Blake Pierce - Prima Che Dia La Caccia

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Da Blake Pierce, autore di successo del libro IL KILLER DELLA ROSA (un best-seller con più di 900 recensioni da cinque stelle), è in arrivo il volume #8 della serie di gialli mozzafiato di Mackenzie White. In PRIMA CHE DIA LA CACCIA (Un Mistero di Mackenzie White – Libro 8), un serial killer si sta lasciando alle spalle una scia di vittime in Nebraska, il Paese d’origine dell’agente speciale dell’FBI Mackenzie White. Tutte sono state uccise con un colpo di pistola alla nuca e tutte hanno addosso il biglietto da visita Antiquariato Barker, lo stesso lasciato sul corpo del padre di Mackenzie dal suo assassino molti anni prima. Finalmente è giunto per Mackenzie il momento di affrontare i propri fantasmi, il proprio oscuro passato e scoprire chi è l’omicida del padre. Ma questo viaggio nei ricordi la porta a visitare luoghi che preferirebbe non vedere, a scoprire cose che preferirebbe ignorare. Mackenzie si ritrova coinvolta in una sorta di gioco del gatto con il topo contro un killer più bieco di quanto si possa immaginare. Con la sua fragile psiche che minaccia di crollare, proprio questo caso, il più cruciale di tutti, potrebbe rivelarsi quello che la metterà fuori gioco una volta per tutte. Thriller-noir psicologico dalla suspense mozzafiato, PRIMA CHE DIA LA CACCIA è il libro #8 in una nuova, avvincente serie – con un nuovo, irresistibile personaggio – che vi terrà incollati alle pagine fino a tarda notte. Di Blake Pierce è anche disponibile il best-seller IL KILLER DELLA ROSA (Un Mistero di Riley Paige – Libro #1), con più di 900 recensioni da cinque stelle, da scaricare gratuitamente!

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Jack Waggoner si voltò e studiò Mackenzie dietro le spesse lenti degli occhiali. Quindi se li tolse, sbatté le palpebre quasi comicamente e lentamente si alzò dalla sedia. Appena si spostò, Mackenzie poté vedere a cosa stava lavorando. Vide il corpo di quella che sembrava una piccola lince rossa.

Tassidermia, pensò. A quanto pare non è riuscito a stare lontano dai cadaveri, dopo il pensionamento.

"Non credo che ci conosciamo" disse Jack.

"In effetti no" confermò lei. "Sono Mackenzie White, dell'FBI. Speravo di parlare con lei di un cadavere che analizzò circa diciassette anni fa. "

Jack fischiò e scrollò le spalle. "Accidenti, riesco a malapena a ricordare i corpi che ho visto durante il mio ultimo anno di lavoro - e questo risale soltanto a due anni fa. Diciassette anni è chiedere troppo."

"Era un caso di alto profilo" specificò Mackenzie. “Un poliziotto...un detective, in realtà. Un uomo di nome Benjamin White. Era mio padre. È stato colpito a..."

"A bruciapelo nella parte posteriore della testa" terminò Jack. "Con una Beretta 92, se la memoria non mi inganna."

"Esatto."

"Certo, quello me lo ricordo. E... beh, suppongo si possa dire che sia bello conoscerla. Mi dispiace per suo padre, ovviamente."

Bernice sospirò e si avviò verso le scale. Rivolse a Mackenzie un mezzo sorriso come per scusarsi e, dopo averle fatto un cenno, li lasciò soli.

Jack sorrise a sua moglie mentre questa saliva le scale. Quando i suoi passi non si sentirono più, Jack tornò a guardare il tavolo di lavoro. "Le stringerei la mano ma... ecco, non so se le piacerebbe."

"La tassidermia mi sembra un hobby adatto per un uomo con un passato lavorativo come il suo" gli disse Mackenzie.

"Mi fa passare il tempo. E non è male avere un piccolo guadagno extra. Ad ogni modo... Sto divagando. Cosa posso dirle riguardo il caso di Ben White?"

"Sinceramente, sto solo cercando qualcosa fuori dall'ordinario. Ho letto i rapporti dei casi più di cinquanta volte, come minimo. Li conosco praticamente a memoria. Ma sono anche consapevole del fatto che spesso ci sono minuscoli dettagli che vengono notati solo da una o due persone - dettagli che in quel momento non sembra valere la pena includere nel rapporto ufficiale. Sto cercando qualcosa del genere. "

Jack si prese un momento per pensarci, ma Mackenzie capì dall'espressione delusa nei suoi occhi che non gli veniva in mente niente. Dopo qualche istante, scosse la testa. "Mi dispiace, ma per quanto riguarda il cadavere in sé, non c'era niente di strano. Naturalmente la causa della morte era chiara. A parte questo, però, il corpo era in buona forma."

"Allora perché lo ricorda così bene?"

"A causa della natura del caso stesso. Mi è sempre sembrato maledettamente sospetto. Suo padre era un poliziotto rispettato. Qualcuno è entrato in casa sua, gli ha sparato alla nuca ed è riuscito a uscire senza che nessuno si accorgesse di nulla. Una Beretta 92 non è troppo rumorosa, ma lo è abbastanza da svegliare le persone in casa. "

"Infatti mi ha svegliato" confermò Mackenzie. "La mia stanza era proprio accanto alla sua. L'ho sentito, ma non ero certa di cosa fosse. Poi ho sentito i passi di qualcuno che oltrepassava la mia stanza. La porta della mia camera era chiusa, il che non era mai stata mia abitudine da bambina. La lasciavo sempre socchiusa. Invece qualcuno l'aveva chiusa. La stessa persona che ha sparato a mio padre, immagino."

"Giusto. Sei stata tu a trovarlo, vero?”

Lei fece un cenno affermativo. "E non potevano essere passati più di due o tre minuti dallo sparo. Quello è il tempo che mi ci è voluto per capire che qualcosa non andava. Allora sono scesa dal letto e sono andata nella stanza dei miei genitori per controllare."

"Le assicuro... vorrei avere più informazioni per lei. E la prego di perdonarmi se lo dico, ma qualcosa non torna nella versione ufficiale dei fatti. Ha parlato con sua madre di questo?”

"No. Non in modo approfondito. Non siamo esattamente in buoni rapporti."

"Era distrutta nei giorni precedenti al funerale. Nessuno riusciva a dirle una parola. Passava da pianti inconsolabili a crisi di rabbia in un batter d'occhio."

Mackenzie annuì ma non disse nulla. Ricordava fin troppo bene gli attacchi d’ira di sua madre. Erano uno degli elementi chiave che la fecero finire in seguito in un reparto psichiatrico.

"C’era per caso segretezza quando il corpo è arrivato all'obitorio?" chiese.

"Non che io ricordi. Nessun affare losco, per quanto ne so. Era solo un cadavere come un altro. Però sai... mi ricordo di un poliziotto che era sempre presente. C’era quando il corpo fu consegnato e rimase per un po' nell'ufficio medico, come se stesse aspettando qualcosa. Sono quasi sicuro di averlo intravisto anche al funerale. Insomma, Benjamin White era un uomo molto rispettato... soprattutto dai colleghi nelle forze dell’ordine. Ma questo agente... era lì costantemente. Se la memoria non mi inganna, si fermò dopo il funerale, come se avesse bisogno di stare un po’ da solo per elaborare il lutto, o qualcosa del genere. Ma parliamo di moltissimo tempo fa, intendiamoci. Diciassette anni sono un sacco di tempo. I ricordi cominciano a scivolare via quando hai la mia età."

"Per caso conosce il nome di questo poliziotto?" chiese Mackenzie.

"No, ma sono piuttosto sicuro che abbia firmato alcune pratiche burocratiche ad un certo punto. Forse se riesce a mettere le mani sui fascicoli originali?"

"Forse" gli fece eco Mackenzie.

Sta dicendo la verità e gli dispiace per me, rifletté Mackenzie. Non c’è nient'altro da imparare qui... tranne forse come impagliare animali.

"Grazie per il suo tempo, signor Waggoner" disse.

"Di nulla" rispose l’uomo, scortandola di nuovo al piano di sopra. "Mi auguro davvero che riesca a scoprire come sono andate le cose realmente. Ho sempre pensato che ci fosse qualcosa di strano in questo caso. E anche se non conoscevo bene suo padre, ho sempre sentito solo cose positive."

"Grazie, lo apprezzo davvero" disse Mackenzie.

Con un ultimo ringraziamento, Mackenzie tornò fuori con Jack al suo fianco. Rivolse un cenno della mano a Bernice, che era tornata alle erbacce nel giardino, e risalì in macchina. Erano le tre del pomeriggio ma le sembrava che fosse molto più tardi. Ipotizzò che fosse colpa del volo da Washington al Nebraska, seguito quasi subito da un viaggio di sei ore.

Però era troppo presto, così immaginò che avrebbe potuto terminare la giornata andando nel posto in cui sapeva che sarebbe finita, ma dove non aveva mai messo piede prima: la stazione di polizia di Belton.

CAPITOLO OTTO

La stazione di polizia di Belton le ricordava fin troppo la stazione in cui aveva trascorso così tanto tempo durante il suo periodo come agente e detective nel Nebraska meridionale, prima che il Bureau la reclamasse. Era più piccolo, ma sembrava emanare la stessa sensazione soffocante. Era letteralmente come fare un grande passo indietro nel suo passato.

Dopo essersi annunciata alla donna dietro il bancone del check-in, Mackenzie si diresse verso una piccola stanza sul retro dell'edificio. Su una targa a lato della porta si leggeva ARCHIVI. Era quasi spaventoso quanto la procedura fosse stata indolente. Aveva mostrato il suo distintivo alla donna. Questa aveva fatto una telefonata, aveva ottenuto l'autorizzazione e poi le aveva dato il via libera.

Tutto qui. Mentre si dirigeva verso la sala degli archivi, due agenti che percorrevano il corridoio le rivolsero un cenno del capo e le rivolsero un'occhiata strana, ma nulla di più. Nessuno la fermò e nessuno le chiese cosa stesse facendo. Onestamente, per lei andava bene. Meno distrazioni c’erano, più velocemente sarebbe riuscita ad andarsene.

La stanza degli archivi consisteva in un piccolo tavolo di quercia al centro della stanza e due sedie. Il resto della stanza era occupato da schedari che andavano da parete a parete, alcuni dei quali sembravano vecchi e malconci, altri molto più recenti. Rimase sorpresa da quanto fossero organizzati i fascicoli, con i vecchi schedari che contenevano documenti risalenti al 1951. Giusto per curiosità e perché apprezzava documenti e fascicoli ben conservati, aprì uno di quei cassetti e sbirciò all’interno. Pagine consunte, cartelle e altro materiale riposavano ordinatamente all'interno, anche se era chiaro dall'odore di vecchio e dallo sbuffo di polvere che non erano stati consultati da molto tempo.

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