85 Or, se saper tu vuoi quel che domande,
dirò pria della stella, che nel cielo
permuta loco e par correndo ell'ande.
Se 'l vapor terreo passa l'aer gielo,
sottile e secco è ad ardere disposto
90 piú che la stoppa a lume di candelo.
Quand'egli vien lassú, dove sta posto
il regno di Vulcan, l'accende il foco
nel primo capo, e la fiamma tantosto
per lui trascorre e non a poco a poco,
95 ma ratto e presto; e la fiamma corrente
pare una stella che tramuti loco.
E fa un fregio sú chiaro e lucente
per la via che trascorre, ed in un tratto
poscia vien meno e non appar niente.
100 E se 'l vapor è di materia fatto
che sia grossa e viscosa e sulfuresca,
non atta a consumarsi molto ratto,
quando ha passata la contrada fresca,
va su infin che l'aer caldo trova,
105 e lá s'accende come a fiamma l'ésca.
E pare un trave acceso che si mova:
questo è la sube, e spesso ha la figura
o di colonna o di altra cosa nova.
E se 'l vapor, che 'l sol lieva in altura,
110 è grosso e secco e molto denso e spesso
e di materia a consumarsi dura,
quando egli giunge sú al foco appresso,
s'accende quella parte che 'n pria monta,
e quella fiamma scende giú per esso
115 in quella parte che non è ancor gionta,
ma sta giú verso l'aere distesa
lunga e nelle sue parti ben congionta.
Allor la parte ch'è nel foco accesa,
pare una stella, e l'altra la sua chioma,
120 cioè la parte nell'aer distesa.
E però questa «cometa» si noma,
quasi «comata», e chi ben questo mira,
dato fu a lei il suo proprio idioma.
Se saper vuoi perché il sol non tira
125 piú 'nsú 'l detto vapor, poiché è focoso,
ma secondando il primo moto gira,
sappi che ogni cosa ha 'l suo riposo
nel proprio loco, come hai giá udito,
e, se si parte quindi, va a ritroso.
130 E però quel vapor, quando è ignito,
sta dentro fermo presso a quella spera,
la quale è d'ogni lieve il proprio sito.
E sappi ancor che tanto la lumiera
dura della cometa e tanto è vista,
135 quanto dura il vapor e sua matèra;
ché mai la fiamma può veder la vista
o la luce del foco per se sola,
s'ella non è con altro corpo mista. —
Tacette poscia dopo esta parola;
140 ond'io a lei risposi: – Ammiro alquanto
come s'accende il vapor che 'nsú vola.
Ed anco ammiro come può esser tanto,
che se ne faccia vento e pioggia ancora
e l'altre cose dette nel tuo canto. —
145 Sub brevitá questo rispose allora:
– Pensa del cibo dentro al corpo umano,
quando è indigesto e quando egli evapóra:
il qual, quando è cacciato fuor dell'ano,
s'infiammeria come trita vernice,
150 se si scontrasse in acceso vulcano.
Cosí il vapor, che sú 'l mio canto dice,
s'infiamma giunto nell'aere acceso
e d'ogni impressione è la radice. —
Cupido, quando a questo io stava atteso,
155 venía per l'aere quasi uccel veloce
colle saette in mano e l'arco teso.
– O Taura – chiamò ad alta voce, —
tu proverai che piú 'l mio foco infiamma
che quel del tuo Vulcano, e che piú coce.
160 Ei l'ha provato, e sallo la mia mamma. —
Cosí dicendo, un colpo tal gli porse
col dardo acceso di sacrata fiamma,
che trapassolla e insino a me trascorse;
e tanto m'infiammò quella saetta,
165 ch'io grida' aiuto, e l'Amor non soccorse.
Taura bella, di dolor costretta,
gridò al ciel: – Vulcano, ora m'aita,
e del crudele Amor fammi vendetta. —
E, detto questo, cadé tramortita.
Come Cupido fece battaglia con Vulcano e come a prego di Venere Giove discese dal cielo e pose pace fra loro.
Parve che quella voce andasse al cielo,
ché venne con un tuon un gran baleno
a lei sopra la faccia e 'l petto anelo.
E nel dir « miserere » ed anche in meno
5 l'aere si turbò e féssi fosco,
il quale pria era chiaro e sereno.
E ben mille ciclopi fuor d'un bosco
io vidi uscir e fuor delli gran monti,
alti, che tanto abeti io non conosco.
10 Questi hanno sol un occhio in le lor fronti,
fabbri di Iove e duri nelle braccia,
crudel, nelle battaglie arditi e pronti.
Poi tra le nubi con irata faccia
e con tempesta apparve il gran Vulcano
15 co' tuon, co' quali a' giganti minaccia.
E tre saette avea nella sua mano;
cosí discese giú con sí gran grido,
ch'egli facea tremar tutto quel piano.
– Dov'è – dicea, – dov'è 'l crudel Cupido?
20 Dove se' ito, traditor bugiardo?
Vieni, ché alla battaglia io ti disfido.
Ahi, gran prodezze mostrarsi gagliardo
contra una ninfa, a cu' il petto hai ferito
sí crudelmente col tuo crudo dardo!
25 Ma, se tu se' sí grande e sí ardito,
perché non vieni, o nato d'adultèro,
in campo alla battaglia, ov'io t'invito? —
Cupido, in questo, superbo ed altèro
vidi venir volando, e mai uccello
30 corse alla preda sí ratto e leggero.
Ed a Vulcan: – Ritorna a Mongibello,
sciancato, storto e dal ciel messo in bando:
ritorna alla fucina ed al martello.
Il dardo orato mio, il qual io mando,
35 tu proverai; e, se ti giunge addosso,
tu griderai a me: – Mercé domando. —
Poi scoccò 'l dardo, ed arebbel percosso,
se non ch'e' si gittò alla supina:
per questo il colpo andò da lui rimosso.
40 Su ratto si levò e con ruina
il folgore gittò, il qual la spada
corrode e nulla fa alla vagina,
ch'ello è fiamma sottile e fa che vada
dentro alli pori e ciò che non ha poro,
45 cosí disfá, come il sol la rugiada.
Questo di piombo le saette e d'oro
fuse nella faretra, e smunse e róse
ciò che v'avea di metallin lavoro.
Quando Cupido le polse penose
50 volle trar fuor per trarre un'altra volta,
nulla trovò, mentre sú la man pose.
Onde ei, scornato e con furia molta:
– Io ho l'altr'arme – disse – e 'l foco sacro:
quest'arme a me da te mai non fia tolta. —
55 Cosí dicendo, furibondo ed acro
corse in Vulcano e sí gl'incese il mento,
che 'l volto d'ogni barba li fe' macro.
E, di questa vendetta non contento,
col foco s'avventò nelli ciclopi;
60 e, poi che 'l capo incese a piú di cento:
– Tornate alle caverne come topi
– diceva a lor, – tornate, o turba inerte,
o falsi e vili e neri quanto etiòpi. —
Читать дальше