Volodyk - Paolini2-Eldest

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Trianna inarcò un sopracciglio. «Tu hai rifiutato quella proposta, Ammazzaspettri... o l'hai dimenticato?» Malgrado l'espressione composta, Eragon notò dal tono della sua voce che la maga era sulla difensiva, sapendo di non poter sostenere oltre la propria posizione. Gli sembrava più matura di quando si erano incontrati l'ultima volta, ed Eragon si rese conto che aveva dovuto affrontare non poche traversie, dalla marcia fino al Surda all'organizzazione degli stregoni del Du Vrangr Gata ai preparativi per la guerra.

«All'epoca non potevo accettare. Era il momento sbagliato.»

Cambiando tattica all'improvviso, Trianna chiese: «Perché

Nasuada ritiene che dovresti comandarci? Suppongo che tu e Saphira sareste molto più utili altrove.» «Nasuada vuole che sia io a condurre il Du Vrangr Gata nella battaglia imminente, e così farò.» Eragon pensò che fosse meglio evitare di dire che era stata un'idea sua.

Un fosco cipiglio conferì a Trianna un aspetto feroce. Indicò il gruppo alle sue spalle. «Abbiamo dedicato la vita allo studio della nostra arte. Tu conosci la magia da meno di due anni. Che cosa ti rende più qualificato per questo incarico di uno qualsiasi di noi? Non importa. Dimmi, invece: qual è la tua strategia? Come pensi di utilizzarci?» «Il mio piano è semplice» rispose lui. «Unirete le vostre menti per cercare gli stregoni nemici. Nel momento in cui ne individuerete uno, aggiungerò la mia forza alla vostra, e insieme schiacceremo la resistenza del mago. Poi potremo sconfiggere il battaglione ormai privo di difese arcane.»

«E cosa farai il resto del tempo?» «Combatterò con Saphira.»

Dopo un lungo silenzio imbarazzato, uno degli stregoni alle spalle di Trianna disse: «È un buon piano.» L'uomo si fece piccolo piccolo sotto lo sguardo severo della maga.

Lentamente, Trianna si volse a guardare di nuovo Eragon. «Da quando sono morti i Gemelli, ho condotto io il Du Vrangr Gata. Sotto la mia guida, hanno fornito ai Varden i mezzi per sovvenzionare questa guerra, hanno scoperto la Mano Nera, la rete di spie di Galbatorix che ha tentato di assassinare Nasuada, per non parlare di innumerevoli altri servigi. Non è vanagloria se affermo che non sono state imprese facili. E sono certa di poter continuare a ottenere simili risultati... Perché, dunque, Nasuada vuole depormi? In che modo l'ho delusa?»

In quel momento, Eragon ebbe chiara la situazione. Si è abituata al potere e non vuole cederlo. Ma soprattutto, considera la sostituzione come una critica alla sua condotta.

Devi risolvere la questione, e alla svelta, disse Saphira. Ormai ci resta pochissimo tempo.

Eragon si arrovellò in cerca di un modo per ribadire la propria autorità sul Du Vrangr Gata senza alienarsi l'appoggio di Trianna. Infine disse: «Non sono venuto qui per creare problemi. Sono venuto a chiedere aiuto.» Si rivolse a all'intera congregazione, ma guardò dritto negli occhi Trianna. «Sono forte, sì. Saphira e io potremmo probabilmente sconfiggere tutti gli stregoni di Galbatorix. Ma non potremmo proteggere tutti i Varden. Non possiamo essere dappertutto. E se gli stregoni guerrieri di Galbatorix unissero i loro sforzi, anche noi avremmo difficoltà a sopravvivere... Non possiamo combattere questa guerra da soli. Tu hai ragione, Trianna... Hai guidato bene il Du Vrangr Gata, e non sono qui per usurpare il tuo posto. È solo che, in quanto mago, ho bisogno di lavorare col Du Vrangr Gata, e in quanto Cavaliere, ho bisogno di darvi ordini, ordini che devo essere sicuro saranno eseguiti senza obiezioni. È necessario definire una gerarchia di comando. Detto questo, continuerete a mantenere gran parte della vostra autonomia. Il più delle volte sarò troppo impegnato per dedicare la mia attenzione al Du Vrangr Gata. E intendo ricorrere ai vostri consigli, perché so bene che avete molta più esperienza di me... Perciò, vi chiedo ancora una volta: ci aiuterete, per il bene dei Varden?» Trianna esitò, poi chinò il capo. «Certo, Ammazzaspettri... per il bene dei Varden. Sarà un onore averti a capo del Du Vrangr Gata.»

«Cominciamo, allora.»

Nel corso delle ore che seguirono, Eragon parlò con ciascuno degli stregoni riuniti, anche se un discreto numero era assente, impegnato in un modo o nell'altro ad aiutare i Varden. Fece del suo meglio per rendersi conto delle loro capacità. Scoprì che la maggior parte degli uomini e delle donne del Du Vrangr Gata erano stati introdotti alle arti magiche da un parente, spesso in gran segreto per evitare di attirare l'attenzione di coloro che temevano la magia, e ovviamente di Galbatorix. Soltanto uno sparuto gruppetto aveva ricevuto un adeguato addestramento. Di conseguenza, la maggioranza degli stregoni conosceva assai poco dell'antica lingua - nessuno la sapeva parlare con disinvoltura - e le loro credenze in fatto di magia erano spesso distorte da superstizioni religiose; in più, ignoravano le numerose applicazioni della negromanzia.

Non c'è da sorprendersi se i Gemelli morivano dalla voglia di carpire il tuo vocabolario nell'antica lingua, quando ti misero alla prova nel Farthen Dùr, osservò Saphira. Grazie a quelle parole, avrebbero avuto gioco facile su questi fattucchieri da quattro soldi.

Sono tutto quello che abbiamo, però.

Vero. Spero che adesso tu ti renda conto che avevo ragione su Trianna. Antepone i suoi desideri al bene comune. Avevi ragione, ammise Eragon. Ma non mi sento di condannarla per questo. Trianna si destreggia nel mondo meglio che può, come facciamo tutti, del resto. La capisco, anche se non l'approvo, e la comprensione, come ha detto Oromis, genera simpatia.

Poco più di un terzo degli stregoni erano specializzati come guaritori. Eragon li congedò, dopo aver insegnato loro cinque nuovi incantesimi da usare per curare una vasta gamma di ferite e malattie. Con il resto, Eragon lavorò per definire una chiara catena di comando - nominò Trianna suo luogotenente affinchè si assicurasse che i suoi ordini venissero eseguiti - e per fondere le diverse personalità in una compatta unità da combattimento. Cercare di convincere dei maghi a collaborare, scoprì, era come cercare di convincere una muta di cani a condividere un osso. Né lo aiutò il timore reverenziale che sembrava suscitare in loro, perché non riusciva lo stesso a trovare il modo di usare la sua influenza per moderare le relazioni fra gli stregoni litigiosi.

Per farsi un'idea migliore delle loro capacità, Eragon ordinò loro di evocare una serie di incantesimi. Quando li vide sforzarsi con formule che ormai lui considerava semplici, si rese conto di quanto i suoi poteri fossero aumentati. A Saphira espresse il suo stupore. E pensare che un tempo avevo difficoltà a sollevare un ciottolo. E pensare, ribattè lei, che Galbatorix ha avuto oltre un secolo per affinare il suo talento.

Il sole era basso a occidente, e intensificava la malsana luce arancione finché l'accampamento dei Varden, il livido Jiet, e la vastità delle Pianure Ardenti non rosseggiò in quel folle, screziato fulgore come la scena del sogno di un pazzo. Il sole aveva appena lambito l'orizzonte quando arrivò un messaggèro. Disse a Eragon che Nasuada voleva vederlo subito. «E credo che sia meglio se ti affretti, Ammazzaspettri, se posso permettermi di dirlo.»

Dopo aver fatto promettere ai membri del Du Vrangr Gata che sarebbero stati pronti a intervenire quando lui li avesse chiamati in aiuto, Eragon corse insieme a Saphira attraverso le file di tende grigie verso il padiglione di Nasuada. Un rauco clamore sopra di loro fece alzare la testa a Eragon.

Vide un gigantesco stormo di uccelli che volteggiavano sui due eserciti. Individuò aquile, falchi e sparvieri, insieme ad avide cornacchie e ai loro più grossi, rapaci cugini dal becco acuminato e il dorso nero, i corvi. Gli uccelli stridevano in attesa del sangue per bagnarsi la gola e di carne calda per riempirsi la pancia e saziare la fame. Per esperienza e istinto, sapevano che ogni volta che compariva un esercito in Alagaésia, presto o tardi avrebbero banchettato con centinaia di carogne.

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