Parpaiola Franco - IL CANTIERE

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Il Cantiere racconta le mie eperienze e peripezie durante il collaudo del Termovalorizzatore dell'Ital Green Energy di Monopoli in Provincia di Bari. Descrive ciò che fecero e che non si dovrebbe fare, se si vogliono evitare disastri ecologici.

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L’Institut de Veille sanitaire francese ha infatti pubblicato di recente i risultati allarmanti, passati sotto silenzio, di uno studio sull’incidenza del cancro in prossimità di cosiddetti “termovalorizzatori”: si è riscontrato un aumento dal 6 fino al 22% di diverse patologie neoplastiche

La soluzione ideale- Il problema dei rifiuti è fortemente sentito e l’incenerimento è il modo più efficace per toglierli dalla strada (e portarli dentro l’uomo)

Cosa fare?

In realtà la strada è già ben indicata nelle direttive europee: riduzione, raccolta differenziata e riciclaggio, recupero energetico senza combustione (fermentazione anaerobica della frazione organica) e, solo per ultimo, il recupero energetico con combustione

Un esempio positivo ci arriva da due città enormi come Los Angeles (quattro milioni di abitanti) o San Francisco (850 mila abitanti). Queste città non hanno inceneritori. Hanno coinvolto

ragazzi disoccupati istruendoli con corsi di merceologia. I ragazzi prendono i materiali differenziati forfettariamente dai cittadini e li raffinano ulteriormente. Ad esempio, una bottiglia di plastica la suddividono in varie parti. La bottiglia che è fatta di poleitilenpersalato segue un percorso. Il tappo che è fatto di polietilene un altro, la carta intorno la bottiglia viene separata. Il tutto viene rivenduto. I tappi venduti come rifiuto vengono 60 centesimi di euro al kg, mentre noi li bruciamo. Le lattine delle bibite sono fatte di alluminio che è già stato estratto dalla miniera di bauxite per cui, se la riciclo, non devo più estrarre da altre miniere, consumando materia prima ed energia. Vendo quell’alluminio a chi fa biciclette o infissi, con un guadagno. Tutto il putrescibile, anziché portarlo in discarica o in inceneritore lo portano fuori città. Uso finale è compost da prato che vendono a caro prezzo anche a noi. Chi gestisce tali impianti offre lavoro a molte persone e trae profitto semplicemente rivendendo rifiuti senza inquinare. Se Brescia fosse trattata come San Francisco, senza inceneritori la stessa quantità di immondizia darebbe lavoro a 3000 persone, contro le circa 80 che lavorano nel termovalorizzatore di Brescia, dove tra l’altro gli italiani spendono alcune centinaia di migliaia di euro per mantenere l’inceneritore. La stessa quantità di immondizia riciclata avrebbe prodotto un reddito netto di 2.800 mila euro creando 3000 posti di lavoro. Senza inquinare!

L’Ital green autorizzata a bruciare CDR.

Romani sui termovalorizzatori

Un termovalorizzatore a Monopoli? Non è cosa poi così difficile da immaginare. In realtà, qualcosa di questo genere già esiste, ed è lo stabilimento Ital Green in via Baione. In pochi sanno infatti che già nel 2004 il suddetto stabilimento è stato autorizzato a bruciare CDR (combustibile derivato da rifiuti).

Con determinazione 133 del 30 luglio 2004- Giunta Leoci a Monopoli- la Provincia di Bari autorizzava l’Ital green Energy ad integrare nell’impianto di recupero energetico sito a Monopoli, con CDR, ovvero Combustibile Derivato da Rifiuti. Con una seconda determinazione ammorbidisce i parametri individuati per la concessione (monitoraggio e quantitativi), e nella stessa, l’Ital Green dichiara di poter funzionare solo con combustibile CDR. Non risultano dalla nostra ricerca altre determine che annullano la concessione.

Abbiamo portato i documenti in questione al Sindaco.

Eravate a conoscenza della cosa?

“No, veramente non eravamo a conoscenza, almeno io. Passerò comunque i documenti all’assessore Rotondo per le opportune verifiche.”

In un incontro con la Poli Bortone avevi affermato che “Non dobbiamo chiudere le porte a prospettive di informazione e di scelte che spesso quando il nodo si stringe ed arriva al pettine fa male.

“Penso che tutte le politiche energetiche debbano partire dal basso e non dall’alto. Io non ho timore di dire che nel nucleare se non si comincerà dal basso e non si comincerà a fare una politica per decreto, credo che morirà presto. Nel senso che comincerà un percorso, ma siccome questi sono percorsi lunghi, sono certo che fra tre anni quando arriverà il prossimo governo, bloccherà tutto e cominceremo i cosiddetti pendolarismi energetici (percorsi non condivisi e decisioni differenti che non portano ad un risultato). Io credo che su queste questioni si debba agire un po’ come per le riforme costituzionali. Cioè, non si può non condividere un percorso anche perché il passato insegna che rinvia e rinvia arriva un momento in cui non puoi più rinviare e fai figuracce come la questione dei rifiuti di Napoli, nella quale non abbiamo certo esportato un modello civile nel mondo. Ed io ricordo all’epoca che tutti i componenti delle giunte regionali si affannavano per capire cosa avevano fatto, ma la realtà era che su questo argomento erano stati molto reticenti.

Allora, la mia idea è che io non chiudo gli occhi e le orecchie davanti a nulla. Né al nucleare, né men che meno ai termovalorizzatori, che oramai sono tecniche che in Italia esistono, che sono presenti in contesti sviluppati ed antropizzati anche dal punto di vista turistico.

Quindi ritengo che il termovalorizzatore sia in realtà l’anello che chiude il ciclo dei rifiuti- perché il compostaggio presente a Gioia o quello nuovo a Conversano in realtà non chiude il ciclo sulla gestione dei rifiuti, ne riduce l’impatto sulla discarica, ma non chiude il ciclo.

Le politiche energetiche dovrebbero essere condivise dalla base mediante campagne di sensibilizzazione, di informazione, ma è ovvio che se la formazione e l’informazione deve essere tale, deve esserci una condivisione politica, perché se cominciamo a fare delle politiche a “botte di maggioranza” il pericolo della strumentalizzazione su un argomento del genere è un pericolo reale… e se si strumentalizza su questi argomenti è chiaro che si comincia a fare, secondo me, una politica di bassissimo e ristrettissimo respiro. La mia idea è quindi innanzitutto quella di una condivisione politica, di informazione per la cittadinanza ed infine di attuazione.”

Crede sia possibile con la nostra classe dirigente prendere decisioni di questo genere? Parlo di controlli, che non ci sono, parlo di Ital Green e di molte altre realtà che presentano spesso aspetti non chiari. Come pensa di sopperire ad una tale mancanza?

“Questo dei controlli è un fatto verissimo, è un fatto serio. C’è una percezione in giro che in effetti anche davanti a delle norme, a dei decreti regionali, a delle leggi regionali, a dei decreti legislativi che impongono tabelle, parametri per il controllo, la produzione di carte superi la sostanza di quello di cui si parla. C’è questa sensazione diffusa. E quindi sono d’accordo, bisognerebbe aprire una nuova stagione di controlli. Credo che queste agenzie dovrebbero fare poche cose e bene. E’ chiaro che se l’Agenzia Regionale di Protezione Ambientale si deve occupare di un miliardo di questioni e non fa secondo me, l’unica cosa che non possono fare gli altri, cioè i controlli o non ha gli strumenti per farlo, diventa un ragionamento complicato. Quindi sono assolutamente convinto: per poter avere un accordo politico e fare da garanti nel processo di informazione con i propri cittadini di queste cose, è chiaro che prima di fare da garanti dobbiamo essere garantiti. Le istituzioni dovrebbero chiedere a gran voce un nuovo meccanismo ed un nuovo sistema di controlli. Basterebbe fare pulizia a livello regionale di enti perfettamente inutili e concentrare queste economie verso il potenziamento di agenzie di protezione ambientale, che già esistono, e che spesso e volentieri- anche quando coinvolte da noi per il problema delle onde magnetiche dell’impalata- non hanno gli strumenti per agire. Speriamo che con il nuovo governo regionale capiremo anche qual è l’impronta energetica che questa regione vorrà prendere.”

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