«Due o tre, magari, se è una settimana ubertosa. Del resto, non me ne sono mai interessato.»
«Ecco allora, si ordina di tenerli tutti sotto osservazione, di controllare i curriculum di servizio, la cerchia di conoscenze e così via. Individueremo il nostro ‘Azazel’ che sarà una meraviglia.»
«Così avete detto che tutte le informazioni da voi raccolte sono state inviate per posta all’investigativo di Mosca?» chiese Brilling per la sua solita abitudine di fare domande a sproposito.
«Sì, capo. Se non oggi domani il pacchetto arriva a destinazione. Perché, sospettate qualcuno dei ranghi della polizia di Mosca? Per maggiore importanza ho scritto sulla busta ‘A sua eccellenza illustrissima il consigliere di Stato Brilling sue proprie mani oppure, per assenza del medesimo, a sua eccellenza il signor comandante supremo di polizia’. Così che non oseranno dissigillare. Mentre il comandante supremo di polizia, dopo aver letto questo, probabilmente entrerà subito in contatto con voi.»
«Sensato», approvò Ivan Franzevič, e tacque a lungo, guardando la parete. Il suo viso diventava sempre più cupo.
Erast Petrovič aspettava trattenendo il respiro: sapeva che il capo stava soppesando tutto quello che aveva sentito e ora gli avrebbe comunicato la sua decisione, a giudicare dall’espressione, questo gli costava fatica.
Brilling fece un pesante sospiro e si mise a ridere amareggiato di qualcosa.
«D’accordo, Fandorin, prendo tutto su di me. Ci sono malattie che si possono curare solo per via chirurgica. Faremo così anche noi. È una questione importante, di Stato, e in casi del genere è nel mio diritto non oberarmi di formalità. Prenderemo Cunningham. All’istante, in flagrante — ovvero con il pacchetto. Ritenete che il messaggio sarà cifrato?»
«Senza dubbio. Si tratta di informazioni troppo importanti. Tuttavia è stato spedito con la posta normale, sia pure espressa. Non si può mai escludere che finisca in altre mani o che vada semplicemente perso. No, Ivan Franzevič, a questi qui non piace per nulla rischiare.»
«A maggior ragione. Quindi Cunningham decifra, legge, trascrive nel suo archivio. Dovrà pure avere un archivio! Non vorrei che nella lettera di accompagnamento la Bežezkaja gli riferisse le vostre imprese, e Cunningham è un uomo intelligente, in quattro e quattr’otto capisce che potreste benissimo avere inviato un rapporto a Mosca. No, bisogna prenderlo subito, senza indugio! E poi sarebbe interessante leggere la lettera di accompagnamento. Pyžov non mi dà pace. E se non avessero comprato lui solo? Con l’ambasciata inglese ci spiegheremo dopo. Ci diranno anche grazie. Perché voi sostenete che nell’elenco figuravano anche dei sudditi della regina Vittoria?»
«Sì, manca poco una dozzina», annuì Erast Petrovič, guardando con occhi innamorati il suo superiore. «Certo, prendere adesso Cunningham è la cosa migliore, ma… E se ci dovesse succedere di arrivare all’improvviso senza trovare niente? Non me lo perdonerei mai se per colpa mia voi doveste avere dei problemi… Ovvero sono pronto a testimoniare in tutte le istanze…»
«Piantatela di dire sciocchezze», disse Brilling col mento che gli tremava per l’indignazione. «Non penserete davvero che in caso di fiasco io mi nasconderei dietro a un ragazzino? Io credo in voi, Fandorin, e questo è sufficiente.»
«Grazie», disse piano Erast Petrovič.
Ivan Franzevič gli si inchinò con sarcasmo: «Non merita che mi ringraziate. Insomma, basta sdilinquimenti. All’opera. L’indirizzo di Cunningham lo conosco, vive all’isola Aptekarskaja, in un annesso dell’esthernato di Pietroburgo. Siete armato?»
«Sì, ho comprato a Londra una rivoltella Smith Wesson. È nella mia borsa da viaggio.»
«Fatemela vedere.»
Fandorin portò velocemente dall’ingresso la pesante rivoltella, che gli piaceva spaventosamente per il suo peso e la sua solidità.
«Un troiaio», gli disse tagliente il capo, dopo avere soppesato la pistola sul palmo. «Va bene per i cowboy americani, per far fuoco da ubriachi in un saloon. Non va per un agente serio. Ve la sequestro. In cambio avrete qualcosa di meglio.»
Si allontanò un momento e tornò con una piccola rivoltella piatta, che gli stava quasi tutta nel palmo.
«Eccovi una Herstal belga a sette colpi. Una novità, un’ordinazione speciale. Si porta dietro la schiena, sotto la giacca, in una piccola fondina. Un oggetto insostituibile nel nostro mestiere. Leggera, non colpisce lontano e non ha il tiro concentrato, però in compenso ha la ricarica automatica, e questo assicura velocità di sparo. Perché per noi non importa prendere uno scoiattolo nell’occhio, vero? Per noi agenti, ricordiamo che resta vivo chi spara per primo e più di una volta. Al posto del grilletto c’è la sicura, questo bottoncino qui. Abbastanza duro, per non sparare a caso. Pigi qui, e fa fuoco anche con tutte e sette le cartucce di seguito. Chiaro?»
«Chiaro», disse Erast Petrovič esaminando il bel giocattolino.
«L’ammirerete dopo, adesso non c’è tempo», disse Brilling spingendolo verso l’uscita.
«Andremo in due ad arrestarlo?» chiese Fandorin eccitato.
«Non dite sciocchezze.»
Ivan Franzevič si fermò accanto all’«apparecchio di Bell», staccò il tubo a forma di corno, l’appoggiò all’orecchio e girò una specie di leva. L’apparato grugnì, qualcosa vi squillò dentro. Brilling appoggiò l’orecchio all’altro tubo, che spuntava dalla cassetta laccata, e nel tubo si udì un pigolio. A Fandorin sembrò di distinguere una vocettina sottile e buffa che diceva le parole «aiutante di turno» e anche «cancelleria».
«Novgorodzev, siete voi?» urlò Brilling nel tubo. «C’è sua eccellenza? No? Non sento! No, no, non importa. Ho detto che non importa!» Inspirò nei polmoni un po’ più d’aria e gridò a voce ancora più alta: «Immediatamente la squadra speciale! Per un arresto! All’isola Aptekarskaja! Apte-kar-skaja! Sì! L’annesso dell’esthernato! Es-ther-na-to! Non importa cosa vuol dire, lo capiranno loro! E che ci vada anche un’altra squadra per fare la perquisizione! Cosa? Sì, ci sarò io in persona. Più veloce, maggiore, più veloce!»
Rimise al suo posto il tubo a forma di corno e si asciugò la fronte.
«Uff!! Spero che mister Bell perfezioni il disegno, altrimenti tutti i miei vicini saranno al corrente delle operazioni segrete della Terza sezione!»
Erast Petrovič aveva la sensazione che una qualche magia si fosse appena verificata davanti ai suoi occhi.
«Ma queste sono le Mille e una notte! Un vero prodigio! E dire che ci sono ancora delle persone che parlano male del progresso!»
«Del progresso parleremo strada facendo. Purtroppo ho mandato via la carrozza, così dobbiamo anche cercarci un vetturino. Ma lasciatela perdere, quella vostra borsa da viaggio! Marsch, marsch!»
Tuttavia non ci fu tempo per discutere del progresso — viaggiarono alla volta dell’isola Aptekarskaja nel più totale silenzio. Erast Petrovič tremava dall’eccitazione, e provò alcune volte a indurre il capo alla conversazione, ma invano: Brilling era di pessimo umore — evidentemente, in fin dei conti, si assumeva un grosso rischio, intraprendendo l’operazione di sua iniziativa.
La pallida sera settentrionale si era appena delineata sulla distesa della Neva. Fandorin pensò che la luminosa notte estiva cadeva a proposito, tanto non era il momento di dormire. Ma nemmeno la notte scorsa, passata in treno, aveva chiuso occhio, non aveva fatto che agitarsi all’idea di mancare il pacchetto… Il vetturino incitò la cavalla trotina, guadagnandosi onestamente il rublo promesso, e raggiunsero velocemente destinazione.
L’esthernato di Pietroburgo, un bell’edificio giallo, che prima era appartenuto al corpo ingegneri, aveva dimensioni più piccole di quello di Mosca, ma in compenso era immerso nel verde. Un posticino paradisiaco, con intorno giardini e ricche dacie.
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