Emilio Salgari - Il Corsaro Nero
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– Buona fortuna, signor notaio.
Il furbo filibustiere si calò il cappello sugli occhi e si allontanò frettolosamente, fingendo di guardarsi intorno per simulare meglio le paure che non sentiva affatto.
– Ah! Ah!… – esclamò quando fu lontano. – Ci credono usciti dalla città!… Benissimo miei cari!… Ce ne staremo pacificamente nella casa di quell’ottimo notaio, finché i soldati saranno rientrati, poi prenderemo tranquillamente il largo. Che superba idea ha avuto il comandante!… L’Olonese, che si vanta il piú astuto filibustiere della Tortue, non ne avrebbe avuta una migliore.
Aveva già voltato l’angolo della via per prenderne un’altra piú larga, fiancheggiata da belle casette circondate da eleganti verande sostenute da pali variopinti, quando scorse un’ombra nerissima e di statura gigantesca, ferma presso una palma che cresceva dinanzi ad una graziosa palazzina.
– Se non m’inganno è il mio compare sacco di carbone, – mormorò il filibustiere. – Questa volta noi abbiamo una fortuna straordinaria, ma già si sa che il diavolo ci protegge, cosí almeno dicono gli spagnuoli.
L’uomo che si teneva semi-nascosto dietro il tronco del palmizio, vedendo Carmaux avvicinarsi, cercò di appiattarsi sotto il portone della palazzina, credendo forse di avere da fare con qualche soldato, poi, non credendosi sicuro nemmeno colà, voltò rapidamente l’angolo dell’abitazione, onde raggiungere forse una delle tante viuzze della città.
Il filibustiere aveva avuto il tempo di accertarsi che si trattava veramente del negro.
In pochi salti giunse presso la palazzina e svoltò l’angolo, gridando a mezza voce:
– Ehi, compare!…Compare!…
Il negro s’era subito arrestato, poi dopo qualche istante di esitazione era tornato indietro. Riconoscendo Carmaux, quantunque questi si fosse bene camuffato da borghese spagnuolo, una esclamazione di gioia e di stupore gli sfuggí.
– Tu compare bianco!…
– Hai due buoni occhi, compare sacco di carbone, – disse il filibustiere, ridendo.
– Ed il capitano?
– Non occuparti di lui, per ora è salvo e basta. Perché sei ritornato? Il comandante ti aveva ordinato di portare il cadavere a bordo della nave.
– Non l’ho potuto, compare. La foresta è stata invasa da parecchi drappelli di soldati giunti probabilmente dalla costa.
– Si erano già accorti del nostro sbarco?
– Lo temo, compare bianco.
– Ed il cadavere, dove l’hai nascosto?
– Nella mia capanna, in mezzo ad un fitto strato di fresche foglie.
– Non lo troveranno gli spagnuoli?
– Ho avuto la precauzione di mettere in libertà tutti i serpenti. Se i soldati vorranno entrare nella capanna, vedranno i rettili e fuggiranno.
– Sei furbo, compare.
– Si fa quello che si può.
– Tu dunque non credi possibile prendere il largo per ora?
– Ti ho detto che nella foresta vi sono dei soldati.
– La cosa è grave. Morgan, il comandante in seconda della Folgore, non vedendoci tornare può commettere qualche imprudenza, – mormorò il filibustiere. Vedremo come finirà questa avventura.Compare, sei conosciuto in Maracaibo?
– Tutti mi conoscono, venendo sovente a vendere delle erbe che guariscono le ferite.
– Nessuno sospetterà di te?
– No, compare.
– Allora seguimi: andiamo dal comandante.
– Un momento, compare.
– Che vuoi?
– Ho condotto anche il vostro compagno.
– Chi? Wan Stiller?…
– Correva inutilmente il pericolo di farsi prendere, ed egli ha pensato che poteva rendere maggiori servizi qui che standosene a guardia della capanna.
– Ed il prigioniero?
– Lo abbiamo legato cosí bene, che lo ritroveremo ancora se i suoi camerati non andranno a liberarlo.
– E dov’è Wan Stiller?
– Aspetta un momento, compare.
Il negro s’accostò ambo le mani alle labbra e mandò un lieve grido che si poteva confondere con quello d’un vampiro, uno di quei grossi pipistrelli che sono cosí numerosi nell’America del Sud.
Un istante dopo un uomo superava la muraglia del giardino e balzava quasi addosso a Carmaux, dicendo:
– Ben felice di vederti ancora vivo, camerata.
– Ed io piú felice di te, amico Wan Stiller, – rispose Carmaux.
– Credi che il capitano mi rimprovererà di essere venuto qui? Sapendovi in pericolo, io non potevo starmene nascosto nel bosco a guardare gli alberi.
– Il comandante sarà contento, mio caro. Un valoroso di piú è un uomo troppo prezioso in questi momenti.
– Amici, andiamo!…
Cominciava allora ad albeggiare. Le stelle rapidamente impallidivano non essendovi veramente l’alba in quelle regioni, anzi nemmeno l’aurora; alla notte succede di colpo il giorno. Il sole spunta quasi d’improvviso e colla potenza dei suoi raggi scaccia bruscamente le tenebre, le quali in un istante si dileguano.
Gli abitanti di Maracaybo, quasi tutti mattinieri, cominciavano a svegliarsi. Le finestre si aprivano e qualche testa appariva; si udivano qua e là dei sonori starnuti e degli sbadigli ed il chiacchierio cominciava nelle case.
Certamente si commentavano gli avvenimenti della notte, che avevano sparso non poco terrore fra tutti, essendo i filibustieri assai temuti in tutte le colonie spagnole dell’immenso Golfo del Messico.
Carmaux che non voleva fare incontri, per tema di venire riconosciuto da qualcuno dei bevitori della taverna, allungava il passo seguito dal negro e dall’amburghese.
Giunto presso la viuzza, trovò ancora il soldato che passeggiava da un angolo all’altro della via, tenendo a spalla l’alabarda.
– Già di ritorno, signor notaio? – chiese scorgendo Carmaux.
– Che cosa volete, – rispose il filibustiere, – il mio cliente aveva fretta di lasciare questa valle di lacrime e s’è sbrigato presto.
– Vi ha lasciato forse in eredità questo superbo negro? – chiese, indicando l’incantatore di serpenti. – Caramba! Un colosso che vale delle migliaia di piastre.
– Sí, me lo ha regalato. Buon giorno, signor soldato.
Voltarono frettolosamente l’angolo, si cacciarono nella viuzza, ed entrarono nell’abitazione del notaio, chiudendo poi la porta e sbarrandola.
Il Corsaro Nero li aspettava sul pianerottolo, in preda ad una viva impazienza che non sapeva nascondere.
– Dunque – chiese. – Perché il negro è tornato? Ed il cadavere di mio fratello?… Ed anche tu qui, Wan Stiller?
Carmaux in poche parole lo informò dei motivi che avevano costretto il negro a fare ritorno a Maracaybo e deciso Wan Stiller ad accorrere in loro aiuto, poi di ciò che aveva potuto sapere dal soldato che vegliava all’estremità della viuzza.
– Le notizie che tu rechi sono gravi, – disse il capitano, rivolgendosi al negro. – Se gli spagnuoli battono la campagna e la costa, non so come potremo raggiungere la mia Folgore. Non è per me che io temo, ma per la mia nave che può venire sorpresa dalla squadra dell’ammiraglio Toledo.
– Tuoni! – esclamò Carmaux. – Non mancherebbe che questo!
– Io comincio a temere che questa avventura finisca male, – mormorò Wan Stiller. – Bah!… Dovevamo già essere appiccati da due giorni, possiamo quindi accontentarci di essere vissuti altre quarantotto ore.
Il Corsaro Nero si era messo a passeggiare per la stanza, girando e rigirando attorno alla cassa che aveva servito da tavola. Pareva assai preoccupato e nervoso: di tratto in tratto interrompeva quei giri, fermandosi bruscamente dinanzi ai suoi uomini, poi riprendeva le mosse, crollando il capo.
D’improvviso s’arrestò dinanzi al notaio che giaceva sul letto strettamente legato, e piantandogli in viso uno sguardo minaccioso gli disse:
– Tu conosci i dintorni di Maracaybo?
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