Roberto Borzellino - Russian Spy. Operazione Bruxelles

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Aleksej è un giovane ufficiale presso l’Accademia militare di San Pietroburgo. Figlio unico di mamma russa e padre italiano, diventerà, suo malgrado, la spia russa più ricercata del pianeta. Riuscirà a portare a termine la sua difficile missione tra Mosca, Roma e Bruxelles? Tra omicidi, tradimenti e colpi di scena e con un finale imprevisto ed emozionante, al protagonista resterà un unico desiderio: la vendetta!!

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Lo guardò con disprezzo e si avviò verso l’uscita. Afferrò la maniglia della porta con vigore ma prima di aprirla si voltò e con l’aria di chi è stata offesa a morte disse: «Luca si è sempre comportato come un vero gentleman. Ma a letto era un insaziabile amante».

Aleksej capì di avere esagerato. Era appena arrivato e non voleva farsi troppi nemici nell’SVR. Se era in cerca di un alleato quello poteva essere solo Irina, almeno per il momento. Le si avvicinò e la prese delicatamente per un braccio, cercando di fermarla.

«Aspetta Irina… non andare. Non volevo essere scortese. Ma è stato un giorno molto difficile per me. In queste ultime ore sono successe così tante cose che mi sento ancora frastornato. Cerca di perdonare i miei modi da villano».

Irina richiuse la porta dietro di sé e tornò indietro sui propri passi. «Finalmente… vedo che cominci a capire. Qui sei tra amici, mentre tu vedi solo nemici e complotti. Tutti noi siamo qui per servire la nostra Patria…».

Non ebbe il tempo di finire la frase che Aleksej la interruppe.

«Per chi mi hai preso, per lo scemo del villaggio? Fammi un favore: non imitare Petrov che prima parla di alti ideali e poi minaccia di morte me e la mia famiglia. Irina, non fraintendermi. Tu sei una ragazza molto bella ma non sei certamente il tipo di donna da sposare. Voglio essere tuo amico, ma solo ad una condizione: che siamo sinceri l’uno con l’altro. Per cominciare potresti dirmi, per esempio, dove si trova mio fratello Luca».

Irina lo guardò perplesso ma pensò di aver fatto finalmente breccia nel cuore del Maggiore.

Con fare conciliante si avvicinò ad Aleksej e quando furono viso a viso gli disse sottovoce: «Ma non sai pensare ad altro che a fare domande? Perché non ci rilassiamo insieme e beviamo questo splendido vino italiano. L’ho portato direttamente dall’Italia e conservato per aprirlo in un’occasione speciale. Questo mi sembra il momento adatto per fare la nostra conoscenza in maniera… diciamo… più approfondita».

Allungò la mano verso il tavolo e dal cestello prese la bottiglia di spumante. Sul pavimento caddero copiose goccioline d’acqua: era il ghiaccio che cominciava a sciogliersi mentre la temperatura nella stanza diventava sempre più bollente.

Aleksej pensò che avrebbe fatto meglio ad assecondarla. Quello era l’unico modo per riuscire ad ottenere qualche informazione interessante. Brancolava ancora nel buio e non conosceva quasi nulla della missione che, di lì a poco, gli avrebbero affidato. Fino a quel momento Petrov gli aveva parlato solo di Roma e Bruxelles, per di più superficialmente. L’unica cosa certa era che doveva prendere il posto di suo fratello Luca. Nulla di più. Da Irina poteva ottenere altri particolari. In fondo, andarci a letto, non sarebbe stato un così grande sacrificio.

Irina e Aleksej, quella stessa notte, fecero all’amore più volte, sempre con passione e con trasporto, e alla fine si addormentarono sfiniti, uno nelle braccia dell’altro.

10

Un suono sinistro e ripetitivo svegliò Aleksej di soprassalto. Con la mano sinistra, istintivamente, andò verso il comodino e con un colpo netto scaraventò quell’aggeggio sul pavimento, lontano, in fondo alla stanza. Ma il rumore non cessò del tutto e fu costretto ad alzarsi dal letto. Fuori era ancora buio ma la timida luce dell’alba faceva già capolino dalla finestra. Era completamente nudo e con la testa che gli girava. Si ricordò della sera prima, del vino e di Irina. Poi ebbe un sussulto. Qualcuno, nascosto nell’ombra, sedeva sulla poltrona vicino alla porta d’ingresso.

«Chi c’è lì? Chi sei?», urlò Aleksej con tono minaccioso. L’ombra si alzò lentamente e con un colpo di karate, usando le suola delle scarpe, colpì la sveglia che stava continuando, imperterrita, a lanciare il suo sinistro sibilo di allerta. L’aggeggio andò in mille pezzi. Fu in quel momento che intravide nel buio la figura di una donna. Era Irina e questo lo tranquillizzò all’istante.

«Sei proprio un gran bel pezzo di marmo» esclamò la donna sorridendo, «sono già dieci minuti che ti osservo e non posso fare a meno di pensare alla somiglianza incredibile tra te e Luca. Non hai la macchiolina rossa all’inguine e questo mi conforta nel caso fossi costretta ad identificarvi. Ma non preoccuparti, ho un altro sistema infallibile: fate l’amore in modo diverso… simile… ma diverso. Luca è molto più romantico e passionale, mentre con te è più… diciamo… fare palestra… sport. Avresti tanto da imparare da tuo fratello», concluse sghignazzando.

«Sarebbe bello se mi aiutassi ad incontrare Luca» replicò Aleksej mentre con la mano cercava al buio, nel letto, i suoi boxer.

«Accendi la luce per favore, così posso rivestirmi?».

«Non è necessario» replicò Irina, «prendi! queste sono le scarpe da ginnastica e una tuta. Da adesso inizia il tuo addestramento e dopo avrai tutto il tempo per farti una doccia e godere di una ricca colazione, oltre che della mia presenza, naturalmente».

«Irina, se mi aiuterai ad incontrare Luca ti prometto che, quando saremo a Roma, mangeremo insieme quel gelato a Trinità dei Monti, come una vera coppia», quindi la prese tra le braccia e la baciò con passione.

Irina si divincolò infastidita.

«Non mettermi fretta Alex!! Potresti ottenere l’effetto contrario. Adesso stammi vicino e facciamo una bella corsetta mattutina nel parco, così potrai schiarirti meglio le idee».

Aleksej si vestì rapidamente.

L’occasione gli sembrò propizia per fare un giro di ricognizione intorno al castello, per capire se vi erano punti deboli nella sicurezza e magari individuare il piano e la stanza dov’era sicuro che tenessero prigioniero Luca.

Quando l’auto aveva oltrepassato il cancello all’ingresso aveva avvertito una strana sensazione, una forte emozione. L’aveva già sentita molte in passato ma non era mai riuscito a spiegarne l’origine. Da quando aveva saputo di avere un fratello e per giunta gemello, tutto gli sembrava più chiaro, coerente. Avvertiva delle piccole scosse intorno al corpo e un leggero formicolio alle mani. Erano i tipici segnali che anticipavano, ogni volta, quella strana sensazione di essere in un altro posto.

Vedeva luoghi sconosciuti dove non era mai stato prima e nella sua testa risuonava la sua voce ma con un’inflessione leggermente diversa, come se non fosse stata esattamente la sua. Nel castello quella sensazione si era amplificata. Percepiva Luca, sentiva che non erano distanti ma, negli ultimi tempi, aveva cominciato stranamente ad immaginare il mare.

Proprio di recente gli era sembrato di essere stato sulla spiaggia a prendere il sole, in compagnia di una donna di cui non riusciva a vedere il volto. Ma il fatto che al «Covo» mancasse tutto questo lo aveva fatto dubitare. Adesso si sentiva confuso, eppure quelle visioni erano sempre più frequenti, intense, quasi reali, come se qualcuno stesse comunicando con lui telepaticamente.

Avevano da poco iniziato a correre intorno al parco che Irina lo sfidò ad arrivare per primo dall’altra parte del castello. Aleksej era un atleta e sapeva che non avrebbe avuto difficoltà a batterla, ma in quel frangente decise di lasciarla vincere di proposito. Sapeva troppo bene che Irina amava vincere le sue sfide e magari questo l’avrebbe ammorbidirla un po’.

Quando furono dall’altra parte del parco Irina gridò soddisfatta: «Prima, prima… sono arrivata prima… sei una vera schiappa Alex».

Erano entrambi sudati, stanchi e con il fiato corto, piegati in due per la fatica e con le mani sulle ginocchia. Poi si guardarono l’un l’altro con un misto di tenerezza e di soddisfazione. Aleksej le si avvicinò, la strinse a sé e guardandola negli occhi le disse.» Se non vuoi dirmi dove si trova Luca, posso capirlo. Sei vincolata al segreto. Sono un militare e apprezzo queste cose. Ma vorrei chiederti un favore personale e questa volta spero che tu non mi dirai di no».

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