Gemma Cates - Voglio Morderti Il...

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Avrei scommesso sul fatto che nessuno avrebbe mai dato buca a Oliver Watson in tutta la sua vita. La sua specie non doveva affrontare quel genere di offesa. Poteva ficcare la sua nonchalance giù per la gola di qualcun’altra. Una che non fosse stata lasciata in un bar tre giorni prima a bere due Mexican Martini da sola, mentre aspettava che un grande stronzo si presentasse all’appuntamento.

Era stata una fregatura, e me ne ero pentita non appena avevo accettato. Ma mia madre – sì, quell’imprevedibile e attraente donna che mio padre aveva sposato e che mi aveva dato alla luce per poi dimenticarsi prontamente della mia esistenza – si era ricordata per due secondi di avere una figlia e aveva organizzato un appuntamento con… il cugino del suo commercialista? Il fratello del suo avvocato? Il figlio del suo consulente finanziario personale?

Non ricordo i dettagli, soltanto la parte in cui mi è stata data buca. Non avrei nemmeno accettato se non avessi provato una certa ansia per il mio incombente compleanno e per il non avere qualcuno per questa festa. La stessa festa invasa da un cazzone irsuto che aveva mangiato tutto il queso.

Avrei dovuto ridere – per il cazzone irsuto – ma ero troppo infervorata.

Dirigevo la frustrazione che covavo e che provavo nei confronti degli uomini in generale verso quel bambinone presuntuoso, barbuto e sotto-occupato, in piedi davanti a me in quel momento.

“Ti diverti a dare buca alle donne?” avevo domandato, incrociando le braccia.

“No. È incredibilmente sgarbato.” Sembrava confuso.

E doveva esserlo, poiché gli stavo attribuendo una qualche brutta intenzione che probabilmente non meritava. Non questa volta. Ma Oliver Watson aveva tutte le caratteristiche di quel genere di uomo.

Quello che non si fa vedere al bar per un drink, nemmeno dopo avere mandato un messaggio per confermare che non sei tu a scaricare lui.

Quello che si presenta a cena con una maglietta logora e i jeans sfilacciati, mentre tu ti sei presa la briga di andare dalla parrucchiera.

Quello che ti chiede i risultati delle analisi al primo appuntamento, perché dà per scontato che non solo farai sesso con lui dopo aver mangiato insieme una volta soltanto, ma anche che tu prendi la pillola e che non dovrà usare il preservativo se tira fuori un pezzo di carta che attesta che non ha nessuna malattia venerea.

Gli uomini sono tutti dei fottuti pezzi di merda.

“Hai ragione. È sgarbato.” Gli avevo lanciato un’occhiataccia. “Ricordalo.”

“Certo, lo farò, ma tu ricordi che sono io quello a cui è stata data buca questa sera, vero?”

“Come vuoi. Sembri il tipo d’uomo che dà buca alle donne.” Il mio tono era troppo sprezzante, il risultato di sette bicchierini di Fireball e più di dieci anni di delusioni amorose.

Apparentemente avevo permesso a quel cugino del commercialista, o fratello dell’avvocato, che mi aveva dato buca di irritarmi. La goccia che fa traboccare il vaso. Inoltre, non avrei dovuto scegliere dolci cocktail speciali, perché avevo bevuto un Poison Apple Martini e deciso che per quella sera avrei preso il resto del mio Fireball in un bicchierino.

La mia tolleranza all’alcol era migliore della media – salve, c’è una vampira qui – ma del resto non avevo avuto la possibilità di consumare il mio normale pasto, ricco di carboidrati e grassi, per compensare l’alcol… perché qualcuno aveva mangiato tutto il queso.

Gli avevo lanciato un’occhiataccia, incerta del perché quell’uomo, quella sera, fosse il destinatario di tutta la mia rabbia; ma guardarlo mi faceva solo incazzare di più, perché lui se ne stava lì, in piedi, tutto muscoli e barba e completamente divertito da me.

E quello aveva premuto i miei pulsanti.

Il che era l’unico motivo che mi veniva in mente (a parte i sette bicchierini di Fireball) per la mia ulteriore discesa nella terra delle accuse infondate.

“Hai mangiato tutto il queso.”

L’espressione divertita che gli si leggeva in faccia si era trasformata in un sonoro scoppio di risa, come se lo avessi sorpreso con le mani nel sacco. “Sei fatta? C’era un’intera pentola di quella roba. Nemmeno un esercito sarebbe riuscito a mangiare tutto quel queso.”

“Fatta? No.” Forse era giunto il momento di confessare il mio potenziale stato alterato. “Ma ho bevuto sette bicchierini di Fireball a stomaco vuoto, perché…”

“Qualcuno ha mangiato tutto il queso.” Aveva alzato le mani nel classico gesto che indica innocenza. “Non sono io il colpevole, ma sai una cosa? Penso di poter risolvere il tuo problema col queso.”

Aveva tirato fuori dalla tasca dei suoi pantaloncini logori un telefono super figo da un fantastilione di dollari e aveva mandato un messaggio. Perché i ragazzi squattrinati spendono sempre tutti i loro soldi in prodotti tecnologici? È una decisione talmente strana che non capirò mai.

Cavolo, avevo davanti a me un esempio perfetto di Tipo Squattrinato Che Spende Soldi in Tecnologia alla Moda. Dovevo decisamente chiedere.

“Risolvi questo mistero per me.” Avevo sorriso in ritardo, rendendomi conto che, forse, il mio tono aggressivo non era l’opzione migliore se volevo una risposta.

Con le labbra ancora contratte da un divertimento che non avrebbe dovuto provare – si sarebbe dovuto vergognare per le mie parole di verità – aveva detto, “Certo. Sarà bello.”

“Perché i tipi come te, barista part time e musicista part time, spendono sempre fino all’ultimo centesimo per dei gadget costosi che non possono permettersi?”

Le sue labbra si erano assottigliate, rivelando una tensione che non avevo ancora visto sulla sua faccia. Forse, finalmente, avevo premuto i suoi pulsanti, ma lui aveva inspirato a fondo e si era visibilmente rilassato. Una frazione di secondo dopo quell’ormai familiare inclinazione delle sue labbra era tornata.

“Domanda interessante. Forse ci dà l’impressione che possiamo ottenere qualcosa. Tipo vestirsi bene, ma in stile tech.” Aveva fatto una pausa e inarcato le sopracciglia. “O forse i nostri gadget costosi non sono stati comprati con l’ultimo centesimo ma sono stati un regalo.”

“Oh.” Quello non era per niente utile. Gli avevo dato delle pacche sul petto. Wow, quello sì che era un petto saldo. “Tante grazie, ma non penso che tu abbia risolto il mistero del mio uomo.”

Aveva emesso un suono di scontento. “È questo il punto, un solo uomo non rappresenta tutta l’umanità.”

Mi ero fermata a riflettere su quello. Fermata letteralmente… accarezzandogli il petto. Perché, apparentemente, lo stavo palpeggiando a livello subconscio da quando gli avevo messo le zampe addosso. Una pacca ed ero stata risucchiata dai suoi muscoli e dal suo silvestre odore di pino.

Annusando a fondo, cercavo di analizzare i vari profumi, ma senza fortuna. Tutto quello che percepivo erano pino e bosco, deliziosi.

“Cosa stavi dicendo?” Avevo spostato lo sguardo dal suo petto, che avevo ripreso ad accarezzare, alla faccia.

Gah. Perché lui mi faceva sentire così bene e aveva un così buon odore? Non era per niente il mio tipo. Non mi interessavano i bambinoni, nemmeno per una botta e via, cosa per cui gli umani andavano bene, perché non era come…

Oops. Avevo perso la concentrazione mentre il suo odore mi faceva sballare e mi eccitava.

“Um, penso di essermi persa qualsiasi cosa tu abbia detto.” Stavolta avrei dovuto cercare di concentrarmi sulle sue parole.

“Adesso mi stai oggettivando?”

Dall’espressione del suo viso non potevo dire se fosse compiaciuto o infastidito dal pensiero, per cui avevo scelto la via della sincerità. Separando il pollice e l’indice di circa due centimetri, avevo alzato la mano e avevo detto, “Un pochino. Tu sei sexy e hai un odore ridicolo.”

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