Beatrice Gavazza - Agatone e la tragedia attica di fine V sec. a.C.

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Agatone e la tragedia attica di fine V sec. a.C.: краткое содержание, описание и аннотация

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Il libro approfondisce la figura del tragediografo Agatone (fine V secolo a.C.) e fornisce ai 34 frammenti superstiti della sua opera un'edizione critica con commento. Questo lavoro s'inserisce nell'attuale tendenza degli studi classici a dedicare particolare attenzione a testi frammentari. Sebbene le tragedie di Agatone risultino dimenticate già in epoca antica, sembra che in ambito tragico egli sia stato un autore di successo, nonché d'avanguardia. Il contributo più importante che diede alla storia del teatro fu la sostituzione delle parti corali tradizionali con intermezzi del tutto slegati rispetto al contenuto della trama. L'analisi svolge un'indagine quanto più possibile completa intorno a una figura determinante del genere tragico e pone le basi per una più profonda comprensione delle trasformazioni del teatro tra il V e il IV secolo a.C.
Beatrice Gavazza è assistente alla cattedra di Filologia e Letteratura Greca dell'Università Albert Ludwig di Friburgo in Brisgovia. Per il suo lavoro sul poeta tragico Agatone ha ricevuto nel 2020 il premio Günter Wöhrle, promosso dalla fondazione Humanismus Heute per tesi dottorali eccellenti inerenti al campo dell'Antichistica e composte presso l'Università Albert Ludwig di Friburgo.

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La testimonianza ricorda infine l’amore per Agatone di Euripide, il quale avrebbe composto per il più giovane collega la tragedia Crisippo .53 La tradizione che vede Euripide nel ruolo di ἐραστής e Agatone in quello di ἐρώμενος per lo meno ai tempi del loro soggiorno in Macedonia è attestata anche dalla test. 15. Per quanto riguarda il Crisippo , il tema si presta a una celebrazione di Agatone nei panni di ἐρώμενος: nel mito, Crisippo è il figlio di Pelope amato da Laio, re tebano, il quale è per questo considerato il πρῶτος εὑρετής dell’amore pederastico (Plat. Lg . VIII 836c; Ael. VH XIII 5; Plut. Pel . 19, 1). La data della rappresentazione è sconosciuta; Kannicht individua negli anapesti del coro di un frammento della tragedia (fr. 839 Kannicht) un indizio per preferire una datazione alta rispetto a una bassa, ma ammette in ogni caso «de aetate fabulae non liquet» ( TrGF V.2 p. 879). La notizia secondo la quale Euripide avrebbe dedicato ad Agatone quest’opera non comporta tuttavia che la tragedia risalga necessariamente agli anni trascorsi da entrambi in Macedonia, dato che i due poeti ateniesi si dovevano conoscere già da prima. Tuttavia, l’aneddotica che attribuisce ai due tragici una relazione durante il soggiorno macedone induce a collocare in questo periodo la produzione di un eventuale omaggio erotico di Euripide nei confronti di Agatone.

In questa trattazione dei rapporti tra ἐρώμενος ed ἐραστής presentata da Eliano Agatone e Pausania sono dunque il paradigma dell’amore omoerotico: caratterizzata dai τόποι della crudeltà dell’ἐρώμενος e dei litigi d’amore intesi come forze rinnovatrici, la loro relazione si inserisce nella tradizione letteraria erotica e diventa esemplare. La menzione dell’amore di Euripide per Agatone è la conferma dell’assunzione di Agatone a figura paradigmatica di ἐρώμενος: la tragedia scritta in suo onore ha come protagonista il primo ἐρώμενος Crisippo, rapito dal πρῶτος εὑρετής della pederastia, Laio.

I.4. Orientamento politico (testt. 17–18)

Test. 17 (6 S.–K.)

Aristot. EE III 5, 1232b 6–9

μᾶλλον ἂν φροντίσειεν ἀνὴρ μεγαλόψυχος, τί δοκεῖ ἑνὶ σπουδαίῳ ἢ πολλοῖς τοῖς τυγχάνουσιν, ὥσπερ Ἀντιφῶν ἔφη πρὸς Ἀγάθωνα κατεψηφισμένος τὴν ἀπολογίαν ἐπαινέσαντα (a. 411).

Un uomo nobile dovrebbe preoccuparsi di più di quello che pensa un solo eccellente individuo che molte persone qualsiasi, come disse Antifonte, condannato, ad Agatone, quando questi ne elogiò il discorso di difesa [a. 411].

Interpretazione

L’aneddoto della risposta data da Antifonte ad Agatone è conservato da Aristotele nell’ Etica Eudemia come esempio della caratteristica, propria degli uomini di animo nobile, di non curarsi dell’opinione comune (1232a 38s. b 1–14).1

Il processo ad Antifonte, retore di orientamento politico oligarchico e secondo Tucidide figura di primo piano nell’instaurazione dell’oligarchia dei Quattrocento ad Atene, è registrato tra gli avvenimenti successivi al rovesciamento dei Quattrocento ed è datato al 411 a.C.2 L’ Etica Eudemia conserva una tradizione che offre informazioni di natura cronologica e politica relative ad Agatone: da un lato, il processo contro Antifonte segna un punto di riferimento temporale per la presenza ad Atene del poeta; dall’altro lato, l’aneddoto lega Agatone a un esponente di spicco della fazione oligarchica di Atene.

L’idea qui espressa da Antifonte circa la maggiore importanza del giudizio di un solo uomo di valore rispetto a quello della massa senza identità e senza ingegno si trova anche nel Simposio platonico, pronunciata da Agatone stesso (Plat. Symp . 194b 6–8), da Socrate (Plat. Symp . 194c 1–4) e da Alcibiade (Plat. Symp . 218d 3–5).

L’attribuzione ad Agatone del medesimo punto di vista dell’oligarchico Antifonte, di Socrate e di Alcibiade sulla noncuranza che l’uomo μεγαλόψυχος nutre nei confronti della massa ignorante,3 e al contrario la sua preoccupazione relativamente all’opinione dei φρόνιμοι sono segnali della vicinanza del tragediografo alle idee proprie di ambienti aristocratici ed elitari, nonché vicini a posizioni politiche oligarchiche.

Test. 18 (26 S.–K.)

Stob. IV 5, 24 (IV 203, 1 W.–H.)

Ἀγάθωνος (om. S, gnomol. Paris. 124)·

Ἀγάθων ἔφη· τὸν ἄρχοντα τριῶν δεῖ μεμνῆσθαι· πρῶτον (πρῶτον μέν SMA, Hense) ὅτι ἀνθρώπων ἄρχει, δεύτερον ὅτι κατὰ τoὺς (κατὰ τoὺς om. SMA, Hense, Snell) νόμους (νόμοις Snell) ἄρχει, τρίτον ὅτι οὐκ ἀεὶ ἄρχει.

Di Agatone:

Agatone diceva che chi governa deve ricordarsi di tre cose: primo, che governa su uomini; secondo, che governa secondo le leggi; terzo, che non governa per sempre.

Interpretazione

Nella sezione dedicata al governo e alle qualità del governatore (περὶ ἀρχῆς καὶ περὶ τοῦ ὁποῖον χρὴ εἶναι τὸν ἄρχοντα) della raccolta di excerpta letterari antichi a carattere edificante composta da Giovanni Stobeo (V sec. d.C.) e conosciuta come Florilegium si attribuisce ad Agatone un’affermazione sentenziosa di argomento politico.4

Il passo può essere considerato un ibrido, a metà tra testimonianza e frammento. Martini lo inserisce tra i frammenti agatonei (fr. 23 Martini), accettandone la provenienza da un dramma.5 L’ excerptum deve però essere arrivato fino a Stobeo attraverso un’opera in prosa, in quanto il passo si trova nella sezione del capitolo dedicata ai prosatori ed è introdotto anche dalla formulazione Ἀγάθων ἔφη, in aggiunta al semplice Ἀγάθωνος in uso per introdurre i frammenti poetici (vd. frr. 18–28). La ripetizione del verbo ἄρχει alla fine di ogni membro del periodo produce le figure retoriche etimologiche e di suono tipiche della poetica di Agatone (vd. test. 21). Anche se si accettasse l’ipotesi che il passo si trovasse in origine in un dramma e sia giunto fino a Stobeo attraverso uno scritto in prosa, sarebbe difficile esprimersi sull’opera intermedia o sull’originale.

La sentenza ha una struttura tripartita, probabilmente in conformità al carattere retorico dell’argomentazione nella sua primitiva collocazione. Sul tema del governo e delle qualità del governatore, il contributo di Agatone definisce tre dati che l’uomo al governo deve tenere a mente. Il primo punto riguarda l’elemento su cui si esercita l’autorità del governatore, ossia gli uomini (ἀνθρώπων ἄρχει). Questa idea ricorre nella riflessione politica greca e si trova espressa frequentemente in contrapposizione al concetto di comandare su animali: regolare la vita animale è più semplice che esercitare il potere sugli uomini (p. es. Aristoph. Av . 480s.; Xen. Cyr . I 1, 3; Plut. Fab . 20, 4). Il primo memento sembra un invito a non scordare la complessità del compito di governare. Passando al secondo punto, si presenta un problema testuale: l’espressione deve significare che il governatore esercita la propria autorità ‘in conformità’, oppure ‘per mezzo’, oppure ‘entro il limite’ delle leggi, ma i manoscritti principali tramandano la variante νόμους ἄρχει,6 dove νόμους non può essere considerato oggetto diretto di ἄρχει, sia per motivi di senso che per l’improbabile reggenza dell’accusativo da parte di ἄρχω nel significato di ‘governare’. Lo Gnomologium Parisinum 124 tramanda invece la variante κατὰ τoὺς νόμους, plausibile dal punto di vista sintattico e ben attestata (con o senza articolo; p. es. Plut. Pyrrh . 5, 5; Cic . 12, 2; Ph. Joseph. 63 l. 1; D.H. AR II 6, 2 l. 1; Snell propone la variante al dativo νόμοις, cfr. TrGF I 39 test. 26 ad 3). Infine, il terzo punto si colloca entro la tradizionale riflessione sulla mutevolezza del destino umano; la vicenda di Creso narrata da Erodoto (in particolare I 32s. 86) ne è un illustre precedente.

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