Roberto Borzellino - Russian Spy. Operazione Bruxelles

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Aleksej è un giovane ufficiale presso l’Accademia militare di San Pietroburgo. Figlio unico di mamma russa e padre italiano, diventerà, suo malgrado, la spia russa più ricercata del pianeta. Riuscirà a portare a termine la sua difficile missione tra Mosca, Roma e Bruxelles? Tra omicidi, tradimenti e colpi di scena e con un finale imprevisto ed emozionante, al protagonista resterà un unico desiderio: la vendetta!!

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«Quale favore personale?», chiese Irina, mostrandosi preoccupata per quella strana richiesta.

«Vorrei che tu contattassi per me il Generale Andrej Vladimirovic Halikov, mio nonno, e gli chiedessi di venire al Covo. Devo vederlo e parlargli urgentemente. Ho bisogno dei suoi consigli. Puoi fare questo per me?».

Irina fece un passo indietro liberandosi dalla stretta morsa di Aleksej. «Credo di poterlo fare, ma dovrò chiedere l’autorizzazione al Direttore Petrov. Da qui non entra e non esce nessuno senza il suo permesso. Siamo un’agenzia segreta e non un albergo a cinque stelle».

Aleksej e Irina si misero a ridere all’unisono.

“Grazie collega… grazie per il tuo aiuto… non lo dimenticherò” sibilò Aleksej. Poi con lo sguardo quasi supplicante aggiunse: “Se abbiamo finito con le corse mattutine gradirei fare una bella doccia e magari prendere un buon caffè espresso”.

Irina annuì con la testa e si avviarono insieme verso la grande scalinata, mano nella mano dove trovarono ad attenderli l’agente Skubak.

«Maggiore… Irina… dormito bene questa notte? Aleksej, alle 7.00 sei atteso nella sala 5 per la tua prima lezione di teoria. Sbrigatevi, avete poco tempo. Irina accompagnalo nella sua suite», soggiunse con voce beffarda.

Rientrarono insieme in camera e fecero una doccia veloce, scambiandosi solo rapide effusioni; questa volta non avevano tempo per fare all’amore, ma dovevano sbrigarsi se volevano arrivare puntuali. Ebbero comunque il tempo di fare una fugace colazione alla mensa, quindi Irina lo guidò attraverso un lungo corridoio al piano terra. Qui Aleksej si fermò incuriosito, ammirando le numerose fotografie che erano appese su entrambe le pareti di legno. Tutte raffiguravano primi piani di volti.

«Agenti segreti russi deceduti in sevizio?», provò ad azzardare Aleksej.

«Non tutti sono morti e non tutti sono russi», replicò sarcastica Irina. «In quella zona del muro ci sono solo i migliori. Qualcuno è riuscito anche a godersi la pensione ma tutti sono stati decorati con le massime onorificenze e sono, tutt’ora, considerati eroi della Patria».

“Chi è questo?”, indicò con il dito Aleksej, “mi sembra di averlo già visto da qualche parte… magari in qualche libro che ho letto in Accademia”.

“Oh… stai guardando la più grande spia russa di ogni tempo. Strano che tu non lo conosca. Harold Adrian Russell “Kim” Philby. Era un agente segreto britannico ma già dopo pochi mesi di servizio cominciò a collaborare con noi, prima come agente russo per l’NKVD e poi per il KGB. Era la nostra talpa all’interno del Military Intelligence inglese. Nel 1963 il suo doppio gioco fu scoperto. Fuggì a Mosca dove ha vissuto e lavorato come istruttore per il KGB fino alla sua morte, avvenuta nel 1988.

Philby è stata la spia russa che ha creato i maggiori danni al Regno Unito e all’Alleanza Atlantica. Per ventisette anni ci ha inviato informazioni di altissimo livello che hanno causato, al blocco occidentale, un’ingente perdita di mezzi e di agenti».

“Questo tipo mi piace!”, esclamò Aleksej annuendo con la testa, “è un idealista… proprio come me. Se dovrò fare la spia allora il mio soprannome sarà KIM… esattamente come Philby”.

11

Arrivarono puntuali alla sala cinque, entrarono e trovarono ad attenderli il direttore Petrov che, appena li vide, si mosse verso di loro. Si strinsero le mani energicamente e si salutarono come l’occasione conveniva.

«Buongiorno Irina. Piacere di rivederla Maggiore Marinetto. Accomodatevi, così possiamo iniziare subito. Oggi abbiamo tanto lavoro da fare», e con la mano indicò i posti loro assegnati.

«Bene Maggiore. Innanzitutto sono contento che questa notte non abbia provato a scappare. Immagino, quindi, che abbia accettato la missione. Da oggi è ufficialmente un agente sotto copertura dell’SVR. Per prima cosa, come ogni buon agente che si rispetti, anche lei dovrà avere un nome in codice con il quale sarà riconosciuto e dovrà firmare tutti i suoi rapporti di intelligence. Per caso ne ha già in mente qualcuno?».

«Avevo pensato di firmarmi KIM», replicò asciutto Aleksej.

«Ah… ottima scelta, vedo che con Irina ha già fatto i compiti a casa. Spero che non faccia rimpiangere il buon Philby», sorrise sarcastico Petrov.

La sala cinque assomigliava a quella di un piccolo cinema. Un grande schermo bianco alla parete e comode poltrone di velluto rosso nelle quali i tre sprofondarono seduti.

“Iniziamo pure!”, ordinò perentoriamente Petrov, con la sua inconfondibile voce baritonale. Le luci si spensero lentamente e iniziò la proiezione di un film. Dalle prime immagini Aleksej capì subito che il protagonista era Luca.

«Ecco Maggiore. Cominci a memorizzare i luoghi che vede adesso. Questo, per esempio, è l’esterno del Defence College a Roma, dove suo fratello ha appena concluso l’Accademia. Dopo le forniremo la piantina dell’edificio, con l’ubicazione di tutte le stanze, compresa mensa, palestra e campo da calcio. Come vede qui non esiste il campo di hockey. Luca… a quanto ci risulta… è un vero appassionato di football. Lo pratica da dilettante. Gioca prevalentemente come centrale di difesa e la sua squadra del cuore è… naturalmente… la Roma. Come giocatore il suo idolo è Totti. Lei come se la cava con il football? Ci giocava con i suoi colleghi a San Pietroburgo?».

«Purtroppo no…. La mia vera passione è solo l’hockey. Lo pratico fin da bambino. Il football non mi è mai piaciuto. Ma per la riuscita della missione imparerò a memoria ogni informazione e farò ciò che riterrete necessario».

«D’accordo Maggiore Marinetto. Per facilitarle il compito le ho preparato un voluminoso dossier sulla vita di suo fratello… che avrà la diligenza di studiare a fondo. Entrambi parlate perfettamente tre lingue: russo, inglese e… naturalmente italiano. Ma dovrà migliorare il suo accento… magari aggiungendo qualche piccola inflessione locale e peggiorare leggermente il suo russo. Troppo perfetto per Luca!! Nei prossimi giorni si eserciterà insieme con Irina ma si ricordi… ha solo due settimane di tempo per trasformarsi in Luca Marinetto e capisce anche lei che… la somiglianza fisica… da sola… non è abbastanza.»

«Continuiamo con il film!!», ordinò Petrov.

«Quelli che adesso vede sono i posti frequentati assiduamente da suo fratello. Ah…, eccolo in compagnia di Irina. In questo potrà certamente esserle d’aiuto molto più di me. Verrà con lei a Sochi e poi a Roma. Ufficialmente è la sua fidanzata e lavora sotto copertura all’ufficio visti dell’Ambasciata russa. Tutti conoscono Irina. Luca l’ha presentata ad un gran numero di suoi amici e anche a qualche collega di Accademia. Ecco quello che succede quando un uomo è veramente innamorato».

«Fermi l’immagine!!», urlò Petrov di spalle e guardando in alto verso il proiezionista.

«Vede questo gruppetto? Lo osservi attentamente. Si tratta del ricevimento che ogni anno si svolge nel grande salone centrale del Defence College a Roma. Alla destra di suo fratello c’è il Maggiore Knud Pedersen, un cittadino danese molto amico di Luca. Studi minuziosamente il suo fascicolo perché è l’unica persona… insieme a suo padre… che potrebbe far saltare l’operazione e capire che lei è un impostore. Esattamente tra due settimane si terrà a Roma un grande evento e, al termine della serata, con una cerimonia solenne, verranno assegnati gli incarichi, con le rispettive destinazioni, agli ufficiali che hanno concluso brillantemente il corso in Accademia. Dalle informazioni in nostro possesso sappiamo che Knud Pedersen sarà assegnato al Nato Military Committee di Bruxelles. Aleksej, questo non deve assolutamente accadere!!», esclamò perentorio un accigliato Petrov.

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