Giuseppe Giacosa - Novelle e paesi valdostani
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L'occhio pratico gli disse subito che quei signori non facevano brigata e ne argomentò che la carrozza doveva essere di servizio pubblico . Uscì inquieto. La diligenza, stava sotto la tettoia, senza cavalli, il timone nudo piantato come una lancia nel ventre. L'aggirò in silenzio, fiutando un nemico, non lesse la parola concorrenza, scritta troppo in alto, ma il nome: America gli fece inarcare le ciglia. Stette un momento in pensieri, poi mormorò seco stesso mai più, mai più! e entrò in scuderia. Giac e lo stalliere di servizio erano andati, uno per acqua l'altro per fieno. Nella penombra del locale basso, male arieggiato da una finestruccola graticolata e dove la lampada era un carboncino rosso agonizzante, si avviò diritto alle poste dei cavalli forestieri; li sentì soffiare, ne misurò a occhio la statura, una palmata sulla groppa del primo fece un ciac pieno, indizio di carne soda e nutrita, tastò la groppa degli altri due, tesa come un tamburo, e stette pensoso mulinando sospetti e ricacciandoli col solito mai più, mai più .
Ma nell'uscire, ecco Giac col secchione e la spugna.
– Hai trovato padrone?
– Roba mia, roba mia! cantò il giovane, senza fermarsi.
Barba Gris dovette sedere sull'abbeveratoio; il cuore gli rullava nel petto come poc'anzi le ruote della carrozza in cortile: boccheggiava come un pesce fuor d'acqua, e intanto udiva Giac in scuderia chiamar le bestie per nome e carezzarle a palmate come donne sfacciate, zufolando allegro una fanfara dei bersaglieri. Come riebbe il fiato, urlò traverso l'uscio.
– Dove li hai rubati i quattrini?
– Eredità del barba.
In quella squillò in istrada la cornetta della posta, e la vecchia diligenza imboccato il portone al passo, andò gemendo a fermarsi dirimpetto la sala da pranzo. Ne scesero un carabiniere e il cuoco venuto da un albergo di San Remo a far la campagna estiva al Cannon d'Oro .
– Ladro! borbottò l'oste avviandosi alla sua stanza, dove si tappò per tutta la giornata. E Giac trovò così il destro di consegnare a Gin il conto di quella prima corsa, datata dal 24 giugno, giorno di San Giovanni, onomastico della ragazza.
La concorrenza fu tosto accanita e rabbiosa. Adesso anche la diligenza postale andava alla stazione a far gente, strillando il ribasso dei prezzi; ma a imballare i sacchi delle lettere ne andava sempre una mezz'ora e Giac via subito. La postale cambiava i cavalli a mezza strada, mentre Giac filava d'un fiato; è vero che il tempo perduto nel cambio tornava nella forza dei cavalli freschi, ma questo non bastava a ricomprare il primo ritardo. Tuttavia qualche volta ai due terzi di cammino Giac sentiva la postale rumoreggiargli alle spalle, e voltandosi vedeva nelle tenebre luccicare l'occhio acceso dell'alto fanale. Allora in luogo di tenersi da banda per cercare il sodo e scansare le carreggiate, l' America prendeva il colmo dello stradale, sollevando nuvoli di polvere; e cominciava una corsa sfrenata più agevole ai tre cavalli di fronte che al lungo traino dei quattro appaiati. Le discese poi finivano sempre per darla vinta a Giac, il cui polso di ferro, reggeva le bestie sospese alle redini, mentre le frustate e le grida stimolanti e il peso della carrozza le precipitavano in una corsa tempestosa e corretta.
Barba Gris in principio stava ogni mattina in ascolto dietro le persiane, se mai udisse prima la cornetta della diligenza, che lo scampanellare della rivale; poi, sfiduciato, aveva mutato stanza, allogandosi nella più remota della casa per non udire nè questo, nè quella; la figliuola lo aveva persuaso a non guastarsi interamente con Giac per non nimicarlo al Cannon d'Oro , e non perdere almeno avventori all'albergo. Il soverchio ribasso dei prezzi tentato dal vecchio per vincere la concorrenza, gli era tornato in danno e scorno, inzeppandogli la diligenza di valligiani, locchè ne svogliava i forestieri. La gentaccia mal pagante della postale, appena scesa di carrozza, si sperdeva qua e là, volta alle case ed ai traffichi, la signoria della concorrenza sostava all'albergo. Giac accorto, aveva ristabilita la tariffa intera, sicchè l' America semivuota fruttava più che la postale gremita di gente, e semivuota non era mai.
Che spina al cuore del vecchio! I quattrini perduti erano nulla rispetto all'orgoglio umiliato; li avrebbe buttati a sacca pure di spuntarla. Pensò perfino di impiantare un servizio alla svizzera, ma non era impresa da pochi giorni. La salute ne soffriva, l'asma gli s'era fatta più forte e frequente, non parlava più, non scendeva in cortile che per traversarlo e portare al caffè, nel piccolo crocchio taroccante, i rancori che in forma di scherni stentati gli uscivano dall'animo.
Gin, impietosita, stava meditando una confessione generale, sperandone pace.
Una notte, sul principio d'agosto, si scatenò nella valle un temporale furiosissimo. Sul fare dell'alba, già rasserenatosi il cielo, un merciaiolo parlò, giungendo, di guasti gravi lungo lo stradale. Pochi minuti dopo Lasquaz, l'usciere, recò che alla diligenza erano morti fulminati il cocchiere e due cavalli. Ignorava se alla posta o alla concorrenza, la notizia proveniva dal forte di Bard, avvisato per soccorsi.
L'oste, mancategli le gambe, sedeva sullo scalino della cucina guardando intorno e tenendosi il petto. L'asma lo soffocava, ma non c'era verso di farlo salire in stanza. Gin pallidissima avrebbe voluto lanciarsi di corsa per lo stradale a sincerare la notizia, ma l'aspetto sfinito del padre la tratteneva; il cortile era pieno di gente e ne veniva sempre. A quell'ora tutte e due le carrozze erano in grande ritardo. La folla inerte aspettava; i carabinieri erano partiti verso Bard.
Dopo un gran silenzio, Barba Gris disse:
– La posta ha la cornetta e l' America i sonagli.
E tacque di nuovo.
Un altro tempo di ansia silenziosa. Il cane del fornaio, dall'altro capo del paese, abbaiava forte come di notte; l'acqua della fontana chiaccherava nell'abbeveratoio.
Si udì lontano il pêê pêê della cornetta.
Allora il vecchio sorse come respinto da una molla, boccheggiò un momento, gli uscì dalle labbra due o tre volte: la mia! la mia! si lanciò nel mezzo del cortile, fra la gente che s'allargava in cerchio paurosa di pazzie, e si pose a ballare, dimenando alte le braccia, una danza pesante e dolorosamente scomposta.
La cornetta trombettava più vicino, poi il carrozzone sboccò nel cortile. Il vecchio ballando sempre mosse ad incontrarla, ridendo con degli ah! singhiozzanti. Come la vide, allargò le braccia, mutò l'ah! della risata in un oh! di maraviglia angosciosa, e stramazzò a terra sul colpo come un sacco.
Giac fece in tempo a trattenere i tre cavalli che quasi gli erano addosso. L' America incolume aveva raccolto parte del carico e il postiglione mal concio della diligenza postale. Avvicinandosi al paese aveva suonato la cornetta in segno di gioia per il pericolo scampato.
Barba Gris era morto.
Giac e Gin si sposarono dopo tre mesi.
STORIA DI DUE CACCIATORI
Negli ultimi anni del regno di Vittorio Emanuele, i cacciatori di contrabbando erano in val d'Aosta tanto cresciuti di numero e di baldanza, che il Re aveva trovato di non potersene altrimenti liberare se non accogliendo fra i proprii guardacaccia alcuni degli stessi contravventori, i più audaci e fortunati.
Tutti conoscono la gran passione che il Re aveva per la caccia alpina, della quale era gelosissimo; di più i frodatori cacciano purchessia, senza discrezione nè discernimento, ed al Re premeva non si estinguesse la bella razza degli stambecchi, della quale in tutta Europa sopravvivono pochi individui, rifugiati sulle falde e nei seni di quell'altissimo gruppo di montagne che si chiama il Gran Paradiso.
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