Clementine Skorpil - Max Leitner

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Max Leitner ha trascorso ventisei anni in prigione. Per cinque volte è riuscito a evadere. Per cinque volte è stato nuovamente imprigionato. Il romanzo ripercorre la vita di un uomo insolito e contraddittorio. Un uomo che ha derubato banche a mano armata ma che non ha mai sparato a nessuno e non ha mai ferito gravemente nessuno: perché Max Leitner crede in Dio, nella giustizia divina, nei santi e nei demoni.
Basato su eventi realmente accaduti

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Mio padre si rifiutò. A un congresso conobbe un collega che aveva un ambulatorio in Alto Adige. Il bonario e un po’ noioso Alto Adige, in cui persino i terroristi avevano una mentalità talmente piccolo-borghese da fare solo danni materiali e da scusarsi prima di far saltare i piloni dell’alta tensione. Nel paese vicino si era liberato proprio allora un ambulatorio. Bieder , piccolo-borghese: il suono di questa parola per lui era evocativo quanto per gli ebrei la Terra Promessa. Non avrebbe più dovuto far rotolare incessantemente la sua pietra come Sisifo. E così poté lasciarsi conquistare dalla sua seconda grande passione, oltre all’essere piccolo-borghese: camminare inutilmente su e giù per le montagne. Ed io con lui. Io, Fabio Pagano, un ragazzetto delle pianure campane abituato ai piaceri della spiaggia, ogni domenica dovevo raggiungere faticosamente la vetta di qualche montagna vestito da perfetto sudtirolese con i pantaloni grigi alla zuava, i calzettoni di lana ruvida, la camicia a quadretti bianchi e rossi e il cappello con il pennacchio di peli di camoscio. E alla fine arrivavamo a un rifugio dove ci ingozzavamo di panini imbottiti di salsiccia di fegato, salamini affumicati chiamati Kaminwurzen e mele dall’aspetto rubicondo e bevevamo acqua pura di fonte. Il cappello con il pennacchio mi rifiutavo di portarlo, una piccola vittoria in questo insulso mare di indegnità.

Dovetti imparare una nuova lingua. Il che è una vera benedizione per il cervello di un bambino, perché si sa che i bambini assimilano tutte le frasi e le parole nuove che passano loro accanto. Solo l’1,27 per cento dei bambini fa fatica a imparare una lingua straniera, ci sono degli studi che lo confermano, mentre solo il 5,32 per cento degli adulti riesce a impararla alla perfezione o quasi.

Nella nostra famiglia solo mio padre rientrava in quella statistica. Ecco perché aveva solo pazienti di lingua italiana. Quelli che si ostinavano a parlare in tedesco li mandava al volo da mia madre, anche se non avevano problemi urologici ma solo i piedi piatti o qualche chiazza sulla pelle.

Arrivò il momento di andare a scuola. Mia madre si rivelò una spietata sostenitrice della stimolazione cognitiva e mi spedì alla scuola elementare di lingua tedesca. Il tedesco lo capivo a malapena, a parlarlo non riuscivo proprio. In classe non avevo nessun amico e restavo in silenzio. Tutto quello che accadeva durante la lezione mi passava davanti come un film muto. In compenso avevo tanto tempo per studiare le preferenze della maestra in fatto di moda. La signorina Linninger era una donna piuttosto anziana e grassa, con i capelli biondi che tendevano a diradarsi. Il suo guardaroba comprendeva due vestiti d’ordinanza per la scuola, uno verde pisello e uno grigio chiaro. Avevano entrambi lo stesso taglio ed erano di lana sottile, cosa molto pratica perché così la signorina Linninger poteva indossarli sia in estate che in inverno. I vestiti avevano il colletto ed erano abbottonati fin sulla pancia. La gonna era cucita alla giacca. Sul davanti i vestiti arrivavano appena sopra il ginocchio, sul dietro erano più corti. Se allora avessi già posseduto le giuste nozioni fisico-matematiche sullo spostamento dei corpi avrei saputo perché era così. I due vestiti avevano un altro vantaggio non da poco: la signorina Linninger poteva anche spiegazzarli, ma nonostante questo mantenevano sempre la loro forma. Insomma, li sfruttava per bene.

Nei giorni di festa grande la signorina Linninger portava un abito di colore beige. In effetti era una mise alquanto particolare, perché la gonna e la giacchetta erano elementi separati. Anche se la lunghezza della gonna non era diversa dal solito: davanti sopra il ginocchio, dietro fino a metà della coscia.

Una di queste feste era il giorno della distribuzione delle pagelle. Una come quella di Fabio Pagano la maestra non l’aveva mai consegnata. Era piena in gran parte di brutti voti – in una scuola elementare! La mamma si precipitò con la pagella dalla maestra e quest’ultima disse che poteva darmi solo degli uno e dei due perché non aprivo mai bocca e mi limitavo a copiare dalla lavagna in modo meccanico; di capire non se ne parlava neppure. Solo in aritmetica riuscivo a tenere il passo con gli altri bambini, ecco perché nella mia pagella spiccava un luminoso dieci.

La mamma mi trascinò da uno psichiatra, il quale constatò che non sapevo il tedesco perché non aprivo bocca. Nella mia infanzia la storia dell’uovo e della gallina non era pura teoria. Mia madre minacciò di chiudere l’ambulatorio e di fare esercizi con me tutto il giorno. Io restavo imperturbabile, non dicevo una parola.

In tutta la scuola c’era un solo bambino i cui risultati scolastici erano scarsi come i miei. Era due classi avanti a me e si chiamava Max Leitner. Già allora si rifiutava di collaborare con le autorità. A quell’età l’unica autorità con cui avevamo a che fare era quella scolastica ed era a quella che lui si ribellava. Marinò la scuola così tante volte che alla fine fu trasferito a Cesenatico. Cesenatico! Una città di mare. Ogni giorno sole, spiaggia, bagni, conchiglie da raccogliere. E soprattutto poter parlare, con chiunque capiti a tiro. Feci di tutto per poter andare a Cesenatico ma a nessuno veniva in mente di mandarmi laggiù. In compenso nella mia cameretta si accumulavano i fogli con gli esercizi e i libri: “Impariamo il tedesco con Hansi e Petzi”. Se facevo bene i compiti ero ricompensato con un vasetto di miele dall’orsetto Petzi o con delle carote dal coniglietto Hansi. E dovevo incollarle su un quaderno.

Raccolsi tante carote di carta e così per qualche domenica ebbi il permesso di restare a casa a guardare la televisione. Quando persino mia madre si rese conto che invece di un piccolo Einstein stavo diventando un analfabeta mi tirò fuori dai guai. Potei passare alla scuola in lingua italiana. In tedesco ero persino il migliore. È una lingua complicata e poco affascinante che solo in seguito mi è diventata utile.

L’IMPIEGO DEGLI ELICOTTERI

Notizie flash e previsioni meteo: a Merano è stata rapinata una banca e il tempo resterà bello. Max apre l’armadio in camera da letto. All’altezza degli occhi c’è una pila di magliette alta come una torre. Estrae una T-shirt rossa di Ralph Lauren, la pila viene giù e una catasta di biancheria cade per terra come la frutta troppo matura in autunno. Serve qualcosa di nuovo, magari una cabina armadio. Max si piega sulle ginocchia, tira fuori una pila di vestiti dal mucchio, sceglie un paio di pantaloncini beige e getta gli altri sul letto. Niente calze, si metterà i sandali. Le calze nei sandali fanno un’impressione strana. Da bidello. Il custode della scuola tecnica commerciale indossava calze di filo grigie con i sandali. Le tirava su fino ai polpacci secchi e subito dopo non c’era niente, solo le ginocchia nude e sopra il grembiule da lavoro grigio con le tasche sformate, erano sempre sformate. Il custode non ci metteva dentro le mani e non tirava fuori niente, come se nelle tasche ci abitasse qualche topo.

Katharina è in bagno, di fronte allo specchio. Lui la spinge fuori, si lava i denti e si fa la barba.

Notburga sta scarabocchiando su una pagina del “Dolomiten”. “Questi qui con le loro abbreviazioni! Cosa ne so io di come si abbrevia Oberstudienrat ?” Max si china sul giornale: “OST, mi sembra”.

Il nuovo televisore, certo. Devono consegnarlo. È già stato ordinato e arriverà presto. Notburga prende la tavoletta, poi spiega un foglio di carta bianco, ci mette sopra la tavoletta, infila la matita nel foro, chiude gli occhi e prende le mani di Max. La tavoletta scrive: “Brutta aria. La lite finirà male”. Non dice nient’altro, come se fosse offesa. La tavoletta lo sa: Fausto e Franco litigano parecchio. Sono giorni che Franco non fa che rimproverare Fausto e lui ieri è saltato in piedi con il pugno serrato, Max ha dovuto mettersi tra i due. Si tratta di qualche femmina? Max non lo sa e non vuole saperlo, ma bisogna stare tranquilli. Proprio adesso!

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