo diventava un cesso.
Ero andata a dormire ancora vestita, per cui non dovetti neppure prepararmi. Passando dal soggiorno strillai al Luna e a Dougie che sarei tornata presto. Quando uscii dalla porta posteriore del palazzo avevo in mano lo spray urticante nel caso Ranger saltasse fuori da dietro un cespuglio.
Non c’era traccia di Ranger. E neppure di Habib o Mitchell, perciò partii in direzione del ponte.
I poliziotti sono fortunati: hanno quelle grandi luci rosse quando devono andare velocemente da qualche parte. Io invece non avevo alcun lampeggiante, perciò, quando il traffico si bloccò, montai con l’auto sul marciapiede.
Cadeva una pioggia insistente. La temperatura si aggirava sui quattro gradi e l’intera popolazione dello Stato era al telefono per informarsi sulle tariffe degli aerei diretti in Florida. A eccezione, naturalmente, della gente che si era radunata sul ponte a osservare perplessa Carol.
Parcheggiai dietro un’auto della polizia e mi feci strada a piedi fino al centro del ponte, dove Carol era appollaiata sul guardrail con un ombrello aperto in mano.
«Grazie per esserti presa cura di Joyce» dissi. «Che cosa stai facendo?»
«Sono stata arrestata di nuovo.»
«Ti hanno semplicemente ammonita per cattiva condotta. Non andrai in galera per questo.»
Carol smontò dal guardrail. «Volevo soltanto essere sicura.» Mi guardò. «Che cos’hai nei capelli? E che cosa sono quelle manette? Sei stata con Morelli, vero?»
«No, da un bel po’ di tempo» dissi ammiccando.
Tornammo ciascuna alla propria auto: Carol andò a casa, e io andai in ufficio.
«Accidenti» disse Lula quando mi vide. «Penso proprio che quella che sta entrando adesso abbia una bella storia da raccontarci. Come mai quelle manette?»
«Mi pareva che si intonassero con le palline al formaggio tra i capelli. Sai com’è, accessori per completare la tenuta.»
«Spero che si tratti di Morelli» disse Connie. «Non mi dispiacerebbe essere ammanettata da lui.»
«Ci sei andata vicina» dissi. «È stato Ranger.»
«Oh-oh» disse Lula. «Mi sto bagnando.»
«Non si trattava di niente di erotico» dissi. «È stato… un incidente. E poi abbiamo perso la chiave.»
Connie si fece aria con una cartellina di cartone. «Sto per avere un colpo di calore.»
Le diedi la ricevuta per la consegna di Elwood Steiger. Tutto considerato erano stati soldi facili. Non uno sparo né qualcuno che cercasse di darmi fuoco.
La porta principale si spalancò e Joyce Barnhardt fece irruzione nell’ufficio. «Me la pagherai» mi disse. «Rimpiangerai di esserti messa contro di me.»
Lula e Connie si girarono di scatto nella mia direzione e mi rivolsero uno sguardo interrogativo.
«Carol Zabo e alcune sue amiche mi hanno dato una mano a liberarmi di Joyce legandola a un albero… nuda.»
«Non voglio sparatorie, qui dentro» disse Connie a Joyce.
«Spararle sarebbe troppo facile» disse Joyce. «Voglio qualcosa di meglio: voglio Ranger.» Mi guardò a occhi stretti. «So che sei in intimità con lui. Bene. Sarà meglio che tu usi questo vantaggio e me lo consegni. Perché se non lo fai entro ventiquattro ore, denuncerò Carol Zabo per rapimento.» Joyce girò sui tacchi a spillo dei suoi stivaletti e sparì fuori della porta.
«Merda» disse Lula. «C’è di nuovo quell’odore di zolfo.»
Connie mi allungò l’assegno per Elwood. «Questo è un bel problema.»
Presi l’assegno e lo infilai nella borsa. «Ho così tanti problemi che non riesco neppure a ricordarmeli tutti.»
L’anziana signora Bestler stava giocando a fare il ragazzo dell’ascensore. «Andiamo su» disse. «Pelletteria da donna, biancheria…» Si chinò in avanti appoggiandosi sul treppiede da passeggio e mi guardò. «Oh santo cielo» disse «il salone di bellezza è al secondo piano.»
«Perfetto» le risposi. «È esattamente dove devo andare.»
Il mio appartamento era silenzioso quando entrai. Le coperte che avevo dato a Dougie e al Luna erano ordinatamente piegate sul divano. Avevano lasciato un biglietto su uno dei cuscini. Sopra c’erano scritte tre sole parole: «A più tardi».
Mi trascinai nel bagno, mi spogliai e mi lavai la testa parecchie volte. Indossai dei vestiti puliti, poi asciugai i capelli con un colpo di phon e li acconciai in una coda di cavallo. Telefonai a Morelli per sapere come andava con Bob e lui disse che il cane stava bene e che il suo vicino gli stava facendo da dog sitter. Poi scesi nel seminterrato e chiesi a Dillan di troncare la catena delle manette in modo da non avere il secondo braccialetto che dondolava al vento.
Dopo di che non mi restava altro da fare. Non avevo latitanti da rintracciare, non avevo un cane da portare a spasso, non avevo nessuno da sorvegliare e nessuna casa in cui penetrare. Avrei potuto andare da un fabbro per far aprire la manetta, ma speravo ancora di ottenere la chiave da Ranger. Avevo intenzione di consegnarlo a Joyce, quella sera: meglio questo piuttosto che correre il rischio che Joyce facesse tornare Carol sul ponte. Recuperare Carol da un possibile annegamento cominciava a diventare una storia vecchia. E sarebbe stato facile consegnare Ranger, tutto quello che dovevo fare era organizzare un incontro, dirgli che volevo che mi togliesse le manette e farlo venire da me. Poi lo avrei stordito con la scacciacani e impacchettato per consegnarlo a Joyce. Naturalmente dopo avrei dovuto inventarmi qualcosa per liberarlo. Non volevo certo che Ranger finisse in galera.
Читать дальше