Clementine Skorpil - Max Leitner

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Max Leitner ha trascorso ventisei anni in prigione. Per cinque volte è riuscito a evadere. Per cinque volte è stato nuovamente imprigionato. Il romanzo ripercorre la vita di un uomo insolito e contraddittorio. Un uomo che ha derubato banche a mano armata ma che non ha mai sparato a nessuno e non ha mai ferito gravemente nessuno: perché Max Leitner crede in Dio, nella giustizia divina, nei santi e nei demoni.
Basato su eventi realmente accaduti

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Deglutii e tirai di nuovo il giornale verso di me. La banda sospettata di aver alleggerito di alcuni milioni di lire una banca di Molini di Tures e altre agenzie era quella di un certo Max Leitner.

ACCERTAMENTO DEL NUMERO LEGALE

Una giovane domestica entrò nel maso per svuotare il secchio dell’immondizia. Qui trovò una lettera in cui c’era scritto che doveva salire sulla montagna che dominava il paese perché lassù la aspettava una grande quantità d’oro. La ragazza aveva paura, ma i suoi padroni dissero che doveva andarci perché altrimenti gli gnomi si sarebbero offesi e le avrebbero giocato un brutto tiro. Così la ragazza andò sulla montagna, fu lasciata passare e gli gnomi le diedero dei monili d’oro. Ma quando fece per andarsene gli gnomi dissero che doveva restare ancora due giorni, e così la ragazza si sedette di nuovo al tavolino e chiacchierò e bevve con i suoi piccoli compari. Poi lasciò la montagna piena di felicità, ma quando tornò nel paesino vide che tutto era cambiato. La casa era vuota ed era completamente ricoperta dalla vite americana, i suoi padroni non li conosceva più nessuno e anche le vacche e i cavalli nella stalla le erano estranei. Chiese agli abitanti del villaggio, ma nessuno conosceva né lei né i suoi padroni. Ai bordi della foresta viveva un uomo vecchissimo che le raccontò che, quando suo nonno era ancora molto giovane, una domestica del paese era scomparsa e non era più tornata. Da allora erano trascorsi almeno centocinquant’anni. Quando la ragazza sentì questa storia, a un tratto i suoi capelli divennero bianchissimi, il suo volto si riempì di rughe e i denti le caddero. Crollò a terra nel punto stesso in cui si trovava e morì sul colpo.

La mamma aveva raccontato a Max questa fiaba. Quando se ne era andata Max non era riuscito a dormire, tanto era atterrito dagli gnomi che avevano trattenuto la povera ragazza sulla montagna per centocinquant’anni. Più tardi, quando era arrivato a Cesenatico, aveva capito: gli gnomi avevano tenuto la ragazza prigioniera e non la lasciavano più tornare a casa, esattamente come le suore che lo tenevano qui e non lo lasciavano libero. Era per il suo bene, gli dicevano. Ed erano come gli gnomi che avevano ingannato la povera ragazza. Ora ne è certo, la montagna degli gnomi era un carcere come questo qui. E il tempo si è fermato come se si fosse dimenticato di scorrere. Cent’anni sono un giorno, e un giorno dura cent’anni.

Max ha presentato di nuovo domanda. Ha parlato con l’assistente sociale, lei gli ha detto cosa doveva scrivere e gli ha dato un libro di consulenza legale. Sul tavolo sono impilati dei libri che lo aiutano a comprendere che cosa prevede la legge. Se mai uscirà di qui potrebbe aprire uno studio di consulenza legale, negli ultimi anni si sono diffusi come la muffa sul pane raffermo. Chiunque ha un consulente – ma lui non ne ha bisogno, si consiglia da solo. Anzi, fa tutto da solo. Herbert, con cui ha fatto amicizia, è al fresco per truffa. Gli ha venduto la rivista. Era già un po’ logora, ma Max la utilizza comunque. Nel numero c’è una che assomiglia a Eliana. Eliana, la donna più bella di tutta l’Argentina, di un paese in cui le belle donne prosperano come i limoni in Sicilia. Lei era venuta a trovarlo in Alto Adige, Max l’aveva portata a fare un giro, le aveva mostrato le montagne e il lago. Erano andati anche al mare, avevano fatto un salto a Venezia e navigato sui canali in gondola. Eliana però non era rimasta impressionata. La Porsche invece le era piaciuta. Aveva voluto guidare lei, anche se non aveva la patente. Vicino a Treviso avevano incontrato un posto di blocco dei carabinieri. Eliana era scesa dall’auto, il carabiniere le aveva fissato le gambe e poi il suo sguardo era scivolato più in alto, era rimasto come incollato al seno. Eliana aveva inveito. Lei è argentina, perché mai l’hanno fermata? Perché si crede che una donna straniera non sia capace di difendersi da queste aggressioni. Sì, aggressioni. Lei guidava rispettando le regole, non c’è stata nessuna violazione. Allora perché le chiedono i documenti in maniera così sgarbata? Il carabiniere aveva annuito: sì, era stato scortese ma non voleva offenderla, non avevano visto che Eliana era straniera, anche se donne belle come lei erano rare qui, proprio rare.

Se Eliana fosse venuta a trovarlo anche solo una volta a Stein, Max sarebbe libero già da un pezzo. Avrebbe inveito contro chi doveva decidere, poi l’avrebbe preso per la cravatta, l’avrebbe tirato vicinissimo al suo volto con gli scintillanti occhi neri, il nasino e le labbra rosse e carnose. Gli avrebbe sussurrato qualcosa all’orecchio, qualcosa che aveva a che fare con scopare o baciare, e la chiave sarebbe passata da sola dalla tasca dei pantaloni del tizio alla sua piccola mano ferma.

Nella “villa miseria” di Buenos Aires Eliana comanda una banda di docili ragazzini che per lei commettono furti, rapine, forse omicidi. Max non ne sente la mancanza, pensa a lei solo per via della rivista. Era solo un’avventura, brava a letto ma pericolosa per il cuore, donne così non saranno mai tue.

Julia lo dimenticherà, se non lo vedrà mai. Max deve costringere Kathi a portargliela a Stein più spesso. Che cosa sono sei ore? Niente più di un lampo in una dozzina di anni. Non sarà poi così male, dice il suo avvocato. Ma lui cosa ne sa? Lui è fuori, mette a letto i suoi figli tutte le sere. Julia lo dimenticherà. Ci sono tanti ex mariti e padri dimenticati a Stein quante sono le stelle nel firmamento.

Julia gli ha inviato un disegno. Si vede un prato con una grande farfalla colorata, sullo sfondo le montagne. Max deve stare attento perché le lacrime sciolgono i colori. Non può tenere il disegno in mano troppo a lungo, deve metterlo via subito. Nelle celle degli altri detenuti alle pareti sono appesi vari disegni di bambini, tutti ingialliti. Max ripiega con cura il foglio e lo infila di nuovo nella busta sulla quale c’è il suo nome scritto in bella calligrafia. Julia è intelligente, studierà e lui ci sarà quando prenderà il suo diploma. Sua figlia. Ci sarà. Deve andarsene da qui.

Questa volta farà le cose in modo più intelligente. Si farà trasferire in Italia. Stein è a prova di evasione, lo dicono tutti: le guardie carcerarie, gli avvocati, i detenuti. Ma niente è a prova di Max. Niente di niente. Certo, scavare con il cucchiaio non funziona, ci ha già provato. Non ha funzionato neppure a Innsbruck. Aveva trovato un’intercapedine, aveva grattato ed era incappato nel cemento armato. Aveva mescolato colla, pane e saliva e aveva tappato di nuovo il buco. Sembrava perfetto. Ormai non sarà più così perfetto, avrà dei riflessi verdi di muffa. Tireranno fuori dal buco quel mastice naturale e lo chiuderanno con la malta. Ci sono un sacco di buchi simili nelle pareti delle prigioni. Le pareti delle prigioni sono un unico, grande pezzo di Emmental. Il metodo del cucchiaio non è molto utile.

A Innsbruck era rinchiuso anche Walter Grubauer, il famoso chirurgo estetico. Aveva operato tutta la gente che conta, in Austria. Venivano da lui in pellegrinaggio, si facevano rifare il seno, il naso, il viso intero. E non se la prendevano quando qualcosa andava storto. Ma a un certo punto le cose erano cambiate e Grubauer era stato citato in giudizio per truffa e lesioni gravi. Max aveva voluto conoscerlo. Grubauer non poteva fargli un viso nuovo, non qui dentro, ma aveva l’avvocato migliore e anche Max voleva l’avvocato migliore. Il dottor Manfred Rainer veniva in carcere più volte alla settimana. La stanza per le visite degli avvocati era spoglia, come qualsiasi altra cosa qui. Un tavolo, due sedie, le pareti nude, quattro angoli in uno dei quali c’era un sorvegliante. Il cesso era come tutti i cessi, aveva la finestra sbarrata con un lucchetto.

Un martedì era stato rilasciato Heinz, un amico di Michael, lo spingi-sedia. Tutti in un modo o nell’altro erano amici di Michael, un tipo divertente. Max aveva dato a Heinz il numero e pochi giorni dopo si era fatto vivo Massimo. In uno di quei film di gangster degli anni Cinquanta, Massimo gli avrebbe portato una torta. Ma Massimo non era venuto.

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