Volodyk - Paolini2-Eldest
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«Nagra» mormorò Orik. «Cinghiale gigante. Ùndin ti rende un vero onore stasera, Eragon. Soltanto i nani più audaci osano cacciare il Nagra, che viene servito solo a ospiti di grande prestigio. Inoltre ho ragione di credere che il suo gesto miri a conquistarti i favori del Dùrgrimst Nagra.»
Eragon si chinò verso di lui per non farsi udire da orecchie indiscrete. «Quindi anche questo è un animale nativo dei Monti Beor? Quali sono gli altri?»
«Lupi delle foreste così enormi da predare i Nagra, e tanto agili da cacciare le Feldùnost. Orsi delle cavèrne, che chiamiamo Urzhadn, e gli elfi chiamano Beorn, da cui deriva il nome che usano per queste vette, anche se noi non le chiamiamo così. Il nome delle montagne è un segreto che non condividiamo con nessun'altra razza. E...» «Smer voth» comandò Ùndin, sorridendo ai suoi ospiti. I servitori estrassero subito piccoli coltelli ricurvi con cui tagliarono porzioni di Nagra che deposero sui piatti di ciascun commensale - tranne che su quello di Arya -, compreso un pezzo enorme per Saphira. Ùndin sorrise di nuovo, prese il pugnale e si tagliò una fetta di carne. Eragon prese il proprio coltello, ma Orik gli afferrò il braccio. «Aspetta.»
Ùndin masticò lentamente, roteando gli occhi e annuendo in modo esagerato, poi inghiottì e proclamò: «Ilf gauhnith!» «Ora» disse Orik, e cominciò a mangiare, mentre fra i tavoli si accendevano cordiali e animate conversazioni. Eragon non aveva mai assaggiato niente come quel cinghiale. Era succoso, morbido, e stranamente speziato, come se la carne fosse stata marinata in miele e sidro, e il sapore era esaltato dalla menta. Come hanno fatto a cuocere una bestia così grande?
A fuoco lento, commentò Saphira, addentando il suo pezzo di Nagra.
Fra un boccone e l'altro, Orik spiegò: «È nostra usanza, dai tempi in cui l'avvelenamento era una pratica alquanto diffusa fra i clan, che il padrone di casa assaggi per primo il cibo e lo dichiari sicuro per i suoi ospiti.» Durante il banchetto, Eragon divise il suo tempo fra un assaggio della moltitudine di pietanze e la conversazione con Orik, Arya e i nani del suo tavolo. Così le ore parvero scorrere in fretta, quando in realtà il banchetto durò tanto a lungo che solo nel tardo pomeriggio venne servita l'ultima portata, masticato l'ultimo boccone e vuotato l'ultimo calice. Mentre i servitori sparecchiavano, Ùndin si rivolse a Eragon. «Hai gradito il pranzo?»
«Delizioso.»
Ùndin annuì. «Sono lieto che ti sia piaciuto. Ho fatto spostare i tavoli all'esterno, ieri, perché potessi mangiare con il drago.» Il suo sguardo rimase su Eragon tutto il tempo.
Eragon si sentì gelare dentro. Che lo avesse fatto volontariamente oppure no, Ùndin aveva trattato Saphira come una bestia qualsiasi. Eragon aveva avuto intenzione di chiedere spiegazioni sui nani velati in privato, ma ora, come spinto dal desiderio di irritare Ùndin, disse: «Saphira e io ti ringraziarne» E poi: «Perché hanno scagliato quell'anello davanti a noi?»
Un silenzio avvilito discese sul cortile. Con la coda dell'occhio, Eragon vide Orik che faceva una smorfia. Arya però sorrideva, come se avesse capìto che cosa stava facendo.
Ùndin posò il pugnale, visibilmente accigliato. «I knur-lagn che hai incontrato appartengono a un tragico clan. Prima della caduta dei Cavalieri erano fra le più antiche e ricche famiglie del nostro regno. Il loro destino, però, fu segnato da due terribili errori: vivevano ai confini occidentali dei Monti Beor, e inviarono i loro più valorosi guerrieri al servizio di Vrael.»
La rabbia s'impadronì della sua voce, rendendola rauca. «Galbatorix e i suoi Rinnegati, siano maledetti per sempre, li massacrarono nella vostra città di Ùru'baen. Poi volarono su di noi, e ne uccisero molti. Di quel clan, soltanto Grimstcarvlorss Anhùin e le sue guardie sopravvissero. La povera Anhùin morì presto di crepacuore, e i suoi uomini assunsero il nome di Az Sweldn rak Anhùin, le Lacrime di Anhùin, coprendosi il volto per rammentare a se stessi il loro lutto e il desiderio di vendetta.»
Le guance gli formicolarono di vergogna, ma Eragon si sforzava di mantenere un'espressione neutra. «E così» proseguì Ùndin, fissando torvo un dolcetto, «ricostruirono il clan nel corso dei decenni, aspettando la loro rivalsa. E adesso arrivi tu, portando l'emblema di Rothgar. È un insulto gravissimo per loro, malgrado le tue gesta nel Farthen Dùr. E quindi l'anello rappresenta un gravissimo gesto di sfida. Significa che il Dùrgrimst Az Sweldn rak Anhùin si opporrà a te con tutte le sue forze, in ogni questione, grande o piccola. Si sono schierati contro di te, si sono dichiarati nemici di sangue.»
«Vuoi dire che intendono farmi del male?» domandò Eragon, rigido.
Lo sguardo di Ùndin vacillò nel rivolgere una fugace occhiata a Gannel, poi Ùndin scrollò il capo ed emise una rauca risata che risuonò forse un po' troppo ostentata. «No, Ammazzaspettri! Nemmeno loro oserebbero nuocere a un ospite. È proibito. Vogliono soltanto che tu vada via, lontano e il più presto possibile.» Eragon non sembrava del tutto convinto. Allora Ùndin aggiunse: «Ti prego, non parliamo più di questi sgradevoli argomenti. Gannel e io ti abbiamo offerto il nostro cibo e il nostro idromele in segno di amicizia. Non è questo ciò che più conta?» Il sacerdote lì accanto mormorò un assenso.
«Lo apprezzo molto» concesse infine Eragon.
Saphira lo guardò con occhi solenni e disse: Hanno paura, Eragon. Paura e risentimento, perché sono stati costretti ad accettare l'assistenza di un Cavaliere.
Già. Se sarà necessario, combatteranno con noi, ma non per noi.
Celbedeil
Il mattino senza alba trovò Eragon nel salone principale di Ùndin, ad ascoltare il capoclan che discorreva con Orik nella lingua dei nani. Ùndin s'interruppe nel vedere Eragon che si avvicinava, poi disse: «Ah, Ammazzaspettri. Hai dormito bene?»
«Sì.»
«Bene.» Fece un cenno a Orik. «Stavamo parlando della vostra partenza. Mi sarebbe piaciuto che vi tratteneste più a lungo qui da noi, ma date le circostanze è preferibile che riprendiate il vostro viaggio domattina presto, quando non ci sarà nessuno per la strada che possa importunarvi. Ho già dato ordine di preparare le provviste e i mezzi di trasporto. Per esplicita volontà di Rothgar, una scorta vi accompagnerà fino a Ceris, e dal canto mio ho aumentato il loro numero da tre a sette.»
«E nel frattempo?»
Ùndin si strinse nelle spalle ammantate di pelliccia. «Avrei voluto mostrarti le meraviglie di Tarnag, ma adesso non sarebbe saggio lasciarti girare per la mia città. Tuttavia Grimstborith Gannel ti ha invitato a Celbedeil. Se lo desideri, accetta. Con lui sarai al sicuro.» Il capoclan sembrava aver dimenticato l'affermazione del giorno prima, secondo cui gli Az Sweldn rak Anhùin non gli avrebbero torto un capello.
«Ti ringrazio. Credo che accetterò.» Nel lasciare la sala, Eragon prese da parte Orik e gli chiese: «Quanto è seria questa faida? Devo sapere la verità.»
Orik rispose, con malcelata riluttanza: «In passato, non era raro che le faide durassero per generazioni. Intere famiglie si sono estinte nel sangue. Sono stati sconsiderati gli Az Sweldn rak Anhùin ad appellarsi alle antiche usanze; una cosa del genere non accadeva dai tempi delle guerre fra clan... Finché non revocheranno il loro giuramento, dovrai guardarti dai loro complotti, che sia per un anno oppure per un secolo. Mi rincresce che la tua amicizia con Rothgar abbia provocato tutto questo, Eragon. Ma non sei solo. Il Dùrgrimst Ingietum è dalla tua parte.»
Una volta uscito, Eragon corse da Saphira, che aveva trascorso la notte accucciata in cortile. Ti dispiace se vado a visitare Celbedeil?
Se proprio devi, va'pure. Ma porta Zar'roc. Il giovane seguì il suo consiglio, e s'infilò la pergamena di Nasuada nella tunica. Quando Eragon si avvicinò al cancello incassato nel muro di cinta del palazzo, cinque nani spinsero da parte i battenti di legno grezzo, poi si strinsero intorno a lui, le mani salde sulle impugnature delle spade e delle asce, gli occhi che guizzavano da un lato e dall'altro per ispezionare la strada. Le guardie lo scortarono nel ripercorrere il tragitto del giorno prima, fino all'ingresso sbarrato del più elevato livello di Tarnag.
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