Attraverso Pepe Romeo, José María Escrivá conobbe anche Manuel Sainz de los Terreros [253]. Manolo, come lo chiamavano gli amici, aveva terminato gli studi di Ingegneria civile nel gennaio di quell’anno 1933. Mentre cercava un posto di lavoro, dedicò il tempo disponibile ad attività di volontariato, assistendo alcune famiglie povere. Un giorno del mese di maggio andò a servire il pranzo ad alcuni poveri di Tetuán de las Victorias, insieme a suo fratello Luis e a due amici, Pedro Antonio Alarcón e Pepe Romeo. Il pasto era stato pagato con una colletta fra tutti. Alla fine, mentre ritornavano in metropolitana, «Romeo mi parlò di... una cosa vaga, di un’Accademia, e mi invitò a parlare con D. José Mª Escrivá» [254]. Qualche giorno dopo, il 14 giugno, «attorno alle 7½ sono andato molto tranquillo in calle Martínez Campos 4, a vedere “questo Sr. Presbitero che voleva parlarmi dell’Accademia”» [255]. Durante il colloquio, Manolo spalancò il suo cuore al sacerdote. Notando che era inquieto per una eventuale chiamata di Dio, José María Escrivá gli propose di fare un triduo allo Spirito Santo. Quando lo finì ritornò in calle Martínez Campos e chiese al sacerdote di far parte dell’Opera.
La casa presa in affitto dagli Escrivá in calle Martínez Campos ebbe un ruolo fondamentale come luogo di incontri per i membri dell’Opera e gli amici. A quanto pare, la prima riunione in quell’appartamento si tenne il 19 marzo, giorno dell’onomastico di don José María. Fecero una merenda con dei pasticcini regalati dalla madre di don Norberto [256]. Da quel giorno in poi alcuni universitari, di pomeriggio, andavano a conversare, a ricevere formazione cristiana e anche a fare merenda. Santiago Escrivá, che aveva quattordici anni, vide sfilare «molti ragazzi trattati da José María. Io andavo a cercare biscotti e frittelle per le tazze di cioccolata che preparava Carmen. Anche mia madre collaborava con piacere. I ragazzi impazzivano per la cioccolata» [257]. Qualche volta Santiago si lamentava perché era rimasto senza merenda e diceva: «I ragazzi di José María si sono mangiato tutto» [258].
Gli incontri erano informali riunioni di amici. Ricorda González Barredo: «parlavamo di qualsiasi cosa e cantavamo. Il Padre aveva sempre qualcosa da darci; portava caramelle o altro per fare merenda» [259]. Lo scopo di queste riunioni era chiaro: creare un clima piacevole in un rapporto di amicizia. Per Jiménez Vargas, «qualcuno avrebbe potuto pensare che era semplicemente un momento di conversazione, ma ben presto si sarebbe accorto che il Padre lo considerava una necessità, perché era un modo per farci comprendere che cos’è la vita di famiglia» [260]. La maggior parte di loro erano universitari. Ma c’erano anche professionisti di varia provenienza, come lo scultore Jenaro Lázaro, il maestro Ramón Franquelo, il giornalista Julián Cortés−Cavanillas o un medico di trentatré anni, Rafael Roldán, che lavorava a Madrid con Jiménez Díaz.
Nel marzo del 1933 José María Escrivá spiegò ai membri dell’Opera un piano o programma di pratiche o norme di pietà cristiana, perché ognuno lo praticasse quotidianamente [261]. Il “piano di vita”, come lo chiamavano diversi autori di spiritualità [262], li avrebbe aiutati nel loro impegno personale per fondere, «in unità di vita, l’ascetica propria del cristiano con l’esercizio della professione» [263]. Questo piano includeva alcune pratiche di vita spirituale radicate nella tradizione cristiana [264]: offerta delle azioni appena alzati, un momento di orazione mentale, Messa e Comunione, visita al Santissimo, lettura di un brano del Vangelo e di un libro spirituale, recita del Rosario, dell’Angelus e delle preci dell’Opera [265], ed esami di coscienza [266]. Il piano di vita doveva essere completato nella giornata, tenendo conto degli obblighi professionali o sociali di ciascuno. Per questo richiedeva agli universitari e ai giovani professionisti un ordine nell’orario, in modo che fosse compatibile con il loro lavoro [267].
Anche alcune donne andavano a trovarlo per uno scambio di idee sulla vita cristiana. Un giorno del mese di maggio, per consiglio della sorella María Ignacia, Benilde García si presentò senza preavviso in calle Martínez Campos. Escrivá la ricevette e «centrò subito il tema, che fu esclusivamente spirituale. Più o meno mi disse che potevo far parte dell’Opera e che María Ignacia gli aveva già spiegato la situazione nella quale mi trovavo. Mi disse anche che potevo già alimentare una vita spirituale più intensa, indicandomi il modo. Ricordo un particolare che mi sembrò assai significativo: che portassi le mie figlie, con tutta libertà, se a loro faceva piacere, a fare la Visita al Santissimo tutti i pomeriggi» [268]. Qualcosa di simile accadde con l’altra sorella, Braulia, che andò a casa di don José María per insistenza di María Ignacia [269].
Invece gli incontri del lunedì con i sacerdoti proseguirono in casa di Norberto Rodríguez. A Martínez Campos andavano soltanto quelli più conosciuti da José María, Come Norberto o Lino [270]. Nel mese di giugno un altro sacerdote parlò a José María Escrivá del suo desiderio di formarsi nello spirito dell’Opera. Si chiamava Blas Romero ed era il cappellano della parrocchia di Santa Bárbara [271].
Alla fine del mese, Escrivá avviò a casa sua un’attività spirituale che poi diventò consuetudine quotidiana. Prima che i ragazzi ritornassero alle loro case, prendeva un messale grande, da altare, e commentava il passo del Vangelo che era stato letto nella Messa di quel giorno. Nel mese di luglio mise per iscritto questa consuetudine: «Da qualche giorno tutti i pomeriggi alle otto e mezzo leggo il santo Vangelo della Messa e lo commento brevemente davanti a chi è presente in casa, dell’Opera o no» [272].
Inoltre consegnò agli altri le sue annotazioni, sia quelle già pubblicate al ciclostile — Santo Rosario e Consideraciones espirituales —, sia altri fogli che faceva stampare, distribuendole fra le persone che conosceva. Il suo amico Pedro Cantero, che frequentava l’appartamento di calle Martínez Campos, ricordava: «certe volte, dopo una conversazione, per aiutare la mia orazione personale, leggevo alcuni pensieri scritti in piccoli fogli. Dovevano essere sintesi di conversazioni tenute ai ragazzi o punti di meditazione» [273].
Alla fine di giugno José María Escrivá decise di preparare un secondo fascicolo di Consideraciones espirituales . Mise insieme 87 testi, tratti dalle sue annotazioni negli Apuntes íntimos e li stampò col ciclostile. Uniti ai 246 della prima edizione di Consideraciones , sommavano in tutto 333 massime spirituali —era un numero simbolico scelto in onore della Trinità di Dio— che le persone dirette spiritualmente potevano meditare [274]. Il 22 luglio lo avevano già ricevuto alcuni membri dell’Opera, affinché ne facessero buon uso durante il periodo estivo [275].
Torna all'indice
Prossimo capitolo
[1]Cfr. Shlomo Ben−Ami, La dictadura de Primo de Rivera. 1923−1930 , Planeta, Barcelona 1983; e Eduardo González Calleja, La España de Primo de Rivera. La modernización autoritaria, 1923−1930 , Alianza Editorial, Madrid 2005.
[2]Cfr. Genoveva García Queipo de Llano, Los intelectuales y la dictadura de Primo de Rivera , Alianza Editorial, Madrid 1988, pp. 534−555.
[3]Cfr. Anuario Estadístico de España. Año XXVI. 1951 , “Principales actividades de la vida española en la primera mitad del siglo XX. Síntesis estadística”, Madrid, 1952, p. 10; Censo de la población de España según el empadronamiento , tomo I, Talleres del Instituto Geográfico y Catastral, Madrid 1932, pp. LXXII−LXXIII. Per età lavorativa s’intende quella delle persone che hanno un’età compresa tra i 15 e i 69 anni.
Читать дальше