Più concisa è la versione riportata da Plutarco nell’Ἐρωτικός ( Amatorio ), che rientra nella tradizione dei dialoghi a tema erotico e che s’ispira in particolare alle opere platoniche riconducibili a questo genere, Fedro e Simposio .50 Qui manca l’ambientazione macedone e l’episodio si riduce alla citazione delle parole di Euripide in riferimento alla bellezza di un Agatone ormai maturo. Così formulato, l’aneddoto non consente di trarre le considerazioni di carattere temporale e geografico che possiamo invece ricavare da Eliano e dagli ἀποφθέγματα di attribuzione plutarchea. La sentenza πάντων τῶν καλῶν καὶ τὸ μετόπωρον καλόν ἐστιν, attribuita a Euripide senza contestualizzazione e senza fare menzione di Agatone, ritorna ancora nella Vita di Alcibiade di Plutarco.
Per riassumere: vi sono diverse fonti che riportano la medesima affermazione proverbiale τῶν γὰρ καλῶν καὶ τὸ μετόπωρον καλόν ἐστιν, in alcuni casi associandola a un aneddoto ambientato alla corte macedone. Le versioni più esaustive che abbiamo (Plutarco nelle Quaestiones convivales , poi Eliano) concordano nel collocare l’aneddoto presso la corte di Archelao di Macedonia e nel coinvolgere sia Euripide che Agatone, permettendo così una datazione agli anni 408–406 a.C. e assegnando ad Agatone in questa occasione quarant’anni. Per quanto riguarda la relazione tra Plutarco ed Eliano, la critica tende a escludere la dipendenza diretta del secondo dal primo; si ritiene più probabile il ricorso a materiali comuni provenienti dalla letteratura simposiale greca, il cui successo in età imperiale è esemplarmente attestato dai Deipnosofisti di Ateneo.51 La sentenza non ha inizialmente un’attribuzione univoca ma è messa in bocca ora a Euripide (Ael. VH XIII 4; Plut. amat . 24, 770c; Plut. vit. Alc . 1, 5, 192a) ora ad Archelao ([Plut.] apophth . reg . 177a–b), e si afferma nel tempo come motto euripideo (Apostol. XVII 42 [= Arsenios p. 453 Walz]).
Test. 16 (25 S.–K.)
Ael. VH II 21
Ἀγάθωνος ἤρα τοῦ ποιητοῦ Παυσανίας ὁ ἐκ Κεραμέων. καὶ τοῦτο μὲν διατεθρύληται· ὃ δὲ μὴ ἐς πάντας πεφοίτηκεν, ἀλλ’ ἐγὼ ἐρῶ. ἐς Ἀρχελάου ποτὲ ἀφίκοντο ὅ τε ἐραστὴς καὶ ὁ ἐρώμενος οὗτοι. ἦν δὲ ἄρα ὁ Ἀρχέλαος ἐρωτικὸς οὐχ ἧττον ἢ φιλόμουσος. ἐπεὶ τοίνυν ἑώρα διαφερομένους πρὸς ἀλλήλους τόν τε Παυσανίαν καὶ τὸν Ἀγάθωνα πολλάκις, οἰόμενος τὸν ἐραστὴν ὑπὸ τῶν παιδικῶν παρορᾶσθαι, ἤρετο ἄρα τὸν Ἀγάθωνα ὁ Ἀρχέλαος τί βουλόμενος οὕτω πυκνὰ ἀπεχθάνεται τῷ πάντων μάλιστα φιλοῦντι αὐτόν; ὃ δὲ ‘ἐγώ σοι’ ἔφη ‘φράσω, βασιλεῦ. οὔτε γάρ εἰμι πρὸς αὐτὸν δύσερις, οὔτε ἀγροικίᾳ πράττω τοῦτο· εἰ δέ τι καὶ ἐγὼ ἠθῶν ἐπαΐω τῇ τε ἄλλῃ καὶ ἐκ ποιητικῆς, ἥδιστον εὑρίσκω εἶναι τοῖς ἐρῶσι πρὸς τὰ παιδικὰ ἐκ διαφορᾶς καταλλάττεσθαι, καὶ πεπίστευκα οὐδὲν αὐτοῖς οὕτως ἀπαντᾶν τερπνόν. τούτου γοῦν τοῦ ἡδέος πολλάκις αὐτῷ μεταδίδωμι, ἐρίζων πρὸς αὐτὸν πλεονάκις· εὐφραίνεται γὰρ καταλυομένου μου τὴν πρὸς αὐτὸν ἔριν συνεχῶς, ὁμαλῶς δὲ καὶ συνήθως προσιόντος οὐκ εἴσεται τὴν διαφορότητα’. ἐπῄνεσε ταῦτα ὁ Ἀρχέλαος, ὡς λόγος. ἤρα δέ φασι τοῦ αὐτοῦ Ἀγάθωνος τούτου καὶ Εὐριπίδης ὁ ποιητής (test. 15), καὶ τὸν Χρύσιππον τὸ δρᾶμα αὐτῷ χαριζόμενος λέγεται διαφροντίσαι. καὶ εἰ μὲν σαφὲς τοῦτο, ἀποφήνασθαι οὐκ οἶδα, λεγόμενον δ’ οὖν αὐτὸ οἶδα ἐν τοῖς μάλιστα.
Del poeta Agatone era amante Pausania di Ceramei. E questa cosa è nota; ciò che invece non è a conoscenza di tutti, lo dirò io. Un giorno l’amato e l’amante, questi qui, arrivarono da Archelao. E Archelao amava l’eros non meno delle muse. Perciò, quando vide che Pausania e Agatone litigavano spesso l’uno con l’altro, Archelao, ritenendo che l’amante fosse trascurato dal suo amato, domandava ad Agatone con quale proposito provocasse così spesso l’odio in colui che più di tutti lo amava. E quello disse: «Te lo dirò, re. Io infatti non voglio essere litigioso con lui, né faccio questo per villania; ma se grazie alla poetica io ho una qualche conoscenza del carattere umano anche in altri ambiti, trovo che la cosa più dolce per chi ama sia riconciliarsi con l’amato dopo un disaccordo, e sono persuaso che a loro non capiti nulla di più piacevole. Quindi spesso lo rendo partecipe di questa dolcezza, litigando frequentemente con lui; gioisce infatti non appena io metto fine alla lite con lui, invece trovandosi costantemente in accordo non vedrà la differenza.» Approvò queste parole Archelao, secondo quanto si racconta. E dicono che anche il poeta Euripide amasse questo Agatone, e si dice che, per compiacerlo, ideò il dramma Crisippo. E se questo è sicuro, non sono in grado di provarlo, ma so che lo si dice tra i più.
Interpretazione
Nella Varia historia di Eliano è riportato un altro aneddoto che vede protagonista Agatone presso la corte macedone, dove questi si era trasferito insieme al proprio amante Pausania di Ceramei (vd. testt. 3. 5. 14). Il tema del passo è il rapporto tra ἐρώμενος ed ἐραστής.
In conformità alla tradizione biografica relativa al re macedone, Archelao è definito ἐρωτικός, amante dell’eros, non meno che φιλόμουσος, amante delle arti.52 L’interesse di Archelao per le questioni amorose lo porta a notare le continue liti della coppia di ospiti. Dalla valutazione fatta dal re sulla dinamica della coppia (οἰόμενος τὸν ἐραστὴν ὑπὸ τῶν παιδικῶν παρορᾶσθαι) e dalla domanda che il re rivolge ad Agatone (τί βουλόμενος οὕτω πυκνὰ ἀπεχθάνεται τῷ πάντων μάλιστα φιλοῦντι αὐτόν;) si delineano due τόποι della letteratura erotica: in primo luogo, la sofferenza dell’amante causata dalla negligenza del suo amato, giovane e bello e solitamente conteso, e il τόπος del litigio tra innamorati. Il primo, il τόπος dell’amato crudele o freddo, in grado di esercitare un potere (anche inconsapevole) sull’amante, è attestato anche in epoca arcaica. Si trovano esempi nel Corpus Theognideum (vv. 1263s. 1295–1297), in Saffo (fr. 31 V. in riferimento a una figura femminile) e Anacreonte (fr. 15 Gentili = 360 PMG ). Il motivo dei litigi tra innamorati costituisce il secondo τόπος amoroso toccato dall’aneddoto; analogo discorso è attestato da Senofonte nell’opera Ierone , dove è il poeta Simonide ad affermare di fronte al tiranno Ierone l’insuperabile dolcezza della riappacificazione di due innamorati dopo una lite (Xen. Hier . 1, 35s.). La stessa idea in forma di sentenza è attestata anche in ambito latino nell’ Andria di Terenzio (v. 555).
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