«E, lutto per la morte di suo padre a parte, come mai avete deciso di trasferirvi a Portland?».
«A dire il vero non si trattava di un trasferimento, ma piuttosto di un ritorno. Mia madre è nata e vissuta nella periferia della città. Non avendo più nessun legame con il Wallowa, ha deciso di ritornarsene qui. Io l’ho seguita, nonostante avessi allora un buon lavoro a Joseph. Lasciai tutto, feci i bagagli e venni a stare qui con lei. Ora, ultra settantenne, ha più che mai bisogno di me. E’ una donna ancora autosufficiente nonostante l’età, ma come lei può ben immaginare comincia ad avere serie difficoltà sotto diversi aspetti della vita quotidiana. A volte ha dei momenti di buio nella sua mente, durante i quali non ricorda più nemmeno il suo nome o il mio viso. Fortunatamente sono momenti ancora rari e brevi, ma la costringono a rimanere chiusa in casa. Lei è sempre stata una donna molto dinamica e questa limitazione è per lei al pari di una condanna alla reclusione. Ha una badante che si prende cura di lei».
«Era all’aeroporto John. Da dove proveniva?», chiesi forse osando troppo.
«Io ero con lei sull’aereo, Katherine, vengo anch’io da New York. Sono andato nella città per attendere a una convention, ero l’oratore».
«Non mi ero accorta di lei John».
«A dire il vero lei non poteva accorgersene, presa com’era dai suoi pensieri. Durante il volo poi, subito dopo il decollo, si è assopita. Io invece l’ho notata subito. Lei è una donna che non passa inosservata, dovrebbe saperlo questo». John parlava con sincerità e senza inibizioni, con il suo sorriso continuamente stampato in viso e un’eleganza che raramente avevo riscontrato prima in un uomo. Lo guardai e forse arrossii un poco. Si, sono sempre stata una bella donna. Mio padre lo sosteneva fin da quando ero bambina, mentre mia madre era preoccupata maggiormente per altri aspetti della mia vita, che le facevano porre l’argomento ‘bellezza’ in secondo piano. Più volte me lo sono sentita dire dagli uomini, al punto da essere giunta a convincermene. Ma lo ero, molto di più, nel mio corpo precedente. Ero una donna elegante, di una bellezza raffinata, quasi rara. Ma questo io non avrei potuto dirlo a John. Almeno non ancora.
«La ringrazio John…», accennai timidamente.
«Anche la roccia si sfalda quando dimostra di avere un cuore! E’ vero quindi!», disse con tono sicuro.
«Che cosa intende dire con queste parole?»
«Lei mi ha appena ringraziato, Katherine. Non se n’è accorta? O forse mi sbaglio?», disse, strizzandomi l’occhio in segno di complicità. Io sorrisi e annuii solo con un cenno del capo, qualunque altra parola sarebbe stata del tutto superflua e fuori luogo in quel momento.
«Le devo chiedere scusa John. Perdoni il mio comportamento scortese nei suoi confronti. Lei è così gentile con me ed io l’ho saputa ricambiare solo trattandola piuttosto male. Sono stata poco carina».
«Potrei accettare le sue scuse, ma a una sola condizione! Mi deve concedere il piacere di fare colazione con lei domani mattina, che ne dice?». Non sapevo cosa rispondere, ero imbarazzata. Poi mi venne in mente che la mattina seguente avrei dovuto prendere l’autobus per il Wallowa.
«Accetterei volentieri John, ma domani mattina dovrei tornare in aeroporto molto presto per prendere l’autobus diretto nel Wallowa. Non farei in tempo altrimenti», risposi.
«Non ne ha bisogno Katherine. La porterò io nel Wallowa se mi vorrà onorare della sua piacevole compagnia».
«No John, l’ho già disturbata anche troppo. Non permetterei mai di farle sprecare tempo prezioso per accompagnarmi fin laggiù, è troppo lontano».
«Una cosa che non ho fatto ancora in tempo a dirle nel mio racconto è che io lavoro ancora nel Wallowa».
«Come dice? Ha lasciato nuovamente Portland, quindi?», chiesi sorpresa.
«Si. Qui non mi sentivo a casa. Se non fosse stato per mia madre, non ci sarei nemmeno mai ritornato», rispose, «Non ho trovato nemmeno un lavoro che mi gratificasse come quello che avevo a Joseph. Parlai allora con mia madre e le comunicai che sarei ritornato nel Wallowa. Sarei andato a trovarla spesso. Potevo farlo perché in quegli anni non aveva mai mostrato segnali di cedimento, potevo stare tranquillo. Dopo una prima reticenza iniziale, accettò la mia scelta e mi lasciò andare via. Tornai nel Wallowa, a Joseph. Fortunatamente non era stato trovato un rimpiazzo alla mia posizione lavorativa e fui reinserito nell’organico. Vivo in una casa non molto lontana dal mio lavoro, non potrei stare meglio di così».
«E’ sposato John? Ha dei figli?»
«Sono divorziato e non ho figli». Si stava completamente aprendo a me, ogni mia domanda trovava subito una risposta. Avrei potuto chiedergli qualunque cosa e lui mi avrebbe risposto senza problemi. Io non ci sarei mai riuscita. Come si può essere tanto trasparenti verso un completo estraneo? Lui ed io eravamo due persone molto diverse a prima vista.
«Mi scusi John, non vorrei aver rievocato con le mie domande pensieri o sentimenti per lei dolorosi»
«Assolutamente no Katherine. Mia moglie ed io siamo tuttora in buoni rapporti. Si era spento quell’amore che ci aveva in precedenza unito, tutto qui. Non si va avanti in un rapporto se non c’è l’amore, giusto?». Giusto, pensai. Giustissimo. Le mie esperienze passate a riguardo non potevano che confermare quanto da lui detto. Non ero mai stata lasciata da un uomo, ero sempre stata io a fare il primo passo. Non conoscevo lo stato d’animo in cui ci si trova quando è l’altro a dirci che è finita, quella sensazione di rifiuto giustificata con le più disparate ragioni. A volte ci si giustifica assumendosi per scelta tutte le colpe per la decisione presa, consci del fatto che non si tratta della pura verità bensì di un modo per chiudere la questione in fretta e senza seguiti. Provavo a immaginarlo ma riuscivo solamente ad assimilarlo a quello di una morte improvvisa, doveva essere un dolore enorme quello che segue la parola ‘addio’ pronunciata da una persona che si ama veramente. Gli feci capire che ero d’accordo con lui e non continuai oltre sull’argomento, non avevo alcun diritto o alcuna necessità di farlo.
«Ha trovato tutto inalterato al suo ritorno nel Wallowa o ci sono stati dei cambiamenti in sua assenza?»
«Ritrovai tutto così come l’avevo lasciato. Non sono mancato per troppo tempo tuttavia, solo qualche mese. A me però sembrava trascorsa un’eternità».
«Davvero poco tempo quindi. Per questo motivo ha ritrovato anche il suo vecchio posto di lavoro».
«O forse anche perché sono troppo bravo e non sono mai riusciti a trovare un’altra persona che fosse alla mia altezza?», pronunciò altezzosamente.
«Lei è davvero molto modesto John», risposi sorridendogli con piacere per la prima volta.
«La modestia è una mia virtù, così come la sua eleganza Katherine». Lo guardai mentre mi fissava con lo sguardo. La luce dell’insegna al neon dell’hotel dove mi aveva portato illuminava un lato del suo volto, mentre l’altro rimaneva completamente in ombra, buio.
«A che ora la colazione domani mattina John?», chiesi rispondendo al suo sguardo intenso, mentre i suoi occhi fissavano i miei.
«Le può andare bene per le otto? Verrò io qui da lei. Mi raccomando, indossi abiti pesanti e molto caldi. Farà freddo nel Wallowa domani, vedrà. Ovviamente le sue scuse sono accettate, Katherine», concluse.
Ricambiai con un sorriso e con una leggera e composta flessione del capo. Prese la mia valigia dal portabagagli e me la trasportò fino al bancone della Reception dell’hotel, in fondo alla hall sulla destra. Conosceva anche l’impiegato, un ragazzo piuttosto robusto di nome Fred.
«Fred, questa è la signora Katherine. Ho prenotato la sua camera a mio nome, controlla la lista. Penserò a tutto io domattina quando verrò a riprenderla. Mi raccomando desidero per lei un trattamento di riguardo, è una mia cara amica!». Poi si girò verso di me per continuare il suo discorso, «Ho verificato la disponibilità della camera mentre mi recavo a prendere l’auto in aeroporto. Qui si troverà bene Katherine. Conosco questo ragazzo e stia certa che se qualche cosa dovesse andare storto, lui se la vedrà con me domattina. Dico bene Fred?»
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