Domenico Petrilli - Principi della conoscenza dell'interno e dell'esterno.
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Principi della conoscenza dell'interno e dell'esterno.: краткое содержание, описание и аннотация
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ETERNO RITORNO , SUO COLLEGAMENTO CON LA REALTA’ MATERIALE, E LE DIFFICOLTA’ DI UNA RICOSTRUZIONE DELLA ATTIVITA’ RAZIONALE PURA.
Deriva, da quanto detto, una estrema difficoltà di elaborare una attività razionale pura,essendo la nostra conoscenza legata imprescindibilmente al dato della materia. Da ciò la definizione di noumeno di Kant non superabile neppure attraverso le tesi sullo spirito o coscienza universale di Hegel ,e forse in toto insolubile, se si ragiona in chiave teologica di libero arbitrio e di tutela di ciò che ad esso inerisce, ed ancora noumeno dato il profondo carattere di intrinsecità che lega la diversificazione delle idee alla
dinamicità con cui si esplica la diversificazione della materia, oppositorum, ed esplicazione di ciò che attiene ad un volitivo che se libero deve esistere e per il solo fatto di esistere deve prescindere
dall’esterno, e tale carattere intrinseco spiega parte della costruzione spaziale interiore ed esteriore. Per quanto quindi la possibilità di una attività razionale pura non possa essere negata data l’esistenza di una attività razionale di cui non si può confutare al riguardo alcunché, la difficoltà deriva appunto dal fatto che la attività razionale come scienza( inteso come conoscenza del dato empirico) deriva e si nutre di sensazioni e le sensazioni hanno bisogno di materia da sentire, o comunque di un oggetto, anche ideativo ed idealistico ed eventualmente materialistico nell’essere della dialettica. Tale ultima affermazione è parzialmente contraria alle tesi sulla spazialità della idea, come enti autonomi, e tesi contraria in quanto considera la equiparazione sensazione-sentimento che sono entrambe forze che determinano il determinarsi della elaborazione razionale nella diversificazione delle idee, per cui si giunge ad una generalizzazione della forza, come forza interiore- volitivo – conservazione e forza esterna. Il loro operare congiunto, delle forze esteriori ,senso ,come contatto o tatto ,e sentimento, come desiderio e sentire che contengono e presuppongono un oggetti, si determina con la commistione dell’idea al dato sentimentale e la scissione di questa necessità di sintesi che consegue e che si esprime nell’unità della idea che si determina a partire da tale fusione di materia e affettività che si struttura in conseguenze e prescindente il contatto, e dunque in quanto prescindente la completa distinzione dei due, ovvero la scissione del senso, che si spera non fallisca residuando la soggettività del tempo kantiana, ed ancora senso-oggettivo di nuovo distinto dal sentimento soggettivo, fermo restando che sviluppando Kant se il tempo è soggettivo il senso non esiste e dunque neppure l’oggetto e la soluzione è di essere parmenidei, e qui risiede la dialettica del senso interno sempre kantiano. Tale aspetto deve essere analizzato nella proiezione io sono io e io sono l’oggetto ,e l’idea, anche tra soggetti ,ossia si parla al riguardo del grado di capacità integrativa della scissione che si pone tra la materia della sensazione che conduce alla idea, e l’affetto, inteso come status piacevole o doloroso, che si determina nel contatto ma anche nella memoria del contatto, ovvero vi è una scissione dell’affettivo quale desiderativo dall’oggettivo nella ideazione che non elimina il problema dell’aderenza dell’essere affetto e dell’e-movere essendo tale scissione ideativa, ovvero razionale, il che apre a molto. Tale assioma ossia quello relativo alla esistenza del noumeno implicito nella scissione, che costantemente la conservazione ribadisce, e qui vi è una delle ragione della associazione di conservazione-coscienza e della sostituzione dell’oggetto reale all’oggetto ideale, e qui dunque vi è la ragione conservativa della sublimazione rispetto cui la differenziazione di plasticità anche neurale si pone quale fattore, ovvero proseguendo nella scissione io ed altro e io e spazio esterno anche ideale tale deduzione non può essere confutata neppure attraverso le tesi di Hegel , Hegel che nel rapporto coscienza ed autocoscienza tende ad oggettivare in parte l’una ai danni dell’altra come si evince nel rapporto schiavo-padrone (sia pure dalla terminologia dello schiavo si evince una parziale strumentalizzazione e quindi oggettivazione di una delle parti della coscienza nel meccanismo riflesso-riflettente) e da cui origina la infelicità della coscienza ,che si risolve successivamente in una partecipazione universale all’essere, ovvero Hegel usa tale infelicità come forma di congiungimento a qualcosa di universale, come dialettica della frustrazione e della sofferenza, ed è dei due termini solo la sofferenza che si adegua alle parti teologiche esaminate sia perché è scritto sia perché la sofferenza eleva, ma tale non è universalità della coscienza, tranne lo stesso intendesse altro dal dire essa è universale, ma è partecipazione, nel senso platonico e contemplativo: tale assioma deriva indiscutibilmente dalla esistenza e quindi dal carattere necessario della materia, anche quale idealistica, che porta , da altra angolazione, alla intelligente definizione di noumeno e alla necessità di un intuizione trascendentale per cogliere appieno la realtà, ovvero si tenga presente la relazione di sostanza e permanenza . L’imperativo categorico, tornando a Kant, crea una scissione tra Dio e uomo e il rapporto si struttura tra due soggetti di cui uno prescrive l’altro obbedisce sottomettendosi al rispetto dell’imperativo. La ribellione determina il peccato, o male radicale. Il nocciolo del male radicale kantiano è qua. Anche Kierkegaard definisce in modo pressoché identico il comportamento satanico nel Concetto dell’Angoscia. Gli studi di Kant che egli stesso impressiona e ferma come una fotografia al ritmo del carpe diem nelle tavole delle categorie (modalità, relazione, quantità, qualità), i successivi studi di Lennenberg sulla matrice biologica e gli apporti di Hegel alla dualità della ragione, in coscienza ed autocoscienza , che si aggiunge a quella dell’intelletto kantiano, vanno tenuti in considerazione come apporti alla opportunità di comprensione delle modalità funzionali e determinative della attività razionale, che riporta la ragione anche a concettualizzazioni relative ad una dualità comunicativa tra sentimenti e ragione, tra anima e ragione, ovvero anima come eticità e contemplazione , apporti poi che rimarcano possibili interpretazioni e ricostruzioni di Platone sulla diade indefinita purtroppo perdute che porterebbero alla
constatazione che l’universo sia unità dell’appercezione dell’Io penso, sebbene la diade sia esplicitata in relazione alla dialettica essere e non essere, che Kant risolve nel vero idealismo dimostrando di abbracciare Parmenide. Per quanto le idee poi non siano contraddistinte dalla materia ogni discorso o concettualizzazione presuppone la materia, ovvero anche come interno- esterno, in tale attualità dell’essere e non essere in cui il non essere è l’oggetto stesso, e ciò in quanto dal contatto col dato della materia derivano le successive concettualizzazioni per quanto riguarda la attualità dell’esistere. L’idea si scinde in idea materiale e idea metafisica. Il ponte che permette il passaggio tra lo stato materiale e quello idealistico che si scinde in materiale da un lato e trascendente metafisicamente dall’altro e che connotano la qualità oggettiva dello spazio esterno, radicando la opposizione tra trascendenza materiale (lo scendere tra gli abissi in contrapposizione alle vette di Nietsche) e trascendenza metafisica che è la logica ,la cui applicazione fisica anche a livello idealistico è data dal principio sillogistico aristotelico ,in opposizione alla più ampia dialettica platonica ,in cui ci si svincola dal presupposto della esistenza. Rimane comunque probabile che il mondo delle idee non abbia bisogno dello spazio inteso materialmente ma lo presuppone perché senza tale spazio non si avrebbe una percezione della materia, e quindi idee e ragionamento anche sul dato della materia. La eliminazione della materia non limiterebbe comunque la capacità propulsiva del sentimento che si espanderebbe nell’ottica di un contatto ideale-ideativo, anche desiderativo. Si afferma che la mente sente la potenzialità tattile dell’affettività da vicinanza o contatto, ed in ciò la ragione della classificazione sentimento. Stiamo forse con ciò costituendo un idealismo organico, che essendo idealismo prescinde nello stesso tempo dall’organico stesso, secondo linee che sono hegeliane, idealismo organico comunque nel vero senso della parola ovvero quello che è più consono affermare è che trattasi di un parallelismo materia e idea racchiudente il sinolo che implica un rapporto di reciproca dipendenza e opposizione che presiede al rapporto che esso determina, od ancora spazio-idea, materia-spazio e contatto ideativo o relazione spaziale. A livello di traccia mnesica la materia non dovrebbe mai essere eliminata ma l’opposizione di stato, ideativo e sensistico- materiale ,determina una inibizione a livello organico che agisce e conserva una identità nell’inconscio, oscurato, il quale ultimo inconscio rafforza le pulsioni, nel caso la inibizione riguardi ad esempio la materia, ovvero in senso tradizionale, ma anche nel senso oggetto ideativo pulsionale essendo una rappresentazione comunque di una oggettualità, e tali dinamiche si reggono sul compito di oscurare il passaggio avvenuto dallo stato della assenza della materia o ideativo ovvero si legga tale gioco della inibizione ovvero tra la razionalità e il sensismo- materialità in ottica conservativa rispetto cui le pulsioni appaiono differenti e rispetto cui deve considerarsi la pulsione ad essere ed ad esistere, ovvero la conservazione a base della ideazione come anche il segnale incondizionato della pulsione al nutrimento, che è anche esso conservativo, e parliamo di nutrizione a modo di esempio. Ciò perché per avere conoscenza v’è il bisogno di un oggetto da conoscere ossia di materia e non essendovi tale oggetto non vi è scopo nel conoscere e per tale via verrebbe meno l’opera del ragionare. In contrapposto a tale ultima teorizzazione Hegel analizzando il rapporto dualistico coscienza -autocoscienza pone una a vantaggio dell’altro assumendo l’una il ruolo di servo rispetto alla padronanza della coscienza che affermando l’identità gestisce anche l’autocoscienza che struttura la sua situazione gerarchica, ovvero sfrutta tale situazione gerarchica come attivante e limitativa nella costituzione e formazione del Super-Io i cui confini sono duttili ma partono da difese primitive che concretizza la rimozione attraverso l’induzione-inibizione della cellula cerebrale, ovvero il non compiere il male risiede nella capacità di condizionarsi e nella inibizione del comportamento sbagliato rispetto cui nello stesso tempo si ha la eccitazione onnipotente e conservativa della rappresentazione della opposta azione. I rapporti inibizione che concretizzano lo stato di rimozione e dipendenza dell’io da una situazione cosciente di affetto parallela ad una affettività inconscia dovrebbe essere analizzato. Il ruolo del Censore deve essere ancora chiarito in relazione all’ideale ma la migliore teoria è quella di Lacan e della Legge, che ovviamente riprende Totem e Tabù. Nello sviluppo di una psichiatria che assurga al titolo di scienza dovrebbe essere considerata nella delineazione dei caratteri di una patologia la situazione di integrazione-disintegrazione dell’io , e non solo in senso ambientale ma etimologico, strutturale e strutturativo a partire da esso e dovrebbe essere considerata la situazione del Super-Io sottolineando che mentre la disintegrazione di io e Super-Io determina la dissociazione, essendo lo stesso al contempo la Legge e il significante della Legge, dissociazione che è a base delle successive involuzioni (mi riferisco ad allucinazioni che sono la conseguenza della disintegrazione in quanto è assente la sintesi dell’io penso che permette
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