Friedrich Nietzsche - Così parlò Zarathustra

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Nietzsche utilizza la figura dell'antico profeta persiano per collegare e sviluppare i 4 elementi principali su cui poggia l'intera sua opera, tutti ampiamente discussi in questo libro definito insieme «per tutti e per nessuno». Dal punto di vista dell'originale Zoroastro tutti gli esseri umani si trovano in condizione d'uguaglianza di fronte all'unico Dio: poco prima della morte di Dio, tutti gli individui risultano uguali in quanto folla, gregge anonimo. Conseguentemente la morte di Dio è una possibilità d'espressione per il futuro superuomo. Nel 3° paragrafo della Prefazione il profeta definisce l'uomo come un ponte lanciato in direzione del superuomo: «L'uomo è qualcosa che dev'essere superato», per l'avvento del superuomo è pertanto necessaria la caduta finale dell'uomo attualmente presente in questo mondo. Ma ad un tale sforzo creativo d'allevamento e formazione non è possibile giunger sostando nel bel mezzo della piazza, dove s'assembra la folla sterminata e senza alcun valore di sorta: questa folla la quale in cambio di vantaggi e beni materiali (il «benessere») fa solo ciò che favorisce il proprio personale beneficio di guadagno e tornaconto individualistico.

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V'hanno ancora in qualche luogo popoli e greggi, ma non fra noi, o fratelli: qui non sono che Stati.

Stato? Che è ciò? Ebbene, aprite gli orecchi, che vi dica ora la mia parola sulla morte dei popoli.

Stato si chiama il più freddo di tutti i mostri. È freddo pur nel mentire; e questa è la menzogna ch'esce dalla sua bocca: «Io, Stato, sono il popolo».

È una menzogna! Furono creatori quelli che suscitarono i popoli e su di loro posero una fede e un amore: giovarono così alla vita.

Sono invece distruttori questi che tendono trappole a molti, e le chiamano Stato: essi appendono sul loro corpo una spada e cento desideri.

Dove c'è ancora popolo, esso non comprende lo Stato e lo odia come il malocchio e come peccato contro il costume e il diritto.

Vi dò questo segno: ogni popolo ha il suo linguaggio del bene e del male, e non lo comprende il vicino. Esso inventò la sua lingua secondo i suoi usi e diritti.

Ma lo Stato mente in tutte le lingue; sul conto del bene e del male qualunque cosa dica, esso mente – e ciò che possiede ha rubato.

Tutto è falso in lui, esso morde con denti rubati, il mordace.

Sono falsi anche i suoi visceri.

Confusione di lingue del bene e del male: vi dò questo segno come segno dello Stato. In verità questo segno significa la volontà di morire! In verità esso attrae i predicatori della morte!

Troppi uomini nascono: per coloro che sono di troppo fu inventato lo Stato!

Guardate un po' come esso li attira a sè, gli inutili! Come li ingoia e mastica e rimastica!

«Non c'è nulla di più grande sulla terra: io sono il dito ordinatore di Dio» – così rugge il mostro. E non cadono in ginocchio gli orecchiuti e i miopi soltanto.

Ahimè, pure in voi, anime grandi, esso insinua le sue tristi menzogne! Ahimè, indovina i cuori generosi che amano prodigarsi!

Sì, anche voi indovina, vincitori del vecchio Dio! La lotta vi stancò e la vostra stanchezza serve ora al nuovo idolo!

Il nuovo idolo vuole avvincere a sè anche gli onesti e gli eroi! Gli piace riposarsi alla luce solare delle buone coscienze, – il freddo mostro!

Tutto vuol dare a voi se voi l'adorate, l'idolo nuovo: s'acquista in tal modo lo splendore delle vostre virtù e lo sguardo dei vostri occhi superbi.

Esso vuole adescare con voi coloro che sono di troppo! Sì, fu inventato con ciò un artificio infernale, un corsiero della morte tintinnante nei divini ornamenti!

Sì, fu inventato con ciò una morte per molti, morte che si vanta d'esser vita: in verità un gran dono per i predicatori della morte!

Lo Stato è là dove tutti, buoni e cattivi, si ubbriacano di veleno: dove tutti si smarriscono: dove il lento suicidio di tutti si chiama «la vita»!

Guardate un po' questi uomini inutili! Essi si appropriano le opere degli inventori e i tesori dei savi: chiamano educazione il loro furto – e tutto divien loro malattia e miseria!

Guardate un po' questi inutili! Sono sempre malati e vomitano il loro fiele e lo chiamano giornale. Si divorano a vicenda e non possono neppur digerirsi.

Guardate un po' questi superflui! Acquistano ricchezze e con ciò divengon più poveri. Vogliono potenza e anzitutto il grimaldello della potenza, molto denaro, – questi impotenti!

Guardate come si arrampicano, queste agili scimmie! Si arrampicano l'una su l'altra, e vanno così nel fango e nell'abisso.

Voglion tutti accostarsi al trono: è la loro follia – come se la felicità stesse sul trono! Spesso sul trono sta il fango, e spesso anche il trono è sul fango.

Mi sembrano tutti folli costoro, e scimmie rampicanti, ed esaltati.

Il loro idolo pute, il freddo mostro; putono tutti insieme questi adoratori dell'idolo.

Miei fratelli, vorreste forse essere soffocati dall'alito delle loro bocche e delle lor bramosie? Spezzate piuttosto le vetrate e saltate all'aperto.

Evitate l'odore cattivo! Fuggite l'idolatria degli inutili!

Evitate l'odore cattivo! Fuggite i vapori di questi sacrifici umani!

La terra è ancor libera per le anime grandi. Ci sono molti posti ancora per le anime solitarie e le anime gemelle intorno alle quali aleggia il profumo di mari tranquilli.

La vita è ancora aperta per le grandi anime. In verità chi poco possiede è anche meno posseduto: sia lodata la piccola povertà!

Là dove lo Stato cessa d'esistere comincia l'uomo che non è inutile: là comincia la canzone della necessità, intraducibile, unica.

Là dove lo Stato cessa d'esistere , – ma guardate un po' là, miei fratelli! Non vedete voi l'arcobaleno e i ponti del superuomo?

Così parlò Zarathustra.

DELLE MOSCHE DEL MERCATO

Fuggi, amico mio, nella solitudine! Ti veggo stordito dallo strepito degli uomini grandi e punto dall'aculeo dei piccoli.

La foresta e la rupe sapranno degnamente tacere con te. Assomiglia di nuovo all'albero che tu ami, all'albero dai rami diffusi; esso pende sul mare silenzioso, in ascolto.

Dove termina la solitudine comincia il mercato; e dove il mercato comincia, comincia pure lo strepito dei grandi commedianti e il ronzio delle mosche velenose.

Nel mondo le cose migliori non giovano a nulla, se non v'ha chi le rappresenti: questi sono chiamati dal popolo uomini grandi.

Poco comprende il popolo la grandezza: cioè il creare. Ma ha un senso per tutti i rappresentanti e i commedianti di grandi cose.

Il mondo gira intorno agl'inventori di nuovi valori: gira invisibilmente. Ma intorno ai commedianti s'aggira il popolo e la gloria: così è «il corso del mondo».

Il commediante possiede lo spirito, non la coscienza dello spirito. Sempre egli crede a ciò con cui fa più persuasi gli altri, – a ciò che spinge a credere in lui!

Avrà domani una nuova fede, e un'altra dopo domani. Egli ha lo spirito pronto come il popolo, e variabile al pari del tempo.

Rovesciare – vuol dire per lui: dimostrare. Render folli – è per lui convincere. E il sangue gli sembra l'argomento migliore.

Una verità che s'insinua soltanto in orecchie delicate, egli la chiama menzogna e nulla. In verità egli crede solo agli dèi che fanno gran strepito nel mondo!

Affollato di rumorosi pagliacci è il mercato – e il popolo si gloria dei suoi grandi uomini! Essi sono per lui i padroni dell'ora.

Ma l'ora li incalza: ed essi t'incalzano. Anche da te vogliono un sì o un no. Vuoi metterti incautamente fra un pro' e un contro?

Non esser geloso di questi intransigenti e impazienti, o amico della verità! La verità non s'appese ancor mai al braccio di un assoluto.

A causa di questi avventati ripara nella tua sicurezza: non sul mercato soltanto si è assaliti con il «Sì?» od il «No?».

Ciò che avviene nelle fontane profonde, avvien lentamente: esse dovettero attendere a lungo per sapere cosa cadde nel loro profondo.

Lontano dal mercato e dalla gloria si ritrae tutto ciò che è grande: lontano dal mercato e dalla gloria vissero sempre gli inventori di nuovi valori.

Fuggi, amico, nella tua solitudine: io ti vedo punzecchiato da mosche velenose. Fuggi là ove soffia un vento rude e impetuoso.

Fuggi nella tua solitudine! Vivesti troppo vicino ai piccoli e ai miserabili. Fuggi dinanzi alla loro vendetta invisibile! Contro di te essi non son che vendetta.

Non alzar più il braccio contro di loro! Essi sono innumerevoli, e non è affar tuo essere cacciatore di mosche.

Innumerevoli sono i piccoli e i miserabili; e più d'un superbo edificio fu distrutto da gocce piovane e dalla mala erba.

Tu non sei una pietra e già sei incavato per le molte gocce. Ti fenderebbero e spezzerebbero altre gocce ancora.

Ti veggo affaticato per le molte mosche velenose, punto a sangue in cento parti; e la tua alterezza sdegna la collera.

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