Stefano Vignaroli - Delitti Esoterici
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Intanto avevamo oltrepassato Imperia, eravamo usciti dall'autostrada al casello Arma di Taggia e avevamo imboccato una strada provinciale che risaliva uno stupendo fondovalle, correndo parallela al corso di un fiume. Era la prima volta che vedevo luoghi che sarebbero poi divenuti familiari. Stavamo percorrendo la Valle Argentina, percorsa dal fiume omonimo, una stretta vallata con pochi insediamenti umani. Il verde dei boschi rigogliosi spiccava contro l'azzurro intenso del cielo limpido nella calda giornata di inizio Luglio e, dentro di me, si riaccendeva la vecchia passione per la montagna. Sognavo già di camminare sui sentieri che si addentravano in quei boschi. Risalimmo oltre un piccolo centro abitato, Molini di Triora, per giungere a Triora, un paese dalle fattezze medioevali, arroccato in cima a un cocuzzolo. Oltrepassato il centro, la strada ridiscendeva e, dopo poco, ci fermammo in uno spiazzo, dove erano parcheggiate un paio di auto della polizia, una jeep dei vigili del fuoco e una camionetta del corpo forestale attrezzata per lo spegnimento degli incendi boschivi.
«Bene» dissi, «quello che mi hai detto è molto interessante ed effettivamente l'odore delle sette, oltre quello di bruciato, si avverte eccome! Si tratta ora di capire fino a che punto c'entri l'esoterismo e quanta invece sia la responsabilità degli adepti nella scomparsa delle persone che hai menzionato e nell'omicidio di questa notte, se si tratta di omicidio e non di semplice incidente.»
«Caterina, mi raccomando, qui la prudenza non è mai troppa. A parte le streghe, potremmo trovarci di fronte a criminali senza scrupoli nel corso di questa indagine. Prendi la pistola e memorizziamo ognuno il numero del palmare dell'altro, così di poterci chiamare in caso di necessità. Andiamo!»
Afferrai il palmare, ma lasciai la pistola nel cassetto portaoggetti dell'auto, in quanto ritenevo che in quel momento non ne avrei avuto alcun bisogno.
CAPITOLO III
Aurora Della Rosa
Larìs non aveva paura di attraversare il ponte sospeso. Cercò con lo sguardo gli occhi azzurro verdi di Aurora, che le trasmisero tutta la forza e l'energia di cui aveva bisogno. Era poco tempo che la conosceva, ma si fidava di lei e dei suoi poteri esoterici.
Larìs Dracu era originaria della Transilvania, una regione della Romania, che alla fine degli anni '80 era ancora governata da un dittatore comunista. Già a diciotto anni si era guadagnata la fama di strega anticomunista e, per non cadere nelle mani della polizia segreta del generale Ceausescu, con non poche difficoltà aveva raggiunto l'Italia. Si era spinta fino a un paesino della Liguria, dove sapeva vivesse un'adepta della sua stessa setta, che l'avrebbe aiutata e l'avrebbe guidata nella prosecuzione del suo cammino verso il livello più alto, quello oltre il settimo, quello della conoscenza universale. Quando giunse a casa di Aurora, il giorno dell'equinozio di primavera, all'ora media, notò che la sua ospite la stava aspettando sulla soglia con la porta aperta. Non ne fu sorpresa, in quanto conosceva i poteri veggenti della maga. Si sentì osservare da lei con compiacimento. Larìs si presentava come una bellissima ragazza, dai capelli neri lucidi, tirati indietro e raccolti in un corto codino, gli occhi scuri, quasi neri, i lineamenti del viso delicati. Le linee sinuose del corpo lasciavano immaginare, sotto vestiti attillati, una perfezione di seni, glutei e gambe rari a vedersi. La maga le appariva come una sessantenne in ottima forma, dai capelli biondi leggermente striati di bianco, gli occhi che cangiavano colore dall'azzurro al verde, a seconda della luminosità dell'ambiente. Il suo corpo aveva ancora il vigore di una quarantenne e la sua pelle era liscia, tirata e non solcata da rughe evidenti. Il suo sguardo era magnetico e, quando i suoi occhi incontrarono quelli di Aurora, Larìs provò un forte impulso sessuale nei confronti della maga. Aurora pronunciò alcune parole in una lingua incomprensibile ai comuni mortali. Non si era espressa in lingua occitana, tipica di quella zona di confine tra l'Italia e la Francia, ma la giovane era stata in grado di capirla, per averla appresa da bambina, quando sua mamma l’aveva iniziata alle pratiche magiche ed esoteriche. Il Semants era l'antica lingua degli adepti, la cui origine si perdeva nella notte dei tempi, un idioma conosciuto già all'epoca dell'Egitto dei Faraoni da maghi e sciamani, ma che aveva origini anche più antiche. Larìs fu invitata da Aurora a entrare in casa e fu condotta in un salone quadrato. Una delle pareti del salone era occupata per intero da una specchiera, per cui si aveva l'impressione che la stanza fosse molto più ampia di quanto in realtà non era, mentre nelle altre tre pareti vi erano scaffalature, in cui trovavano posto molti libri e manoscritti e alcuni vasi di porcellana, del tipo di quelli usati in tempi andati nelle farmacie e nelle erboristerie.
Larìs fu attratta soprattutto dal pavimento, in marmo lucidissimo di diversi colori, giallo, turchino, verde smeraldo. Con le piastrelle colorate, come fosse un mosaico, era stato realizzato il disegno di uno dei principali simboli esoterici, un pentacolo, una stella a cinque punte, inscritto in un cerchio, a sua volta inscritto nel perimetro quadrato della stanza.

Il simbolo dello spirito, una specie di asterisco, disegnato sulla piastrella pentagonale centrale, delimitata dalle linee dalla cui unione prendeva origine la stella a cinque punte, indicava il centro esatto della stanza. In ognuno degli altri settori in cui il pavimento era diviso dalle linee e dagli archi di cerchio si potevano riconoscere alcune figure, ognuna legata alla simbologia esoterica: la luna crescente e la luna calante, la luna piena, la congiunzione del sole con la luna nell'eclissi parziale e nell'eclissi totale, e altri ancora. Larìs era allo stesso tempo affascinata e imbarazzata.
«Nella casa in cui sono vissuta, in Transilvania, c'era un salone identico a questo» disse rivolgendosi ad Aurora nella stessa lingua in cui poco prima aveva parlato la maga. «La piastrella centrale indica il punto esatto in cui in passato è accaduto un evento importante, che sia esso un fatto meraviglioso o di estrema negatività. La mia mamma adottiva, Cornelia, raccontava che, in corrispondenza della mia dimora, tanti secoli or sono, un principe sceso dai Monti Carpazi, in una notte di luna piena, aveva amato una bellissima fanciulla e dall'accoppiamento era nata la bambina che avrebbe dato origine alla nostra progenie. Ma, a parte questa leggenda, sono anche a conoscenza del fatto che, provocando l'abbassamento della piastrella centrale, scatta un meccanismo di apertura di una sala segreta, nascosta dietro la specchiera. Cornelia sfilava dal collo una catena d'oro in cui era infilato un anello, dove era incastonata una pietra a forma di pentacolo, che si adattava alla perfezione a una serratura, nascosta dietro uno scaffale. Poi faceva abbassare la piastrella pentagonale, cosicché la specchiera si spostava e lasciava accesso alla stanza segreta. Lì erano conservati libri, manoscritti, pergamene, anche molto antichi, che le sue ave le avevano tramandato e che era il sapere a cui concedeva di avere accesso a coloro che aspiravano a divenire adepti del settimo livello.»
«Da come parli, e da quello che percepisco con i miei poteri, so che tu hai già potuto prendere visione di quei documenti e possiedi, come me, i poteri e la sapienza del settimo livello, pertanto è inutile che apra a te la stanza segreta. Insieme, invece, potremo affrontare il cammino che ci porterà al livello più alto, quello del Sapere Universale.»
Mentre parlava, Aurora aveva preso del tabacco da un prezioso contenitore di porcellana e lo aveva messo in due cartine, per arrotolarle con abilità a formare due sigarette. Ne offrì una a Larìs, poi accese un fiammifero, avvicinandolo prima alla sigaretta della giovane, poi alla sua.
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