Roberto Borzellino - Russian Spy. Operazione Bruxelles

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Aleksej è un giovane ufficiale presso l’Accademia militare di San Pietroburgo. Figlio unico di mamma russa e padre italiano, diventerà, suo malgrado, la spia russa più ricercata del pianeta. Riuscirà a portare a termine la sua difficile missione tra Mosca, Roma e Bruxelles? Tra omicidi, tradimenti e colpi di scena e con un finale imprevisto ed emozionante, al protagonista resterà un unico desiderio: la vendetta!!

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Poi, assumendo un contegno che si addiceva più ad un professore universitario che ad una spia, riprese la sua lezioncina.

«Adesso osservi bene quell’uomo in alta uniforme alla sinistra di Luca. È il suo Comandante, il Generale Fabian Lefevre. La lista assegnazioni incarichi è in suo possesso!!».

Aleksej si girò verso Petrov annuendo con la testa, facendo intendere che aveva capito perfettamente la situazione.

«Bene… adesso veniamo al punto!! La sua missione sarà quella di sostituire la lista originale con una copia altrettanto perfetta che le forniremo noi al momento opportuno. Quella cerimonia sarà la sua unica e irripetibile occasione per scambiare le due liste. Troverà l’originale nella cassaforte del Defence College di Roma, che lei dovrà aprire con destrezza. Si trova all’ultimo piano, nella camera privata del comandante Lefevre. È posizionata dietro un quadro che raffigura la battaglia di Waterloo. Sono veramente dei romanticoni questi francesi, non crede?».

Aleksej lo interruppe bruscamente: «Devo scassinare una cassaforte? Ma non so proprio come potrò riuscirci. Non ho nessuna competenza e poi… in così poco tempo… è praticamente impossibile riuscirci. Sostituire mio fratello è un conto… ma una cassaforte…».

«Maggiore, lei non deve preoccuparsi di nulla. Sarà istruito a puntino, non tema. Noi abbiamo i migliori specialisti del settore e ne conosciamo la marca e il modello. Stia pur certo che non sarà quella cassaforte a fermarla. Se seguirà alla lettera le nostre istruzioni non le capiterà nulla di spiacevole… neppure alla sua famiglia».

Improvvisamente il volto di Aleksej diventò paonazzo. Era livido di rabbia e sembrava che la sua ira potesse esplodere da un momento all’altro. Desiderava prendere a pugni Petrov e spegnergli quello stupido sorrisetto di compiacimento che aveva stampato sulle labbra. Si trattenne con fatica, guardò negli occhi il suo avversario e con tono di sfida gli disse: «Petrov, questa è la seconda volta, in due giorni, che mi minaccia. Lasci in pace la mia famiglia. Lo ripeta ancora una volta e… spia o non spia… la uccido».

Aleksej era sul punto di alzarsi quando Irina intervenne stringendogli forte la mano e lo guardò preoccupata pregandolo di rimettersi a sedere. Aleksej sapeva di non avere altra scelta, cercò di calmarsi e scivolò lentamente sullo schienale della poltrona.

«Continuiamo pure!!», ordinò Petrov senza dare troppo peso a quella sfuriata improvvisa e il film riprese a scorrere esattamente dal punto in cui era stato interrotto.

CAPITOLO QUARTO

Sochi

12

Sdraiato sul lettino, a bordo piscina, Aleksej non riusciva a rilassarsi ma cercava di elaborare una strategia, trovare una via d’uscita al casino in cui, volente o nolente, era andato a cacciarsi.

La settimana al «Covo» era stata istruttiva sotto molti punti di vista.

Aveva finalmente imparato ad aprire una cassaforte (o almeno, così gli sembrava) e apprezzato l’allenamento con le arti marziali (anche se il suo istruttore, a causa del poco tempo, si era concentrato solo su alcuni colpi difensivi particolarmente efficaci). Infine, la curiosità e la pratica per un piccolo aggeggio, poco più grande di un pacchetto di sigarette, gli consentiva di poter fotografare e filmare qualunque documento, anche quelli riservati e top secret.

Petrov aveva notato i suoi incredibili progressi fatti in una sola settimana di addestramento intensivo e, soddisfatto, l’aveva spedito a Sochi, sul mar Nero, in compagnia di Irina e Skubak, i suoi angeli custodi.

Ora alloggiavano al Rodina Grand Hotel, nello stesso albergo a cinque stelle dove aveva soggiornato Luca, anche se solo per pochi giorni. Alla reception non avevano fatto alcuna fatica a riconoscerlo e quello era stato il primo test a cui si era sottoposto volentieri.

Al personale dell’Hotel aveva giustificato la sua improvvisa partenza raccontando delle sue fantastiche escursioni sulle montagne intorno a Sochi, in compagnia della sua bella fidanzata. Raccontò di aver approfittato del bel tempo di giugno per raggiungere in treno Sebastopoli ed ammirare da vicino la Flotta russa del Mar Nero. Adesso lui e Irina erano ritornati a Sochi per assistere alla regata velica di fine giugno: tra i partecipanti figurava un loro caro amico russo ed erano l per fare un gran tifo.

A Yuri, il simpatico ed efficiente concierge dell’albergo, chiesero se fosse stato possibile riavere la loro vecchia suite. Furono subito accontentati e Yuri li accompagnò personalmente alla camera 107, al secondo piano, con vista sul mare. Gli disse che erano stati fortunati perché a giugno, periodo di bassa stagione, i clienti facoltosi erano ancora pochi, ma prevedeva una buona affluenza di turisti per quel fine settimana, richiamati dal fascino della regata velica.

Aleksej e Irina gli lasciarono una congrua mancia, disfecero i bagagli e, dopo essersi rifocillati, andarono in giro per le stradine di Sochi. Passeggiarono mano nella mano, come una vera coppia di innamorati, cercando di farsi notare come semplici turisti occasionali. Fino a quel momento tutto era filato liscio. Aleksej era stato riconosciuto come Luca e sul lungomare avevano fatto amicizia e scambiato alcune frasi in inglese con altre coppie in vacanza, per lo più di turisti tedeschi e inglesi.

Quando raggiunsero lo splendido Mareport non poterono fare altro che ammirare i mega yacht super lussuosi che qualche riccone russo, di Mosca o San Pietroburgo, vi aveva ormeggiato.

Aleksej, conversando amichevolmente con Irina di politica, le aveva manifestato tutta la sua delusione per com’erano cambiate velocemente le cose in Russia. La caduta del muro di Berlino lo aveva fatto sperare in un futuro migliore per il popolo russo. Di poter godere, finalmente, della libertà di esprimere apertamente le proprie idee, di contestare partiti e governo senza correre il rischio di essere incriminati e condannati per reati d’opinione. In quel momento non parlava da militare ma si sentiva un comune cittadino ed esternava sinceramente i suoi valori, gli ideali che mamma Maria gli aveva trasmesso fin da piccolo.

Purtroppo, oligarchi e militari erano riusciti a conquistare il vertice del potere e solo qualche parvenu, che si era arricchito con oscuri traffici, aveva provato ad arrampicarsi li dove non doveva, ma era stato subito rimesso in riga. Tutti gli altri, soprattutto quelli che si ostinavano a combattere il sistema, erano stati costretti ad espatriare o languivano chissà dove, in qualche cella umida e buia, a ripensare alle loro scelte avventate.

Ma non confidò ad Irina quello che serbava veramente nell’animo. Era quasi certo che questo nuovo centro di potere si serviva dell’apparato dell’SVR anche per scopi illeciti e che, pur di raggiungere gli obiettivi prefissati, non si sarebbero fatti scrupolo ad uccidere altri cittadini russi. Se qualcuno avesse indagato o semplicemente protestato avrebbero opposto il segreto di Stato e sbandierato la scusa della sicurezza per la Patria.

Aleksej sospettava che dietro l’SVR si nascondesse un’elite di poche persone e aveva intenzione di scoprirne i nomi. Probabilmente ne faceva parte anche qualche generale, amico personale di suo nonno Andrej, a cui avrebbe chiesto aiuto per mettersi sotto la sua ala protettiva. Pensò che quello fosse l’unico modo per mettere al sicuro sé stesso e la propria famiglia dalle mire omicide di Petrov. Ma fino a quel momento non aveva fatto sensibili passi in avanti e quelle idee erano rimaste semplici congetture, fantasiose supposizioni. Tra l’altro, Irina si era dimostrata un’alleata poco collaborativa e ancora non era riuscito a mettersi in contatto con suo nonno.

13

Un improvviso scroscio d’acqua lo inzuppò quasi completamente. Proveniva dall’interno della piscina. Aleksej reagì istintivamente scattando in avanti fino a sedersi con le gambe divaricate sul lettino. Era stato uno scherzo di Irina che adesso lo invitava a tuffarsi in acqua per fare il bagno insieme. Da qualche tempo il Maggiore la guadava con occhi diversi.

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