Lodovico Ariosto - Rinaldo ardito

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La ragione per la quale si è creduto bene render minutissimo conto di questo nostro materiale riordinamento, deriva dall'aver voluto fuggir la taccia d'arbitrarj, ove cadesse in mente a taluno raffrontar la stampa col manoscritto, giacchè ne piacque conservarlo religiosamente intatto ed inviolato nella sua compaginazione, alla quale va unita la preziosa autentica dell'originalità ed autografia del medesimo; onde precludere affatto il campo agli scettici, ai maligni ed agli ignoranti di sentenziare a sproposito. E giudicammo opportuno questo schiarimento, solo per quanto concerne la materialità del codice; che quanto al merito poetico, alla vivacità delle immagini ed al pregio dell'invenzione, tocca al Poeta a svelarsi, e a dar di se quelle prove irrefragabili che per unico lo caratterizzano, e per le quali come astro fulgidissimo risplende nell'italiano Parnaso: nè qui temiamo esserci ingannati.

Ora venendo al modo da noi adoprato nel dar fuori questo lavoro, diremo che siamo stati scrupolosissimi a produrre il testo nella sua genuinità, riportandone perfino le voci viziate per eccesso o per difetto od anche per trasposizione di qualche lettera, rettificando però le principali in piè di pagina, affinchè non si credessero errate per colpa nostra. La stanza V del C. II, la XVI e XXVII del C. IV, si son lasciate difettose nella loro tessitura, nè ci prendemmo briga di raddrizzare qualche verso zoppicante; tutte negligenze comprovanti maggiormente l'originalità di questo primo getto, che l'Autore avrebbe eliminate dappoi, e che veruna pena ci sarebbe costato il togliere. Le frasi e gl'intieri versi rigettati e cancellati dal Poeta, sostituendovi quelli che gli parvero migliori, si son riportati in calce come varianti, per mostrare sensibilmente l'ordine delle concezioni di quel prepotente ingegno. Quanto poi alla puntuazione, ci siamo tenuti a quel metodo che credemmo il più conveniente ed il più seguito, quello cioè di agevolare possibilmente l'intelligenza dei concetti, senza gran fatica nè bisogno di ricorrere per tortuose ambagi il filo del discorso. Ai Canti si è dato abusivamente un numero progressivo dal I al V; non perchè così ce li abbia indicati l'Ariosto, ma pel comodo del Lettore e delle citazioni; giacchè Esso nei titoli lasciò in bianco la numerazione, e di sua mano non numerò che il terzo , il quale, per la lacuna indefinita tramezzo, siamo stati obbligati a chiamar quarto ; a questa numerazione si son pure subordinati gli altri, che da penna più moderna e con altro inchiostro erano stati notati. Per servire egualmente alla comodità, si sono numerate le stanze d'ogni Canto, tornando da capo a ciascuno, come è stile; e dove esistono lacune, non si è omessa l'avvertenza.

Resa sommariamente ragione di questa qualunque siasi fatica, onde impetrare alla medesima, se non il suffragio generale, almeno il benigno compatimento dei dotti, potremmo addurre a favor nostro le assidue e gravi cure sostenute di buona voglia nel breve ma spinoso aringo, non che le vinte difficoltà, che parvero quasi insuperabili al Baruffaldi, il qual pure avea tanta dimestichezza cogli scritti dell'Ariosto 8 8 V. questa prefazione a pag. XI . . E la conferma della di lui genuina confessione si presenterà a chiunque si dia a confrontare le stanze da esso pubblicate per saggio di questi Frammenti, dalla pag. 310 alla 314 della rammentata Vita del Poeta, con quelle stesse ristampate da noi; e speriamo che questo ragguaglio porrà in maggior chiarezza le diligenze da noi usate.

Forse non mancherà chi disapprovi ed anzi condanni lo zelo di aver messo in luce un'Opera mutila ed informe in molte parti, quale sfortunatamente si è questa. Per costui non abbiamo discolpa, nè sapremmo fargli altra risposta, che mostrandogli un gran numero di opere di sommi scrittori greci e latini, che hanno avuto la stessa sorte, avvalorando la nostra sentenza col giudizio di tale, che nè la materia nè il luogo consentono di nominare 9 9 La stampa di questi Frammenti col fac-simile del carattere dell'Autore speriamo che ecciterà i bibliotecari ed i possessori di antichi manoscritti di poesie sconosciute ed anonime a fare degli studj e delle ricerche per entro ai medesimi, e ad istituire dei giusti confronti; e chi sa che un giorno qualcuno più avventurato di noi, seguendo la via che abbiamo aperta, non giunga a completare questo lavoro? . Gli additeremmo ancora tanti e tanti bellissimi antichi capolavori in bronzo ed in marmo, che si ammirano ne' Musei, i quali non sono che insigni monumenti dell'Arte più o meno frammentati. E questi scritti e questi monumenti ci saran sempre di modello, rimanendo a testificare dell'eccellenza degl'ingegni che li produssero, ed a rimproverare mutamente l'incuria, l'ignoranza o la perversità degli uomini che li ridussero in tale stato, e risveglieranno nel cuore dei buoni almeno il desiderio che sorga chi vaglia a ristorarne del danno.

Finalmente poichè colla stampa collettiva di più componimenti d'uno stesso Autore (i quali pubblicati a parte in varie occorrenze divengon rari e fuori di commercio) si provvede alla maggior diffusione dei medesimi, e posson considerarsi come rami che si ricongiungono al tronco principale, così credemmo incontrare il pubblico gradimento riproducendo la gentilissima Canzone colla quale Messer Lodovico piangeva la partenza da Firenze per oltremonte della sua Ginevra 10 10 Roma, Tipografia delle Belle Arti 1835. . Il Ch. Sig. L. M. Rezzi la trasse in luce per la prima volta da un codice miscellaneo Barberiniano, in occasione dei fausti sponsali di Donna Carlotta Luisa Barberini col Marchese Raffaele Casali del Drago, rivendicandola con critico ragionamento al nostro Autore, e ponendone in bella mostra i delicati pregi che l'adornano.

CANTO I

....
....
....

I

Così poteansi ritenere appena
I cavalier di non entrar la ciuffa 11 11 ciuffa per zuffa . ,
E a ciascuno il tardare era gran pena,
Nè può star fermo e si apparecchia e buffa;
Di quei si parla che hanno animo e lena,
Chè a un vil codardo incresce ogni baruffa,
Come chi va alla forca, e che prolunga,
Perchè quanto più può tardi vi giunga.

II

Artiro e Salomone alla avanguarda,
L'uno Affricante, e l'altro Cristiano,
Stan per ferirsi in punto, e ciascun guarda
Al segno general del capitano;
Or dato il segno, alcun più non ritarda,
E all'inimico va cum 12 12 cum per con qui ed altrove costantemente. l'arme in mano;
Ma prima ch'entri in così orribil guerra,
Feraguto vo' trar dall'aqua in terra.

III

Ormai tanto che dentro vi è caduto,
Che non dovrebbe aver di ragion sete;
Sapete come cade 13 13 cade per cadde . Feraguto?
Cum quale astuzia cade augello in rete;
Egli avea già nelle aque il cuor perduto,
Nè ad altro pensa che alla strema quiete,
Che essendo armato, e d'armi di gran pondo,
Non potendo nuotar, discese al fondo.

IV

Nè crediate ch'al fondo già restasse,
Anci 14 14 Anci per anzi qui ed altrove. di là dal fondo fu tirato,
Che una dama gentil subito il trasse
Fuora delle acque in luoco assai più grato;
Nè già pensò che 'l ciel tanto lo amasse 15 15 Nè il ciel credette aver già secondo . ,
Vedendosi nelle onde trabuccato;
Ma il cielo il tutto a suo modo dispensa,
E spesso all'uomo avvien quel che non pensa.

V

Come chi per errore o per disgrazia,
Cui sotto il ceppo ha il col 16 16 Trovansi in questi Canti troncate molte voci di due e di tre sillabe, che regolarmente non consentirebbero il troncamento; però non mancano esempi tra gli antichi rimatori di quest'uso più che licenza, che non si riferiscono per brevità; e le più comuni sono: col per collo , car per carro , tor per torre , lor per loro , don per donna , fal per fallo ; parol per parole ; schier per schiera ; fer per ferro ; le quali si notano qui tutte insieme per non ripeterle ai luoghi respettivi. per esser morto,
E fatta gli vien poi subito grazia
Prima che moia o per ragione o torto,
Che attonito rimane e il ciel ringrazia,
E quasi muor di subito conforto:
E così appunto a Feraguto accade, 17 17 accade per accadde .
Vedendosi ritrar dove pria cade 18 18 cade per cadde . .

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