Autori vari - La cattiva strada

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Questo libro rappresenta il risultato di un percorso iniziato durante il mese di marzo del 2020, ovvero mentre quasi tutta l'Europa si chiudeva in quarantena. In quel momento non avevamo idea, come tutti del resto, di quello che sarebbe accaduto nei mesi a venire ma abbiamo deciso di proseguire comunque con i nostri piani editoriali.Il primo azzardo è stato fare una «chiamata alle armi» rivolta a tutte le autrici e gli autori in cerca di un editore, per dirla in modo pirandelliano. Il bando, che non era un concorso ma un processo di selezione diretta, è iniziato durante l'estate (altro azzardo) e non prevedeva un tema (come nella maggior parte delle antologie), piuttosto abbiamo proposto un genere: il Noir. Questa scelta, per certi versi restrittiva, è stato l'ultimo azzardo, la scommessa editoriale sulla quale abbiamo voluto puntare per questo libro. Sentivamo che non ci fosse bisogno dell'ennesimo libro di storie sulla pandemia e sosteniamo ancora questo sentimento.Il nostro desiderio era riuscire a mettere insieme autori diversi per età, provenienza, radici culturali, stile e tutti insieme rendere omaggio ad un genere poco rappresentato, per molti versi, nella letteratura italiana contemporanea."Siamo convinti che sia importante dare opportunità agli autori emergenti (alcuni esordienti assoluti) che scrivono in italiano e per tanto la selezione è stata fatta con criteri molto esigenti. Abbiamo aggiunto un'appendice al libro con note biografiche sugli autori affinché possiate sapere chi si cela dietro il sipario di ogni storia.

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«Buonasera.»

Il vecchio sembrava una statua. Poteva essere scolpito nel legno per quanto era immobile.

«Buonasera. Mi invita a entrare?»

Oh, Madonna. «Non si preoccupi, voglio solo scambiare due parole.» Annuì in modo un po’ isterico e con le mani che gli tremavano leggermente aprì la porta. Lo fece accomodare nel suo piccolo salottino. A pensarci bene, era il primo ospite a entrare in quella casa. Probabilmente, il primo e ultimo. Giuliano si tolse il cappello e sedette su una delle sedie attorno al tavolo. Pino, di conseguenza, scelse il divano. Si rese conto di avere ancora in mano impermeabile e ombrello e che una piccola pozza d’acqua si stava formando ai suoi piedi. Ebbe un senso di nausea improvviso. «Mi dica pure.» Gli devo offrire qualcosa da bere? «Mia nipote non ha ammazzato nessuno.» «Ah.» «Sono stato io.» «Ah.»

Per un attimo sentì la mente vuota, come se fosse andata in cortocircuito. Poi riprese lucidità.

Oh cazzo.

«Signor Giuliano, se è così, vuole raccontarmi come sono andati i fatti?»

«Li ho ammazzati.»

«Sì, ma intendo... Come? Perché?»

«Non le basta che le dica che sono stato io?»

Il vecchio sembrava scocciato e quasi... impreparato. Sì, impreparato.

«No, mi dispiace. Devo essere certo che sia stato lei, prima di... di fare qualsiasi cosa.»

Il maresciallo lo guardò. Era alto qualcosa come venti centimetri più di lui, grosso tre volte tanto. Ah sì, e aveva un fucile da caccia in mano.

Come ho fatto a essere così idiota da accettare di entrare in casa con lui? Morirò qui, in questo posto di merda e sarà tutta colpa mia. «Io... a uno gli ho manomesso i moschettoni da arrampicata. A un altro gli ho buttato un fungo velenoso nel cesto di quelli buoni, al terzo l’ho colpito e l’ho lasciato schiacciare dalle bestie e all’ultimo l’ho affogato.» «E come mai l’ha fatto?» «Avevano fatto male a mia nipote, quei porci.» Almeno uno in famiglia che non fa finta di niente. «Capisco.» «Sa che la devo arrestare ora?» «Sì, certo.» C’era qualcosa che non tornava nell’atteggiamento dell’uomo. Sembrava quasi uno scolaretto interrogato dalla maestra, non un omicida che si vanta delle sue prodezze. «E mi scusi, perché è venuto solo ora? Perché qui a casa mia e non in caserma, se voleva costituirsi?» Il vecchio si guardò intorno e si passò una mano sulla barba ispida. «Perché... perché ho visto che lei era sulla pista sbagliata. Voleva mettere dentro Viviana e lei non c’entra niente. E questo non potevo lasciarglielo fare.»

Pino annuì. Il vecchio poteva davvero aver voluto vendicare la nipote? Per qualche motivo non se lo immaginava ad architettare tutte quelle messe in scena. Era uno che girava con accette e fucili lui.

«Mi scusi, dove l’ha colpito Bertacco?»

Silenzio.

«Bertacco...»

«Bertacco. Quello della stalla.»

«Ah. L’ho colpito... L’ho colpito alla testa!»

«Dove di preciso?»

Sembrava che sperasse di azzeccare la risposta giusta sparandola a caso.

«Nella tempia.»

Beccato! Il vecchio stava proteggendo la nipote. Rimase a fissarlo in silenzio. E mò? Che faccio? Metto in galera la ragazza rovinandole definitivamente la vita o il vecchio innocente? Aveva bisogno di tempo per pensarci. Invitò il vecchio ad accompagnarlo in caserma, dicendogli che una confessione per essere valida doveva essere messa nero su bianco. Lui si alzò e insieme uscirono di casa. Fuori, si sentì già meglio nell’aria fresca della sera. A stare chiuso in una stanza con uno armato di fucile chissà perché non si sentiva a suo agio. Fece segno al vecchio di precederlo. Certo non se lo sarebbe tenuto alle spalle. Giuliano non si mosse. «Io non ci vengo in galera, mi dispiace.» Sollevò il fucile e si puntò la canna sotto il mento, con gesti calmi e sereni. Oh, no. «Signor Giuliano, stia calmo.» «Sono calmo. Ma io in galera non ci vado.» «Parliamo francamente allora. Lei non è il colpevole. Lo so io e lo sa lei. Lei sta coprendo sua nipote. Mi creda, è ammirevole il suo gesto, ma non è così che risolverà tutto. Viviana è giovane e ha tante attenuanti. Verrà liberata in men che non si dica. Non è obbligato ad andare lei in galera o a spararsi per difendere lei.»

«Non sono obbligato, no. Ma lo faccio volentieri. Mia nipote ha fatto bene a fare quello che ha fatto.»

«Guardi, posso anche essere d’accordo, ma...»

«Ho solo lei, io.»

«Capisco, ma...»

«No, non capisce. Non ha figli lei. Io non posso vivere così, tranquillo, se lei è in galera.»

Pino deglutì amaro.

«Io... io avevo una figlia. Caterina aveva venticinque anni quando è morta. Un anno fa.»

All’improvviso si sentì come se non fosse passato un giorno da quel momento. La notizia di una sparatoria, di un collega morto in servizio. Il suo superiore che lo chiama e gli dice che Caterina non ce l’ha fatta, che è morta prima che arrivasse l’ambulanza. Era scappato tanto lontano, eppure era ancora tutto lì sepolto dentro di lui, pronto ad esplodere. Espirò a lungo e si asciugò gli occhi.

«Mi dispiace. Allora capirà. Non ho scelta. Per favore, glielo chiedo per favore. Dica che ero venuto a confessare da lei e che per il rimorso o per evitare il carcere o per il motivo che vuole lei ho preferito farla finita.»

«Aspetti, per fav...»

Lo sparo lo fece sobbalzare. Il vecchio crollò a terra come un fantoccio, la testa scoppiata come un frutto maturo.

Pino barcollò all’indietro e si appoggiò al muro di casa. Lo stomaco gli si rivoltò e si piegò in due a vomitare. Ritornò dritto e inspirando profondamente si allontanò di qualche passo. Nella stradina che saliva verso casa sua, le prime persone stavano accorrendo, richiamate dallo sparo. Pensò a Viviana e pensò a Caterina, la sua Caterina. Si guardò intorno. Le sagome scure dei monti così pacifiche e placide riuscirono a fargli riprendere un minimo di controllo.La gente era ormai a pochi passi.

«Cos’è successo? Sta bene?»

«Sì. Restate lì, non andate oltre. L’assassino di Planchesteiner e degli altri ragazzi si è sparato. È finita.»

Caterì, penso che tu avresti fatto lo stesso.

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