Gemma Cates - Voglio Morderti Il...

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“Um-hmm. Al tuo matrimonio, forse. Allora, stavamo parlando di uomini pelosi. Un uomo peloso in particolare, che non indossava un completo a tre pezzi. Quando dici peloso, di cosa parliamo? Peli sul torace anni ‘70, abbastanza lunghi cosicché la sua catena d’oro si perda tra essi? Riccioli fluenti imbrigliati in uno chignon da uomo? Dammi qualche indizio.”

Nel sentire il riferimento alla catena d’oro, mi era quasi caduta di mano la tazza di caffè appena riempita. “Wow, non so cosa dire. Ho la sensazione che, forse, di nascosto guardi vecchi porno.”

“Aw, tesoro, non sono vecchi porno. Sono classici porno.”

Non lo aveva negato. “Guardi classici porno senza di me?”

Una volta, a tarda sera, eravamo capitate su un film per adulti e c’eravamo divertite a ridere della storia – quale storia? – e dei movimenti con sottofondo musicale di lui. Avevamo guardato soltanto l’inizio. Guardare la parte dove lui asfaltava l’aiuola della povera donna con il suo attrezzo per trenta ore di fila e lei se ne stava lì a prenderlo non sarebbe mai successo.

Quel genere di porno era il motivo per cui il mondo, ora, è diventato amichevole verso le donne, porno non-completa-merda, quindi forse non era stata una completa perdita di tempo?

Nah. Del tutto inutile, a parte le risate.

“Aspetta.” Alla richiesta di Yvette era seguito il rumore di un macina-caffè. Quando era ritornato il silenzio, lei aveva detto, “Faccio fatica a fare battute senza un pubblico. E c’è così tanto materiale. La musica, le luci, la trama, il trucco. E le acconciature.” Aveva fatto un suono di disapprovazione. “Negli anni ‘70 avevano davvero problemi ad avere una peluria decente, sopra e sotto la cintura.”

“Hmm,” avevo mormorato, dopodiché avevo sorseggiato il mio caffè. “Non lo nego, ma ho un problema che deve essere gestito, per cui dovremo mettere da parte il fatto che mi stai tradendo.”

“Va bene. Ho ancora qualche minuto prima che il mio caffè francese sia pronto. Finché non avrò preso la mia dose mattutina, dovrai parlare lentamente e chiaramente, ed evitare qualsiasi rivelazione scioccante.” Il rumore di una sedia che veniva trascinata aveva sottolineato la sua richiesta. “A meno che non si tratti di quel tipo sexy che hai baciato ieri sera. Quello che palpeggiavi nell’angolo non-interamente-buio del tuo soggiorno.”

Mi ero sistemata su uno dei due sgabelli infilati sotto la sezione bar dell’isola della cucina. Meglio lasciar perdere le pulizie mentre facevo quella conversazione. Sedersi era un’opzione molto migliore.

“Dal tuo silenzio, suppongo che tu presuma che nessuno l’abbia visto.” La sua voce si era ammorbidita.

“Uh, non esattamente. Speravo solo che non fosse l’attrazione della serata, visto che c’erano anche alcuni miei colleghi.” Avevo spinto via la tazza. Forse tre tazze e mezza di caffè erano troppe.

“Oh, tesoro.” Yvette si era messa a ridere, allentando parte della tensione che provavo. “I tuoi colleghi si ubriacano persi alle tue feste. L’ultima cosa che fanno è giudicarti per le tue attività sessuali.”

“Lo spero. Non credo di perdere il lavoro per un bacio fuori dall’orario di lavoro che ho dato a casa mia, ma in genere non mischio dimostrazioni pubbliche di affetto con eventi sociali para-lavorativi.” Esprimendo il fatto che non essere disoccupata lunedì sarebbe utile. Era solo che avevo quell’altra cosa di cui preoccuparmi. Quella cosa alta più di 1,80, non-così-pelosa, molto flessibile.

“Esattamente. Quello di ieri sera è stato un comportamento atipico. Probabilmente se ne saranno già dimenticati. Inoltre, non è che ti puoi presentare come un Jon Snow vampiresco. Adesso quel tipo ha qualcosa per cui essere in imbarazzo. Si può soltanto presumere che abbia preso quella decisione da sobrio, il che rende la cosa molto peggiore.”

“Ha! Quello era Robert. Già, non so cosa c’entri lui con i vampiri.”

“Abbiamo superato la parte in cui sei moderatamente a disagio per il fatto che i tuoi colleghi ti hanno visto baciare e palpeggiare aggressivamente un tizio?”

Io palpeggiavo aggressivamente? Maledizione, suppongo di averlo fatto.

Ma… Ero a casa mia. Fuori dall’orario di lavoro. Non era una riunione di lavoro.

Certo, l’avevo superata.

“Uh-huh.” Mi preparavo per qualsiasi cosa sarebbe arrivata dopo.

“Porca merda, quell’uomo era eccitato forte. E voi due, tra il palpeggiare e il folle, intenso baciare e la parte in cui ti ha tirata su… semplicemente…” Aveva sospirato. “Non puoi vedermi, ma mi sto facendo aria.”

“Super-eccitante, vero?” E lo era stato. Davvero eccitante. Mi aveva sollevato il culo come se non pesassi niente. Quello era stato una spinta per l’ego, perché non sono leggera. Le curve aggiungevano massa. Poi lui aveva concentrato tutta quella deliziosa attenzione maschile su di me. La sua calda bocca sulla mia, il suo forte corpo premuto contro di me… cazzo.

“Um-hmm. E tanto per chiarire, una folta barba e una testa piena di capelli non rendono ‘pelosi’, svitata che non sei altro.” Aveva fatto una pausa, poi aveva aggiunto, “A meno che tu non ammetta di averlo visto nudo.”

“Per quello… Peloso potrebbe essere fuorviante.” Decisamente fuorviante.

Non c’era niente di peloso in Oliver, a parte gli stupendi riccioli e la barba curata a livello professionale. Quell’uomo doveva avere un’abilità non umana con le forbici, oppure trascorreva molto tempo dal parrucchiere.

Per quanto riguardava il resto del corpo, aveva una peluria addominale deliziosamente osé e una leggera spolverata di peli sul petto. Decisamente non era peloso.

“Lo sapevo!” Yvette aveva lasciato cadere il telefono mentre rigurgitava bestemmie. Un secondo dopo era tornata. “Cazzo, ragazza, mi hai fatto versare il caffè.”

“Non parlare con le mani!” Riuscivo a vederla, circondata dai colori vivaci della sua cucina, mentre gesticolava tenendo in mano una tazza piena di caffè.

Ignorando il mio ammonimento, aveva risposto, “Hai dormito con lui. Sono così fiera di te. Dopo chissà quanto tempo hai visto un po’ d’azione. Quanto è passato? Un anno?”

Yvette, al contrario di Becca, era pienamente consapevole del mio periodo di magra. Sospettava anche che il mio elenco “sesso, sì” fosse precedentemente esistito come qualcos’altro di completamente diverso.

“No, non ho dormito con lui. È un musicista. Un musicista barista.”

Yvette sapeva anche tutto sui miei genitori. Sapeva che mia madre era una bambina mai cresciuta con un fondo fiduciario. Sapeva che mio padre, una volta (per brevissimo tempo), era stato un rocker di successo che aveva sposato una ricca groupie. Sapeva che nessuno di loro era in grado di agire come un adulto, compresi (tra l’altro) i rapporti tra loro e con me.

Yvette sapeva dei miei genitori soltanto perché, quando ci eravamo conosciute, ero stata un’assoluta, perfida stronza. Anche lei era stata una bambina con un fondo fiduciario. Non come per i miei genitori, come si era scoperto, ma inizialmente non le avevo dato la possibilità di mostrarmi che era diverso.

Dopo la nostra falsa partenza, mi ero resa conto di averla giudicata male per le azioni dei miei genitori e avevo scaricato parte del bagaglio della mia famiglia durante il processo di scuse per il mio comportamento di merda. Lei aveva contraccambiato raccontandomi che anche lei aveva le sue difficoltà parentali, sebbene fossero di natura differente rispetto alle mie. Da quel momento siamo state piuttosto intime.

Poiché Yvette conosceva i miei genitori e sapeva quanto avessero influenzato il mio atteggiamento nei confronti sia dei non-adulti irresponsabili sia dei musicisti, capiva perché inizialmente avessi liquidato Oliver, alla festa.

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