Clementine Skorpil
IL RE DELLE EVASIONI
ROMANZO
Traduzione di Duccio Biasi
Clementine Skorpil
Laureata in Sinologia e in Storia, scrive per il quotidiano austriaco “Die Presse” ed è professoressa incaricata alla FH Wien. È autrice di romanzi e di numerosi racconti ed è stata insignita di vari premi per racconti brevi. Vive nella Bassa Austria con suo marito e i suoi due gemelli.
Ogni riferimento a persone esistenti è da considerarsi puramente casuale e involontario. Tutte le persone citate, eccetto Max Leitner, sono frutto di fantasia.
ICH SAZ ÛF EIME STEINE ICH SAZ ÛF EIME STEINE Ich saz ûf eime steine, und dahte bein mit beine; dar ûf satzt ich den ellenbogen; ich hete in mîne hant gesmogen daz kinne und ein mîn wange. dô dâhte ich mir vil ange, wie man zer welte solte leben. deheinen rât kond ich gegeben, wie man driu dinc erwurbe, der keinez niht verdurbe. diu zwei sint êre und varnde guot, daz dicke eim ander schaden tuot: daz dritte ist gotes hulde, der zweier übergulde. diu wolte ich gerne in einen schrîn: jâ leider desn mac niht gesîn, daz guot und weltlich êre und gotes hulde mêre zesamene in ein herze komen. stîg unde wege sint in benomen: untriuwe ist in der sâze, gewalt vert ûf der strâze; fride unde reht sint sêre wunt. diu driu enhabent geleites niht, diu zwei enwerden ê gesunt. Walther von der Vogelweide
SEDEVO SU DI UN MASSO SEDEVO SU DI UN MASSO “Sedevo su di un masso / con le gambe accavallate. / Su una gamba appoggiai un gomito. / Sulla mano avevo posato / il mento e una guancia. / Così riflettei molto intensamente / su come si debba vivere a questo mondo. / Non seppi trovare alcun consiglio / su come ottenere tre cose, / senza che una vada persa. / Due di queste sono l’onore e i beni terreni, / che spesso si danneggiano a vicenda: / la terza è la grazia di Dio, / che è molto più importante delle altre due. / Io vorrei che fossero tutte nello stesso scrigno: / ma purtroppo non è possibile / che i beni e l’onore nel mondo / e la grazia di Dio in aggiunta / si riuniscano nello stesso cuore. / La loro strada è sbarrata: / la slealtà è in agguato, / la violenza è per le vie, / la pace e il diritto sono feriti gravemente. / Se questi due non guariscono, / quelle tre non potranno essere difese.” * Walther von der Vogelweide * Traduzione da: Andrea Palermo, voce “Walther von der Vogelweide”, Enciclopedia Treccani online, www.treccani.it/enciclopedia/walther-von-der-vogelweide_(Federiciana)/
PARTE PRIMA PARTE PRIMA
I DANNI DELLA TEMPESTA
UNA LEGGENDA
L’IMPIEGO DEGLI ELICOTTERI
IL VALZER DELLA BIONDINA
LA VITA
IL PREZZO DEL NOLEGGIO
F17
TRADIMENTO
TARDA ESTATE
GUERRA
ACCERTAMENTO DEL NUMERO LEGALE
SEDEVO SU DI UN MASSO
ADDIO INNSBRUCK BELLA
PACE
TRAPANARE E LAVORARE
ULTIME DOMANDE
VIAGGIO IN ITALIA
IL VERDETTO
FUORI IN ATTESA
IL PRINCIPIO DI LEITNER
ESSERE FUORI
GUARDIE E LADRI
RESTARE FUORI
NEL PARADISO DELLE VACANZE
HALLALÌ!
MALESSERE
LA GRANDE PAROLA D’ONORE DI UN BANDITO
EUREKA!
PARTE SECONDA
IL MAESTRO
GIOCHI AL COMPUTER
VA’ PENSIERO, SULL’ALI DORATE
PENSARE POSITIVO
PIZZINI
FRATELLINO E SORELLINA
SPINGERE PIETRE SU PER LA CHINA
IL PRINCIPE E LA PRINCIPESSA
MAX IL FORTUNATO
VEDERE NEL FUTURO
BONNIE E CLYDE
PERDUTO
NEL BOSCO E NEI CAMPI
TROVATO!
SOGNO DI UN FURGONE BLINDATO
SCARTOFFIE
ARRIVA L’ISPETTORE
I GIORNI DELLA CANICOLA
CHI NON INTRISE IL SUO PANE DI PIANTO
GIACULATORIA
NAMASTÉ
LEITNER MAX IS OUT
ON THE ROAD AGAIN
CONTRO I MULINI A VENTO
CASABLANCA
CHARLES LINDBERGH
INTIMIDAZIONE
PURGATORIO
BUNGA BUNGA
PARADISO
LEVIATANO
COMMIATO
POSTFAZIONE
RINGRAZIAMENTI
Ich saz ûf eime steine,
und dahte bein mit beine;
dar ûf satzt ich den ellenbogen;
ich hete in mîne hant gesmogen
daz kinne und ein mîn wange.
dô dâhte ich mir vil ange,
wie man zer welte solte leben.
deheinen rât kond ich gegeben,
wie man driu dinc erwurbe,
der keinez niht verdurbe.
diu zwei sint êre und varnde guot,
daz dicke eim ander schaden tuot:
daz dritte ist gotes hulde,
der zweier übergulde.
diu wolte ich gerne in einen schrîn:
jâ leider desn mac niht gesîn,
daz guot und weltlich êre
und gotes hulde mêre
zesamene in ein herze komen.
stîg unde wege sint in benomen:
untriuwe ist in der sâze,
gewalt vert ûf der strâze;
fride unde reht sint sêre wunt.
diu driu enhabent geleites niht, diu zwei enwerden ê gesunt.
Walther von der Vogelweide
“Sedevo su di un masso / con le gambe accavallate. / Su una gamba appoggiai un gomito. / Sulla mano avevo posato / il mento e una guancia. / Così riflettei molto intensamente / su come si debba vivere a questo mondo. / Non seppi trovare alcun consiglio / su come ottenere tre cose, / senza che una vada persa. / Due di queste sono l’onore e i beni terreni, / che spesso si danneggiano a vicenda: / la terza è la grazia di Dio, / che è molto più importante delle altre due. / Io vorrei che fossero tutte nello stesso scrigno: / ma purtroppo non è possibile / che i beni e l’onore nel mondo / e la grazia di Dio in aggiunta / si riuniscano nello stesso cuore. / La loro strada è sbarrata: / la slealtà è in agguato, / la violenza è per le vie, / la pace e il diritto sono feriti gravemente. / Se questi due non guariscono, / quelle tre non potranno essere difese.” *
Walther von der Vogelweide
*Traduzione da: Andrea Palermo, voce “Walther von der Vogelweide”, Enciclopedia Treccani online, www.treccani.it/enciclopedia/walther-von-der-vogelweide_(Federiciana)/
PARTE PRIMA
Aria, aria fresca. L’aria fresca è ovunque, basta respirarla. Possono farlo tutti, perché l’aria non costa nulla. Nemmeno ai più poveri tra i poveri – gli affamati d’Africa e i cenciosi degli slums – manca l’aria. L’aria non ha sostanza: non è bella e non è brutta, non è dura né soffice, non è rumorosa né silenziosa, non emette suoni stridenti né gradevoli. Cosa ci troverà la gente nell’aria fresca? Già da bambino, quando sua madre lo spediva fuori di casa per stare tranquilla con i suoi uomini, Fausto non amava per niente l’aria fresca. Restava lì per ore nel cortile di cemento, fermo accanto allo stenditoio a fissare le finestre di casa. Solo molto tempo dopo arrivò a capire che neppure sua madre era contenta di stare con gli uomini, che quello era l’unico modo per evitare che entrambi fossero costretti a respirare aria fresca per sempre, giorno e notte. A scuola non andava meglio. Con il buono o il cattivo tempo il maestro mandava i bambini in cortile a giocare a pallone o a sgranchirsi le gambe. Ma la maggior parte dei suoi compagni non correva. Stavano fermi in piedi intorno a lui, anzi gli si avvicinavano, lo spintonavano, lo prendevano a calci, lo picchiavano e lo chiamavano figlio di puttana. Già allora Fausto odiava l’aria fresca. Tutto questo l’ha appena raccontato a Max. Gli ha raccontato persino la storia dei panini. Erano deliziosi, pieni di maionese. Fausto li usava per insudiciare i bulli più grandi di lui in cortile. Fausto aveva spesso fame. Anche Max da bambino sentiva i morsi della fame. Ma non ne parla. Perché non interessa a nessuno.
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