Volodyk - Paolini2-Eldest

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Un'ombra di apprensione si dipinse sul volto di Fredric; era personalmente qualche terribile, innaturale punizione alle sentinelle. Tuttavia non espresse il suo timore, ma disse: «Se vuoi seguirmi, Cavaliere...»

Li condusse attraverso l'accampamento fino a una tenda a strisce d'alto comando, dove una ventina di uomini dall'aria afflitta si stavano spogliando di armi e corazze sotto l'occhio vigile di una dozzina di guardie. Alla vista di Eragon e ovvio che temeva che Eragon volesse infliggere Saphira, i prigionieri posarono un ginocchio a terra e rimasero immobili, con lo sguardo basso. «Salve, Ammazzaspettri!» gridarono all'unisono.

Eragon non disse niente, ma avanzò lungo la fila di soldati studiando le loro menti. I suoi stivali schiacciavano la crosta di terreno bruciato con un sinistro crepitio. Alla fine disse: «Dovreste essere fieri della prontezza con cui avete reagito alla nostra comparsa. Se Galbatorix dovesse attaccare, è esattamente quello che dovete fare, anche se dubito che le frecce sarebbero efficaci con lui, come non lo sono state con me e con Saphira.» Le sentinelle lo guardarono incredule, i volti pervasi dal sollievo che rilucevano come ottone brunito nella luce variegata. «Vi chiedo soltanto, in futuro, di concedervi un istante per identificare il vostro bersaglio, prima di tirare. La prossima volta potrei essere troppo distratto per fermare i vostri dardi. Sono stato chiaro?»

«Sì, Ammazzaspettri!» gridarono quelli.

Fermandosi davanti al penultimo della fila, Eragon gli porse la freccia che aveva afferrato in volo dal dorso di Saphira. «Credo che questa sia tua, Harwin.»

Con espressione sbigottita, Harwin prese la freccia. «È mia! Dipingo sempre una striscia bianca sull'asta per poterle ritrovare in seguito. Grazie, Ammazzaspettri.»

Eragon annuì e si rivolse a Fredric, ma in maniera tale che tutti potessero sentirlo: «Questi sono uomini valorosi, ed esigo che non accada loro nulla di male per colpa di questo incidente.»

«Ti do la mia parola» disse Fredric, e sorrise.

«Ora puoi condurci da ledy Nasuada?»

«Seguimi, Cavaliere.»

Nel voltare le spalle alle sentinelle, Eragon seppe che il suo gesto gli aveva fatto guadagnare la loro lealtà incondizionata, e che ben presto si sarebbe sparsa notizia dell'episodio fra tutti i Varden.

Il percorso che Fredric seguì fra le tende portò Eragon in contatto ravvicinato con più menti di quante ne avesse mai toccate prima. Centinaia di pensieri, immagini e sensazioni si accalcavano nella sua coscienza. Malgrado gli sforzi per tenerle a distanza, non potè fare a meno di cogliere dettagli frammentari della vita di ciascuno. Trovò alcune rivelazioni sconvolgenti, altre insignificanti, altre ancora commoventi, o al contrario rivoltanti, e molte imbarazzanti. Alcuni individui percepivano il mondo in maniera così diversa che le loro menti gli balzavano subito all'occhio proprio a causa della differenza.

Com'e facile considerare questi uomini nient'altro che oggetti che io e pochi altri possiamo manipolare a nostro piacimento. Eppure ciascuno di loro nutre sogni e speranze, ha in sé il potenziale per futuri successi e ricordi di quanto ha già compiuto. E tutti provano dolore.

Un gruppo di menti che toccò si accorsero del contatto e si ritrassero, nascondendosi dietro barriere di forza diversa. Lì per lì Eragon si preoccupò, immaginando di aver scoperto nemici infiltrati tra i Varden, ma poi si rese conto che si trattava dei singoli membri del Du Vrangr Gata.

Saphira disse: Devi averli spaventati a morte. Penseranno di essere aggrediti da qualche oscuro stregone. Non posso convincerli del contrario finché mi ostacolano in questo modo.

Dovrai incontrarli di persona, e presto, anche, prima che decidano di unire le forze e contrattaccare. Già, anche se non credo che rappresentino una vera minaccia. Du Vrangr Gata... Il loro stesso nome tradisce la loro ignoranza. Nell'antica lingua si dovrebbe dire Du Gata Vrangr.

La camminata terminò nella retroguardia dei Varden, davanti a un grande padiglione rosso su cui sventolava uno stendardo ricamato con uno scudo nero su due spade incrociate. Fredric scostò un lembo della tenda d'ingresso, ed Eragon e Orik entrarono nel padiglione. Dietro di loro, Saphira infilò la testa nell'apertura e sbirciò sopra le loro spalle. Un ampio tavolo occupava il centro della grande tenda. Nasuada era in piedi a un'estremità. Eragon si sentì balzare il cuore nel petto quando vide Arya dall'altro lato. Entrambe erano vestite da battaglia, come guerrieri. Nasuada rivolse lentamente il viso ovale verso di lui.

«Eragon?» mormorò.

Lui rimase colpito nel sentirsi tanto felice di rivederla. Con un gran sorriso, ruotò il polso e si portò la mano al petto, nel gesto di fedeltà degli elfi, e s'inchinò. «Per servirti.»

«Eragon!» Questa volta la voce di Nasuada risuonò colma di gioia e sollievo. Anche Arya sembrava lieta. «Come hai fatto a ricevere il nostro messaggio così in fretta?»

«Non l'ho ricevuto; ho saputo dell'esercito di Galbatorix grazie alla cristallomanzia, e sono partito da Ellesméra il giorno stesso.» Le sorrise di nuovo. «È bello ritrovarsi fra i Varden.»

Mentre parlava, Nasuada lo scrutava con meraviglia. «Che cosa ti è successo, Eragon?»

Arya non deve averle detto nulla, osservò Saphira.

E così Eragon le raccontò per filo e per segno quello che era accaduto a lui e a Saphira da quando l'avevano lasciaI

ta nel Farthen Dùr, tanto tempo prima. Capì che Nasuada era già al corrente di molti episodi, che dovevano averle riferito sia i nani che Arya, ma lei lo lasciò parlare senza interromperlo. Eragon fu costretto a essere piuttosto reticente sul proprio addestramento. Aveva dato la propria parola di non rivelare l'esistenza di Oromis senza il suo consenso, e la maggior parte delle lezioni non doveva essere divulgata a estranei, ma fece del proprio meglio per dare a Nasuada un'idea generale delle proprie capacità e dei rischi che correvano. Riguardo all'Agaeti Blòdhren, disse soltanto: «... e durante la celebrazione, i draghi hanno operato su di me il cambiamento che vedi, dandomi le capacità fisiche di un elfo e guarendomi la schiena.»

«La tua cicatrice è scomparsa, dunque?» chiese Nasuada. Eragon annuì. Bastò qualche altra frase concisa per concludere il racconto, con qualche accenno alla ragione per cui avevano lasciato la Du Weldenvarden e una rapida descrizione del loro viaggio fino al Surda. Nasuada scrollò il capo. «Che storia. Tu e Saphira avete vissuto molto, da quando siete partiti dal Farthen Dùr.»

«Tu non sei stata da meno» disse Eragon, facendo un ampio gesto con la mano. «È stupefacente quello che sei riuscita a realizzare. Dev'essere stata un'impresa colossale, spostare tutti i Varden nel Surda... Il Consiglio degli Anziani ti ha dato problemi?»

«Qualcuno, ma nulla di significativo. A quanto pare, sembrano rassegnati a sottostare alla mia autorità.» La sua cotta d'armi tintinnò quando si sedette su uno scranno dall'alto schienale e si rivolse a Orik, che doveva ancora parlare. Gli porse i suoi saluti e gli domandò se aveva qualcosa da aggiungere al racconto di Eragon. Orik si strinse nelle spalle e narrò un paio di aneddoti sulla loro permanenza a Ellesméra, anche se Eragon ebbe il sospetto che serbasse le sue vere osservazioni per il proprio re.

Quando ebbe finito, Nasuada disse: «Mi rincuora sapere che se riusciremo a sopravvivere a questo attacco, avremo gli elfi dalla nostra. Vi è capitato di scorgere i guerrieri di Rothgar durante il volo da Aberon? Contiamo sui loro rinforzi.» No, rispose Saphira tramite Eragon. Ma era buio, e spesso ho volato sopra e fra le nuvole. In quelle condizioni, avrei potuto facilmente farmi sfuggire un accampamento. Comunque dubito che abbiano seguito il nostro stesso percorso, perché io ho volato diritto da Aberon, mentre i nani devono aver scelto un cammino diverso, magari seguendo le strade battute, piuttosto che avventurandosi nella natura selvaggia.

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