Volodyk - Paolini2-Eldest
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Eragon si strinse le mani dietro la schiena, e aspettò paziente che Angela lo informasse, in termini quanto mai espliciti, dettagliati e coloriti, di che razza di zuccone fosse; che i suoi antenati dovevano essere dei trogloditi per aver generato il colossale zuccone che era - arrivò addirittura a insinuare che uno dei suoi nonni doveva essersi accoppiato con una Urgali; e delle punizioni mai abbastanza atroci che uno zuccone come lui si meritava per una tale idiozia. Se qualunque altra persona lo avesse insultato a quel modo, Eragon l'avrebbe sfidata a duello senza pensarci due volte, ma tollerò il fiume di bile che l'indovina gli vomitò addosso perché sapeva di non poter giudicare il suo comportamento secondo i normali criteri, e perché sapeva che la sua collera era più che giustificata: aveva commesso un terribile errore. Quando Angela s'interruppe per riprendere fiato, Eragon disse: «Hai ragione, e cercherò di annullare l'incantesimo quando la battaglia sarà decisa.»
Angela battè le palpebre tre volte, in rapida successione, mentre la sua bocca restò aperta per un secondo in un muto "Oh", prima di richiudersi di scatto. Con un'occhiataccia torva, gli chiese: «Non lo stai dicendo solo per rabbonirmi, vero?»
«Non lo farei mai.»
«E sul serio intendi annullare la tua maledizione? Credevo che incantesimi del genere fossero irrevocabili.» «Gli elfi hanno scoperto molti modi per usare la magia.»
«Ah... D'accordo, allora, la questione è risolta.» Gli concesse un ampio sorriso, poi lo superò per avvicinarsi a Saphira e accarezzarla sul muso. «È bello rivederti, Saphira. Sei cresciuta.»
Anch'io sono contenta, Angela.
Quando l'indovina tornò a mescolare la sua brodaglia, Eragon disse: «Che sermone impressionante, Angela.» «Ti ringrazio. Ci ho lavorato per diverse settimane. È un peccato che non sia arrivata al finale: è memorabile. Ti andrebbe di sentirlo?»
«No, grazie, mi è bastato così. Il resto me lo immagino.»
Guardandola di sottecchi, Eragon aggiunse: «Non sembri sorpresa di vedere quanto sono cambiato.» L'erborista si strinse nelle spalle. «Ho le mie fonti. È un miglioramento, a mio avviso. Prima eri... oh, come dire?... incompiuto.»
«Già.» Eragon indicò le piante. «A cosa ti servono?»
«Oh, una cosuccia che ho in mente... diciamo una specie di esperimento.»
«Mmm.» Esaminando le sfumature verdastre sul cappello rossiccio di un fungo, Eragon chiese: «Hai poi scoperto se i rospi esistono o no?»
«Ebbene, sì! A quanto pare, tutti i rospi sono rane, ma non tutte le rane sono rospi. Perciò in quel senso i rospi non esistono, il che significa che ho sempre avuto ragione.» Interruppe le sue farneticazioni, si chinò da un lato e prese una tazza dalla panca accanto a lei per offrirla a Eragon. «Gradisci una tazza di té?»
Eragon scoccò un'occhiata alle piante mortali appese a seccare intorno a loro, poi guardò di nuovo il volto cordiale di Angela. Sottovoce, per non farsi sentire dall'erborista, mormorò tre formule per individuare i veleni. Una volta sicuro che il té non era contaminato, osò bere un sorso. Era delizioso, anche se non riuscì a identificarne gli ingredienti. Intanto Solembum si era avvicinato a Saphira e inarcando la schiena aveva cominciato a strusciarsi contro la sua zampa, come avrebbe fatto un gatto qualsiasi. Spostando il collo, Saphira si chinò ad accarezzare il dorso del gatto mannaro col muso. A Ellesméra, disse lei, ho incontrato qualcuno che ti conosce.
Solembum smise di strusciarsi e inclinò la testa da un lato. Davvero?
Sì. Si chiamava Zampalesta oppure la Danzatrice dei Sogni, e anche Maud.
Solembum sgranò gli occhi dorati. Cominciò a fare le fusa, e riprese a strofinarsi contro Saphira con rinnovato entusiasmo.
«E così» disse Angela «immagino che tu abbia già parlato con Nasuada, Arya e re Orrin.» Eragon annuì. «E che ne pensi del buon vecchio Orrin?»
Eragon scelse le parole con cura, ben sapendo che stavano parlando di un re. «Be'... a quanto pare coltiva molti interessi.»
«Già, è più matto di un matto ubriaco alla vigilia della Notte di Mezza Estate. Ma d'altro canto, chi più chi meno, lo siamo un po' tutti.»
Divertito di fronte a tanta schiettezza, Eragon disse: «Effettivamente dev'essere matto per aver trasportato tutti quei vetri da Aberon fin qui.»
Angela inarcò un sopracciglio. «Che vuoi dire?»
«Non sei stata nella sua tenda?»
«A differenza di certa gente» dichiarò lei, tirando su col naso, «io non cerco di ingraziarmi ogni testa coronata che incontro.» E così Eragon le descrisse la moltitudine di delicati strumenti che Orrin si era portato sulle Pianure Ardenti. Angela smise di mescolare mentre lui parlava, ascoltando con interesse sempre maggiore. Nell'istante in cui lui finì, l'indovina cominciò ad affannarsi intorno al calderone, raccogliendo i mazzetti di piante e usando a volte delle pinze per farlo, e disse: «Credo sia opportuno che vada a fare una visitina a Orrin. Voi due mi racconterete del vostro viaggio a Ellesméra un'altra volta... Be', che aspettate? Vi saluto!»
Eragon scosse il capo mentre la donna minuta li incitava ad allontanarsi dalla tenda. Lui aveva ancora la tazza in mano. Parlare con lei è sempre...
Strano? suggerì Saphira.
Esatto.
Nubi di guerra
Dalla tenda di Angela impiegarono quasi mezz'ora per individuare quella di Trianna, che evidentemente fungeva da quartier generale del Du Vrangr Gata. Ebbero difficoltà a trovarla, perché poche persone sapevano della sua esistenza, e ancora meno sapevano dove fosse, visto che era nascosta dietro un affioramento di roccia che serviva da baluardo contro gli sguardi degli stregoni nemici al servizio di Galbatorix.
Mentre Eragon e Saphira si avvicinavano alla grande tenda nera, i lembi dell'ingresso si sollevarono di colpo, e Trianna uscì spedita, le braccia alzate, nude fino ai gomiti, pronta a usare la magia. Alle sue spalle veniva un gruppo di stregoni dall'aria risoluta, anche se lievemente spaventata; Eragon ne aveva già visti molti nel Farthen Dùr, impegnati a combattere o a curare i feriti.
Eragon guardò Trianna e gli altri reagire sorpresi davanti al suo aspetto alterato. Abbassando le braccia, Trianna disse: «Ammazzaspettri, Saphira. Avreste dovuto avvertirci prima che eravate qui. Ci stavamo preparando a combattere quello che pensavamo un nemico formidabile.»
«Non intendevo turbarvi» disse Eragon, «ma dovevamo prima presentarci da Nasuada e re Orrin.» «E perché adesso ci onori della tua graziosa presenza? Non ci hai mai degnato di una visita, noi che siamo i tuoi più stretti fratelli fra i Varden.»
«Sono venuto ad assumere il comando del Du Vrangr Gata.»
L'assemblea di stregoni fu percorsa da un mormorio di meraviglia al suo annuncio, e Trianna s'irrigidì. Eragon sentì che alcuni maghi cercavano di sondare la sua coscienza, nel tentativo di capire le sue reali intenzioni. Invece di difendersi un gesto che lo avrebbe reso cieco a eventuali attacchi - Eragon rispose trapassando le menti degli intrusi abbastanza da costringerli a ritirarsi dietro le loro barriere. Ebbe anche la soddisfazione di vedere due uomini e una donna fare una smorfia e abbassare lo sguardo.
«Per ordine di chi?» chiese Trianna.
«Per ordine di Nasuada.»
«Ah» disse la maga con un sorriso di trionfo, «ma Nasuada non ha alcuna autorità su di noi. Noi aiutiamo i Varden di nostra spontanea volontà.»
La sua resistenza sconcertò Eragon. «Sono sicuro che Nasuada sarebbe sorpresa nel sentirlo, dopo tutto quello che lei, e suo padre, hanno fatto per il Du Vrangr Gata. Potrebbe avere l'impressione che non desideriate più il sostegno e la protezione dei Varden.» Lasciò che la velata minaccia aleggiasse per qualche istante sul gruppo. «E poi mi pare di ricordare che proprio tu mi hai proposto questo incarico, una volta. Perché non adesso?»
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