Jules Verne - L’Isola Misteriosa

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L’Isola Misteriosa: краткое содержание, описание и аннотация

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Questo straordinario romanzo presenta non poche analogie con Robinson Crusoe, dello scrittore inglese Defoe, di cui Verne era un grande ammiratore. Anche qui, la situazione è press’a poco la stessa: alcuni naufraghi approdano fortunosamente su un’isola deserta e lottano disperatamente per sopravvivere. Ma se Robinson, di fronte alla natura selvaggia, incarnava l’uomo del ‘700, che si industria come può, ricorrendo ai piccoli espedienti suggeritigli dalla ragione, senza altri strumenti che le proprie mani, i cinque naufraghi protagonisti di questo libro incarnano la nuova idea dell’uomo «scientifico» qual era concepito nella seconda metà dell’800, l’uomo che domina ormai la natura in virtù di una tecnologia progredita che gli permette di trasformare rapidamente un’isola selvaggia in una colonia civile. Non a caso Robinson è un uomo comune, un marinaio, ed è solo, a lottare contro le forze cieche della natura, mentre qui siamo dì fronte a una vera e propria équipe, composta da persone di estrazione e di competenze diverse, ma guidata da un ingegnere e scienziato, Cyrus Smith…

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«Questo è tanto più certo» rispose Harbert «in quanto l’isola di Lincoln non è nemmeno segnata sulle carte.»

«Perciò, amici,» riprese l’ingegnere «dobbiamo prendere le precauzioni necessarie, affinché la nostra presenza e quella di Ayrton all’isola di Lincoln siano segnalate sull’isola di Tabor.»

«Evidentemente» rispose il giornalista; «e nulla è più facile che depositare nella capanna, ex dimora del capitano Grant e di Ayrton, un breve scritto con la posizione della nostra isola, scritto che lord Glenarvan o il suo equipaggio non potranno non trovare.»

«Peccato» fece osservare il marinaio «che abbiamo dimenticato di prendere questa precauzione nel nostro primo viaggio all’isola di Tabor!»

«E perché avremmo dovuto prenderla?» rispose Harbert. «Allora non conoscevamo la storia di Ayrton; ignoravamo che un giorno dovessero venire a ricercarlo, e quando lo abbiamo saputo, la stagione era troppo avanzata per permetterci di ritornare all’isola di Tabor.»

«Sì,» rispose Cyrus Smith «era troppo tardi e bisogna rimandare questa traversata alla prossima primavera.»

«E se lo yacht scozzese venisse nel frattempo?» disse Pencroff.

«Non è probabile,» rispose l’ingegnere «giacché lord Glenarvan non sceglierebbe la stagione invernale per avventurarsi in questi mari remoti. O è già ritornato all’isola di Tabor dopo che Ayrton è giunto da noi, cioè da cinque mesi, e ne è ripartito, o non verrà che più tardi, e allora avremo il tempo, dai primi bei giorni di ottobre in avanti, per andare di nuovo all’isola di Tabor e lasciarvi uno scritto.»

«Bisogna ammettere,» disse Nab «che sarebbe proprio un malaugurato caso se il Duncan fosse ricomparso in questi mari solo negli ultimi mesi!»

«Spero che questo non sia avvenuto,» rispose Cyrus Smith «e che il. Cielo non ci abbia tolto la migliore probabilità che ci rimane!»

«Credo» osservò il cronista «che, in tutti i casi, sapremo meglio a che partito appigliarci quando saremo ritornati all’isola di Tabor, poiché se gli scozzesi vi saranno tornati, avranno necessariamente lasciato tracce del loro passaggio.»

«È evidente» rispose l’ingegnere. «Dunque, amici, poiché abbiamo questa probabilità di rimpatrio, aspettiamo con pazienza, e se la probabilità verrà a mancare, sapremo allora quel che dovremo fare.»

«A ogni modo,» disse Pencroff «è sottinteso che, se, in una maniera o nell’altra, abbandoneremo l’isola di Lincoln, non sarà perché ci troviamo male!»

«No, Pencroff,» rispose l’ingegnere «sarà perché qui siamo lungi da tutto quello che ogni uomo deve amare di più al mondo, la sua famiglia, i suoi amici, il suo paese natale!»

In seguito a queste decisioni, i coloni non pensarono più, per il momento, a intraprendere la costruzione di un bastimento abbastanza grande per spingersi fino agli arcipelaghi, al nord, o fino alla Nuova Zelanda, all’ovest, e non si occuparono che dei consueti lavori, in vista d’una terza invernata da trascorrere a GraniteHouse.

Tuttavia, fu deciso che la barca sarebbe stata adoperata, per fare un viaggio intorno all’isola, prima che venisse la cattiva stagione. L’esplorazione completa delle coste non era terminata ancora e i coloni non avevano che un’idea imperfetta del litorale a ovest e a nord, dalla foce del Creek della Cascata fino ai capi Mandibola, come pure della stretta baia che s’incuneava tra essi, simile a una bocca di pescecane.

La proposta di quest’escursione fu avanzata da Pencroff, e Cyrus Smith vi aderì pienamente, giacché voleva vedere egli stesso tutta quella parte del suo dominio.

Il tempo era variabile allora, ma il barometro non oscillava con bruschi spostamenti e si poteva, quindi, far assegnamento su di un tempo maneggevole. Infatti, durante la prima settimana d’aprile, dopo una forte discesa barometrica, la risalita fu segnalata da una forte burrasca da ovest, che durò cinque o sei giorni; poi, l’ago dello strumento ridivenne stazionario, indicando ventinove pollici e nove decimi (mm 759,45), e le circostanze parvero propizie all’esplorazione.

Il giorno della partenza fu fissato al 16 aprile e il Bonadventure, ormeggiato a Porto Pallone, venne approvvigionato per un viaggio abbastanza lungo.

Cyrus Smith avvertì Ayrton della spedizione imminente e gli propose di parteciparvi; ma, avendo Ayrton preferito rimanere a terra, fu deciso ch’egli si sarebbe trasferito a GraniteHouse durante l’assenza dei compagni. Mastro Jup doveva tenergli compagnia e non fece alcuna difficoltà.

La mattina del 16 aprile tutti i coloni, accompagnati da Top, erano imbarcati. Il vento soffiava moderatamente da sudovest, e il Bonadventure, lasciando Porto Pallone, dovette bordeggiare, per raggiungere il promontorio del Rettile. Delle novanta miglia di perimetro dell’isola, la costa sud ne contava una ventina, dal porto al promontorio. Di qui, la necessità di superare queste venti miglia navigando sui bordi, poiché il vento era assolutamente contrario.

Occorse l’intera giornata per scapolare il promontorio, giacché l’imbarcazione, lasciato il porto, non trovò che due ore di riflusso ed ebbe, invece, sei ore di flusso, cui fu difficilissimo resistere. La notte era dunque già scesa, quando il promontorio fu doppiato.

Pencroff propose allora all’ingegnere di continuare la rotta a piccola velocità, con due mani di terzarolo alla vela. Ma Cyrus Smith preferì dare fondo alla distanza di alcune gomene da terra, per veder meglio di giorno quella parte della costa. Venne anche stabilito che, trattandosi di un’esplorazione minuziosa della costa, non si sarebbe navigato di notte e che, venuta la sera, l’imbarcazione sarebbe stata ancorata presso terra, finché il tempo lo avesse permesso.

La notte passò quindi all’ancora sotto il promontorio, ed essendo il vento cessato con il sopraggiungere della nebbia, il silenzio non fu più turbato. I passeggeri, eccettuato il marinaio, dormirono forse un po’ meno bene a bordo del Bonadventure, che nelle loro camere a GraniteHouse, ma insomma dormirono.

L’indomani, 17 aprile, Pencroff salpò al levar del giorno e randeggiò lungo la costa occidentale, navigando al gran lasco, mura a sinistra.

I coloni conoscevano quella magnifica costa boscosa, perché ne avevano già percorso il margine a piedi; eppure essa suscitò ancora tutta la loro ammirazione. Costeggiavano la terra il più vicino possibile, moderando la velocità, in modo da poter osservare tutto, avendo cura soltanto di non urtare i tronchi d’albero che galleggiavano qua e là. Varie volte gettarono anche l’ancora e Gedeon Spilett prese alcune vedute fotografiche di quel magnifico litorale.

Verso mezzogiorno il Bonadventure era arrivato alla foce del fiume della Cascata. Al di là, sulla riva destra, gli alberi riapparvero, ma più rari, e tre miglia più innanzi, essi non formavano che gruppetti isolati fra i contrafforti occidentali del monte, la cui arida schiena si prolungava fino al litorale.

Quale contrasto fra la parte sud e la parte nord di quella costa! Tanto la prima era boscosa e verdeggiante, quanto l’altra era aspra e selvaggia! Si sarebbe detta una «costa ferrigna», come viene chiamata in certi paesi, e la sua struttura tormentata sembrava indicare che una vera cristallizzazione s’era bruscamente prodotta nel basalto ancora ardente delle epoche geologiche. Ammassamento dall’aspetto terribile, che avrebbe a tutta prima spaventato i coloni, se il caso li avesse gettati su questa parte dell’isola. Dalla cima del monte Franklin non avevano potuto notare l’aspetto profondamente sinistro di quella sponda, giacché la dominavano troppo dall’alto; ma, visto dal mare, quel litorale si presentava con un carattere così strano, che forse non si sarebbe trovato l’uguale in nessuna parte del mondo.

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