Wiederum sprach er zu sich: „Zeit und Weile wird mir hier im Wald lang; ich will einen anderen Gesellen herbeiholen“, nahm seine Geige und der Klang erschallte durch den Wald. Da kam ein Häschen dahergesprungn. „Ach, ein Hase kommt!“ sagte der Spielmann, „den wollte ich nicht haben.“ „Ei, du lieber Spielmann“, sagte das Häschen, „was fiedelst du so schön, das möchte ich auch lernen.“ „Das ist bald gelernt“, sprach der Spielmann, „du musst nur alles tun, was ich dich heiße.“ „O Spielmann“, antwortete das Häslein, „ich will dir gehorchen wie ein Schüler seinem Meister.“ Sie gingen ein Stück Weges zusammen, bis sie zu einer lichten Stelle im Wald kamen, wo ein Espenbaum stand. Der Spielmann band dem Häschen einen langen Bindfaden um den Hals, wovon er das andere Ende an den Baum knüpfte. „Munter, Häschen, jetzt spring mir zwanzigmal an dem Baum herum,“ rief der Spielmann, und das Häschen gehorchte, und wie es zwanzigmal herumgelaufen war, so hatte sich der Bindfaden zwanzigmal um den Stamm gewickelt und das Häschen war gefangen, und es mochte ziehen und zerren wie es wollte, es schnitt sich nur der Faden in den weichen Hals. „Warte da so lange, bis ich wiederkomme“, sprach der Spielmann und ging weiter.
Der Wolf indessen hatte gerückt, gezogen, an dem Stein gebissen und so lange gearbeitet, bis er die Pfoten frei gemacht und wieder aus der Spalte gezogen hatte. Voll Zorn und Wut eilte er hinter dem Spielmann her und wollte ihn zerreißen. Als ihn der Fuchs laufen sah, fing er an zu jammern und schrie aus Leibskräften: „Bruder Wolf, komm mir zur Hilfe, der Spielmann hat mich betrogen.“ Der Wolf zog die Bäumchen herab, biss die Schnüre entzwei und machte den Fuchs frei, der mit ihm ging und an dem Spielmann Rache nehmen wollte. Sie fanden das gebundene Häschen, das sie ebenfalls erlösten, und dann suchten alle zusammen ihren Feind auf.
Der Spielmann hatte auf seinem Weg abermals seine Fiedel erklingen lassen und diesmal war er glücklicher gewesen. Die Töne drangen zu den Ohren eines armen Holzhauers, der alsbald, er mochte wollen oder nicht, von der Arbeit abließ, und mit dem Beil unter dem Arm herankam, die Musik zu hören. „Endlich kommt doch der rechte Geselle“, sagte der Spielmann, „denn einen Menschen suchte ich und keine wilden Tiere.“ Und fing an und spielte so schön und lieblich, dass der arme Mann wie bezaubert dastand und ihm das Herz vor Freude aufging. Und wie er so stand, kamen der Wolf, der Fuchs und das Häslein heran, und er merkte wohl, dass sie etwas Böses im Schilde führten. Da erhob er seine blinkende Axt und stellte sich vor den Spielmann, als wollte er sagen: „Wer an ihn will, der hüte sich, der hat es mit mir zu tun.“ Da ward den Tieren angst und liefen in den Wald zurück, der Spielmann aber spielte dem Manne noch eins zum Dank und zog dann weiter.
* * *
Lo strano violinista
C’era una volta uno strano violinista, che se ne andava solo solo per un bosco, e pensava a questo e a quello; e quando la sua mente non ebbe ove posarsi, disse fra sé: „Mi annoio molto qui nel bosco, voglio cercarmi un buon compagno“. Si tolse di dosso il violino e si mise a sonare, sicché il suono si diffuse fra gli alberi. Poco dopo, ecco venire un lupo, trottando per la boscaglia. – Ah, viene un lupo! quello non lo desidero proprio, – disse il violinista. Ma il lupo si avvicinò e gli disse: – Oh, caro violinista! come suoni bene! vorrei imparare anch’io. – È presto fatto, – gli rispose il violinista, – devi soltanto fare tutto quello che ti ordino. – O violinista, – disse il lupo, – ti obbedirò come uno scolaro il suo maestro –. Il violinista gli ordinò di seguirlo, e, quando ebbero fatto un pezzo di strada insieme, giunsero a una vecchia quercia, che era cava internamente e spaccata nel mezzo. – Guarda, – disse il violinista, – se vuoi imparar a sonare il violino, metti le zampe davanti in questa spaccatura –. Il lupo obbedí, ma il violinista prese in fretta un sasso e d’un sol colpo gli conficcò le zampe nel legno cosí saldamente, che il lupo dovette starsene là prigioniero. – Aspetta qui finché torno, – disse il violinista, e se ne andò per la sua strada.
Dopo un po’, disse di nuovo fra sé: „Mi annoio molto qui nel bosco, voglio cercarmi un altro compagno“. Prese il violino, e di nuovo si diffuse il suono nel bosco. Poco dopo, ecco venire una volpe strisciando fra gli alberi. – Ah, viene una volpe, – disse il violinista, quella non la desidero proprio. Ma la volpe gli si accostò e disse: – Ah, caro violinista, come suoni bene! Vorrei imparare anch’io. – È presto fatto, disse il violinista: devi soltanto fare tutto quel che ti ordino. – O violinista, – rispose la volpe, – ti obbedirò come uno scolaro il suo maestro. – Seguimi, – disse il violinista, e quando ebbero fatto un pezzo di strada, giunsero a un sentiero fiancheggiato da alti cespugli. Allora il violinista si fermò, da un lato del sentiero curvò fino a terra un giovane nocciolo e ne premette la cima col piede; dall’altro lato incurvò un altro alberello e disse: – Orsú, volpicina, se vuoi imparar qualcosa, porgimi una delle tue zampe davanti, la sinistra –. La volpe obbedí ed egli le legò la zampa al fusto di sinistra. – Volpicina, disse, ora porgimi la destra –. E la legò al fusto di destra. E, dopo essersi assicurato che i nodi delle corde fossero abbastanza solidi, lasciò la presa, e gli alberelli si rizzarono e lanciarono in alto la volpe, che restò sospesa in aria a sgambettare. – Aspettami qui fìnché torno, – disse il violinista e se ne andò per la sua strada.
Dopo un po’, disse di nuovo fra sé: „Mi annoio molto qui nel bosco, voglio cercarmi un altro compagno“. Prese il violino, e di nuovo si diffuse il suono nel bosco. Poco dopo, ecco venire una volpe strisciando fra gli alberi. – Ah, viene una volpe, – disse il violinista, quella non la desidero proprio. Ma la volpe gli si accostò e disse: – Ah, caro violinista, come suoni bene! Vorrei imparare anch’io. – È presto fatto, disse il violinista: devi soltanto fare tutto quel che ti ordino. – O violinista, – rispose la volpe, – ti obbedirò come uno scolaro il suo maestro. – Seguimi, – disse il violinista, e quando ebbero fatto un pezzo di strada, giunsero a un sentiero fiancheggiato da alti cespugli. Allora il violinista si fermò, da un lato del sentiero curvò fino a terra un giovane nocciolo e ne premette la cima col piede; dall’altro lato incurvò un altro alberello e disse: – Orsú, volpicina, se vuoi imparar qualcosa, porgimi una delle tue zampe davanti, la sinistra –. La volpe obbedí ed egli le legò la zampa al fusto di sinistra. – Volpicina, disse, ora porgimi la destra –. E la legò al fusto di destra. E, dopo essersi assicurato che i nodi delle corde fossero abbastanza solidi, lasciò la presa, e gli alberelli si rizzarono e lanciarono in alto la volpe, che restò sospesa in aria a sgambettare. – Aspettami qui fìnché torno, – disse il violinista e se ne andò per la sua strada.
Di nuovo disse fra sé: „Mi annoio qui nel bosco; voglio cercarmi un altro compagno“. Prese il violino, e il suono si diffuse per il bosco. Allora ecco venire a gran balzi un leprotto. – Ah, viene una lepre! – disse il violinista: – questa non la volevo. – Ah, caro violinista, – disse il leprotto, – come suoni bene! vorrei imparare anch’io. – È presto fatto, – disse il violinista, – devi soltanto fare tutto quel che ti ordino. – O violinista, – disse il leprotto, – ti obbedirò come uno scolaro il suo maestro –. Fecero un pezzo di strada insieme, finché giunsero a una radura nel bosco, dove c’era una tremula. Il violinista legò un lungo spago al collo del leprotto e ne annodò l’altro capo all’albero. – Svelto, leprottino, ora salta venti volte intorno all’albero! – esclamò il violinista, e il leprotto obbedi, e quando ebbe fatto i suoi venti giri, lo spago si era attorto venti volte intorno al tronco; e il leprotto era prigioniero, e aveva un bel tirare e dar strattoni: si tagliava soltanto il collo delicato con lo spago. – Aspetta qui finché torno, – disse il violinista e proseguí.
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