Vittorio Bersezio - Tre racconti
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Il giovane ricco si fermò di colpo.
“Ma oramai il tempo dettomi da mia madre dev'essere trascorso… o non ci mancheranno che pochi minuti… Torniamo indietro… io sto come sulle braci… ho bisogno, non fosse altro, di vedere la casa dove Lucietta sta per pronunziare, dove forse avrà già pronunziata la mia sentenza. Solamente vedendo a traverso i vetri la luce del salotto dove stanno a discorrere, mi pare che sarò più tranquillo.”
E voltò indietro, rifacendo i passi verso la casa.
Atanasio si diede ad accarezzare la follia di una speranza. Se Lucietta non lo amasse, quel giovane, benchè ricco? aveva tanto buon senso quella ragazza! doveva preferire uno sposo della sua condizione: doveva capire che nessuno l'avrebbe amata mai quanto un bravo operaio… come lui Atanasio per esempio. Mercè uno sforzo, l'infelice riuscì a disserrare i denti.
“Ella non ha mai parlato a… alla giovane?” domandò con voce soffocata. “Non l'ha mai interrogata?”
“No… me ne feci uno scrupolo… ad una giovinetta che veniva come ospite e protetta in casa di mia madre!.. E nella sua ingenua allegria essa ha una semplice dignità che m'impone.”
Erano giunti nuovamente innanzi alla casa. La luna, liberata dal velo delle nubi, tornava a splendere brillante. Pietro trasse l'oriuolo e guardò l'ora.
“Eh! la mezz'ora è passata oramai… non mancano che tre minuti… tre minuti più o meno, non monta… non sarà in questi tre ultimi minuti che si sarà aspettato a parlare dell'argomento… io non ci posso più reggere… vado.”
Atanasio lo arrestò bruscamente per un braccio. Pietro gli si volse stupito.
“Che cosa?”
“Un piacere:” disse l'operaio con voce tremante. “Mi faccia sapere… subito la risposta di lei… della giovane… La prego!.. una sola parola.”
“Oh come?” domandò il principale vieppiù stupito. “Oh che tanto ti preme?”
“Sì… mi preme sapere se Ella sarà felice;” rispose Atanasio con voce roca.
Pietro credette in questa spiegazione; strinse con forza la mano all'operaio dicendogli:
“Grazie mio buon amico. L'ho sempre saputo che tu mi vuoi bene. Or via aspetta qui un momento e ti comunicherò l'esito…”
Una delle porte-finestre s'aprì, e una donna inoltrata in età si avanzò sul terrazzo.
“Sei tu Pietro?” diss'ella venendo fino alla ringhiera.
“Mamma! mamma!” esclamò il giovine palpitante.
“Vieni! presto!” disse la donna e rientrò sollecita in casa.
Pietro si slanciò di corsa verso l'entrata.
Atanasio rimase immobile, piantato innanzi al terrazzo. Non era una sufficientemente chiara risposta il fatto d'esser venuta la madre medesima a sollecitare il ritorno del figliuolo? Avrebbe ella fatto così se le parole di Lucietta non fossero state secondo il desiderio di Pietro? Eppure, vedete quanto è tenace la illusione nel cuore umano! il povero operaio rimaneva ancora colà, attaccato a un lieve filo di speranza.
Pietro non obliò Atanasio e la promessa che gli aveva fatto. Dopo un poco uscì sul terrazzo e le sue sembianze, illuminate dalla luna in quel momento limpidissima, apparvero all'operaio così piene di gioia che niuna parola più occorreva ad annunziare la ventura del giovane.
“Atanasio,” gridò Pietro con voce commossa e sonora: “Sono felice… va', e che ciò possa farti passare una buona notte anche a te!”
VI
Una buona notte! Quale scherno!
La luna erasi nascosta di nuovo, e pareva definitivamente. In quella lotta fra la luce e le tenebre, queste sembravano aver vinto, e regnava sulla natura una fitta oscurità. Ma più oscuro ancora era l'animo d'Atanasio. Quali orrende idee gli passassero per la mente, quali spasimi gli torturassero il cuore, fu sempre un segreto fra lui e il Cielo. Non rientrò nella sua povera abitazione che il mattino: ma a chi lo vide, egli ebbe a parere invecchiato di anni.
Da quel giorno egli non fu più visto a ridere e nemmeno a sorridere. Tornò a frequentare l'osteria, ed anzi più assai di prima; il suo umore ridivenne peggiore che non fosse stato mai, rabbioso, maligno, scontroso, insofferente. Sfuggiva tutti: più di tutti gli altri Taddeo, Lucietta, e Pietro medesimo, quando le faccende dell'opificio non l'obbligassero a trovarsi con lui. Costoro, nel colmo della loro gioia, non s'accorsero pure menomamente della nuova selvatichezza d'Atanasio.
Nella fonderia, tra gli operai, nel villaggio e nelle vicinanze fra tutti gli abitanti non v'era più altro discorso che quello del prossimo matrimonio del giovane e ricco padrone delle officine colla povera figliuola del veterano. Tutti lodavano a cielo la generosità del giovane; le ragazze invidiavano un po' indispettite la fortuna della fanciulla. Quando udiva che s'incominciava a parlar di ciò, Atanasio tirava via senza dir nulla. Fu visto, il disgraziato, parecchie volte ubbriaco fradicio – la qual cosa prima non gli capitava mai – correre per la campagna gridando parole incomposte, urlando vaghe minaccie, per cadere poi come morto in un fosso. Aveva bandito da sè ogni nettezza, viveva disordinatamente come il più vizioso degli operai: ogni giorno più sembrava imbestialirsi.
Pietro, nell'eccesso della sua gioia, aveva ben altro a cui pensare, che i diportamenti del suo compagno d'infanzia; ma pure non potè a meno di accorgersi di tanta mutazione, e un giorno, avutolo a sè, glie ne fece amorevoli rimproveri; gli ricordò la sua buona condotta d'un tempo, gli rammentò come coll'economia, colla sobrietà, potesse procurarsi un migliore avvenire.
“Che la vuole?” rispose l'operaio con voce rauca, a testa bassa, senza guardare in faccia il suo principale. “La vita è una cosa tanto breve, e tanto da nulla; io sono così solo e così senza conforti di sorta! La parsimonia, la temperanza, l'economia, la virtù a che cosa mi meneranno? Io non sono fatto per essere stipite d'una famiglia… sono solo, vivrò sempre solo, creperò solo…”
“E perchè?” interruppe il sor Pietro con qualche vivacità. “Un onest'uomo ha il dovere, e ci trova la sua felicità, di mettere al mondo dei figliuoli che saranno galantuomini come lui.”
“E se invece diventassero birbanti?.. Lo so io stesso per sicuro d'essere un onest'uomo?”
“Atanasio!”
“Eh! mi scusi… Ciascuno ha le sue idee… Finchè non faccio male a nessuno mi lasci divertire a mio modo, finchè la duri.”
E s'allontanò senza più voler ascoltare parola.
Era stato quindici giorni senza metter piede alla casetta bianca. La vigilia proprio delle nozze si decise a recarvisi. Taddeo gli fece gentilmente rampogna della sua mancanza; Lucietta, fatta più bella che mai dalla sua felicità, gli venne incontro salutandolo colla medesima cordialità di prima.
“Caro Atanasio,” gli disse, “finalmente eccovi qui di nuovo. Non vi si vede più! E sì che avevo bisogno di dirvi tante cose, di ringraziarvi…”
“Ringraziarmi!” interruppe Atanasio stupito e corrugando le sopracciglia.
“Sicuro!.. Io so quanto siete buono, quanto amate il mio Pietro, di che modo avete preso parte alla nostra felicità.”
Atanasio arrossì fino sulla fronte; egli che, se fosse stato in poter suo, avrebbe fatto spalancare la terra sotto la casa dei Frangia perchè ve li inghiottisse tutti.
Lucietta continuava lietamente:
“Oh! Pietro mi ha detto tutto… Ma egli eziandio vi ama dimolto, e non so che cosa non farebbe per procurarvi del bene.”
“Oh sì,” mormorò l'operaio coi denti stretti. “Lo so!.. Me ne ha già fatto tanto!.. Me ne fa tanto sempre del bene!”
Nè Lucietta nè altri avvertirono la feroce ironia che si nascondeva sotto quelle parole.
“Ed ora,” riprese la fanciulla sorridendo e come per cambiar discorso, “voi siete giunto proprio a tempo, perchè ho da domandarvi un piacere.”
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